Attualità
17 Aprile 2025
Miki E. Buso denuncia pubblicamente “strategie politiche, deadnaming e abbandoni di massa” dopo l’assemblea dei soci del 14 aprile. “Una realtà alterata e inaccettabile”

Arcigay Ferrara, la voce del dissenso: “Macché successo democratico, è stata una manovra di potere”

(Foto di Archivio)
di Redazione | 3 min

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Riceviamo e pubblichiamo una lettera firmata che intende portare alla luce alcune dinamiche interne all’associazione Arcigay Ferrara, a seguito dell’assemblea dei soci svoltasi il 14 aprile scorso. A scrivere è Miki E. Buso, che dichiara di parlare anche a nome di un gruppo di persone che si dissociano dalla gestione attuale dell’associazione.

“In questi giorni, via social e mezzo stampa, scopriamo che secondo Arcigay Ferrara l’assemblea è stata un gran successo, di numeri e democrazia. L’alterazione della realtà in atto è assolutamente vergognosa”.

Il racconto di Buso parte da una critica netta ai dati sulla partecipazione: “Arcigay parla di 64 presenze, ma in realtà i presenti erano la metà. Il resto erano deleghe di voto, quindi non di persone in presenza”. La presunta “folta partecipazione” sarebbe stata, secondo Buso, il frutto di una “campagna elettorale” interna volta a mobilitare persone “che non partecipano mai alla vita dell’associazione”, con lo scopo di “opporsi a chi, per l’ennesima volta, avrebbe chiesto un passo indietro da parte di alcuni membri del Direttivo che da anni inquinano l’associazionismo ferrarese”.

“Membri di Direttivo – continua – che durante l’assemblea si dichiarano stanchi, chiedono un ricambio, ma poi in realtà da quella sedia non si vogliono spostare, come nella ‘miglior’ tradizione politica italiana”.

La lettera prosegue con un’accusa precisa: quella di aver utilizzato deleghe e presenze mirate per blindare il Direttivo sui primi tre punti all’ordine del giorno, dopo i quali “la sede di Arcigay si è svuotata per il seguito dell’assemblea, seguita da poche persone”. Un quadro ben lontano da quello di un “enorme successo democratico”, bensì “una triste strategia politica”.

Ma il momento più grave, per l’autore della lettera, è stato un attacco diretto durante l’assemblea: “È avvenuto un episodio gravissimo di deadnaming, un fatto inaccettabile per chi dovrebbe rappresentare la comunità Lgbtqia+”. Buso denuncia che “più e più volte” è stato usato il suo deadname (le persone trans* scelgono un nome di elezione che differisce da quello ricevuto alla nascita, che viene definito deadname in quanto non dovrebbe più essere utilizzato), anche da chi ricopre ruoli nella Segreteria Nazionale, e che “invece di scusarsi, hanno sviolinato motivazioni per giustificare l’ingiustificabile”.

Questo ha portato a un’escalation emotiva: “Gli animi si sono molto scaldati e io stesso ho lasciato l’assemblea in malo modo”. Da qui la denuncia di una comunicazione pubblica “mistificante” da parte di Arcigay, che avrebbe parlato di “bellezza del confronto” per “nascondere la polvere sotto il tappeto”.

La lettera si chiude con una constatazione amara: “A seguito di quanto avvenuto, diverse persone socie hanno deciso di allontanarsi dall’associazione, chiedendo il trasferimento ad altri comitati territoriali o l’annullamento dell’iscrizione”. Un epilogo che, secondo Buso, testimonia il fallimento della gestione: “L’ultima goccia di questo atto di bullismo (da chi tra l’altro è fiero capofila di un Centro Anti Discriminazione) – ha fatto traboccare il vaso”.

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