Attualità
11 Aprile 2025
La denuncia di Samuele Bindini, docente precario di matematica e scienze alle scuole medie. "Sistema profondamente iniquo. Noi trattati come numeri, spremuti economicamente e abbandonati da uno Stato che ci dovrebbe valorizzare"

Insegnanti precari nel limbo. “Ottenere l’abilitazione, situazione umiliante”

di Redazione | 3 min

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Sulle spalle porta il peso di due lauree conseguite a Unife col massimo dei voti e di cinque anni di insegnamento, ma – nonostante ciò – è stato escluso dalla graduatoria per ottenere l’abilitazione professionale che gli permetterebbe di stabilizzarsi, evitandogli cambi di sede, di inseguire supplenze e intervallare mesi dietro la cattedra con periodi di disoccupazione.

È la denuncia che arriva da Samuele Bindini, docente precario di matematica e scienze nelle scuole secondarie di primo grado, che – come migliaia di altri colleghi – racconta di vivere in quello che definisce “un limbo“. “Per noi, la speranza di stabilizzare la posizione – dice – passa per due strade: concorsi spesso lunghi, incerti e mal gestiti o l’ottenimento dell’abilitazione“.

Ed è proprio su quest’ultimo aspetto che vuole portare l’attenzione, perché la situazione è – stando a quello che denuncia – “scandalosa e umiliante“.

E spiega: “Per abilitarsi, i precari devono partecipare a corsi universitari da 60 o 30 Cfu, ma l’accesso è a numero chiusissimo (solo 10 posti per la mia classe di concorso all’Università di Ferrara) e i costi da sostenere sono esorbitanti: oltre 2.500 euro per i percorsi da 60 Cfu“.

Ma per Bindini ci sarebbe anche di peggio da segnalare: “Per poter anche solo provare a iscriversi, si è costretti a pagare 100 euro per la domanda di pre-immatricolazione“. “Una tassa – prosegue il docente – che non viene rimborsata se, come me, si viene esclusi dalla graduatoria”.

Nessun test, nessuna selezione realmente aperta” quindi, tanto che – sottolinea – “la graduatoria si basa esclusivamente sulla valutazione dei titoli, come anni di servizio, voto di laurea e altri attestati, secondo criteri stabiliti dall’università“.

E qui subentra l’esperienza personale: “Io, con cinque anni di insegnamentodue lauree ottenute proprio all’Università di Ferrara con il massimo dei voti (110 e lode), sono stato escluso. Non potrò abilitarmi, non potrò crescere professionalmente, non potrò sperare in una stabilizzazione. E tutto questo perché i posti sono pochissimi e il sistema è profondamente iniquo“.

Bindini punta il dito contro il sistema: “Nel frattempo, l’università incassa. Solo all’Università di Ferrara, stimando circa 200 candidati, l’introito dalle sole tasse di pre-immatricolazione supera i 20.000 euro, soldi versati da precari sottopagati, senza alcuna garanzia o servizio concreto in cambio. Nessun test, nessuna lezione, solo un foglio con dei punteggi“.

“E chi riesce ad accedere ai corsi?” domanda l’insegnante. “Deve sborsare migliaia di euro, spesso senza nessun aiuto e nessun rispetto per le condizioni economiche reali di chi già lavora in modo discontinuo e precario” è la risposta che fornisce.

La sua è “una voce tra tante” chiosa Bindini, che – nella “speranza che qualcuno inizi ad ascoltarci davvero” – tenta di mettere in evidenza una realtà che “non è nota all’opinione pubblica”. “Eppure – conclude l’insegnante – riguarda i docenti dei figli di tutti, persone che ogni giorno salgono in cattedra con dignità, preparazione e passione, ma che vengono trattate come numeri, spremute economicamente e abbandonate da uno Stato che dovrebbe valorizzarle“.

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