Nessuna frode nell’esecuzione dell’appalto, ma al più una esecuzione parzialmente difettosa delle lavorazioni che furono eseguite. È forse questo il passaggio più significativo delle trentatré pagine di motivazioni con cui il giudice Marco Peraro del tribunale di Ferrara ha spiegato la decisione – dello scorso 16 dicembre – di assolvere tutti e cinque gli imputati del processo per le presunte difformità strutturali, riscontrate durante il cantiere per l’ampliamento fino a 16mila posti dello stadio Paolo Mazza.
Assolti dall’accusa di frode in pubbliche forniture – perché il fatto non sussiste – erano stati Giuseppe Tassi, ex amministratore unico della Tassi Group, Adelino Sebastianutti, legale rappresentante della Gielle, e Domenico Di Puorto, amministratore delegato della Piemme Group. Formula diversa, invece, per il progettista e direttore dei lavori Lorenzo Travagli – a processo anche per frode in pubbliche forniture – e per il collaudatore Fabrizio Chiogna, entrambi imputati per falso commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico, assolti perché il fatto non costituisce reato.
Per il giudice, nei capi di imputazione, “non viene indicato in cosa sarebbe consistita la frode“, ma ci si limita a “evidenziare le anomalie e le difformità tecniche che sarebbero emerse alla fine dei lavori”, vale a dire le nove in gradinata nord e le venti in curva est. Per questo motivo – prosegue – “anche se ritenute sussistenti, le anomalie e difformità tecniche, in assenza di espedienti maliziosi o ingannevoli idonei a far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti, impediscono di ritenere sussistente il reato”.
Quanto al concorso tra Tassi, Sebastianutti (avvocato Gianpaolo Verna), Di Puorto (avvocato Nicola Elmo) e Travagli (avvocato Alberto Bova), che – secondo la Procura – sarebbero stati spinti a realizzare o a tollerare lavorazioni non conformi dalla necessità di finire i lavori nel tempo utile per consentire alla Spal di utilizzare lo stadio all’inizio del campionato di Serie A, anche in questa circostanza, il giudice monocratico rileva che “si sarebbe dovuto specificare e provare” in riferimento a quali delle ventinove difformità rilevate tra gradinata e curva est, “sarebbe intervenuto questo accordo spontaneo dettato dalla fretta di concludere i lavori ad ogni costo“.
Questo perché – aggiunge Peraro – “non è possibile operare semplificazioni o salti probatori“. Quanto alla posizione di Travagli e Sebastianutti, il giudice poi evidenzia che il primo “ha svolto l’incarico di direttore dei lavori in maniera puntuale, contestando in alcuni casi lavorazioni non eseguite in maniera corretta e discutendo in contraddittorio con l’appaltatore le richieste economiche a fine lavori”, mentre il secondo “non risulta aver frequentato il cantiere dove sono stati eseguiti i lavori“. Quindi alla luce di tutto ciò, per il tribunale di Ferrara, “la teoria dell’accordo sopraggiunto con gli altri imputati in fase di esecuzione dei lavori man mano che emergevano i vari vizi realizzativi appare non dimostrata“.
Vizi realizzativi che – secondo la sentenza di primo grado – “sono stati risolti con interventi limitati localizzati (benché molto onerosi), che non hanno compromesso di utilizzare lo stadio” afferma il giudice, che conferma anche la natura pubblicistica del rapporto tra la Spal e Tassi Group.
Secondo il magistrato – dall’istruttoria dibattimentale – non è emerso nemmeno “alcun elemento che consenta di ritenere provato al di là di ogni ragionevole dubbio” che Travagli, relativamente all’accusa di falso commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico, “abbia rilasciato – come sosteneva l’accusa – le due relazioni tecniche (su copertura gradinata e curva est) a struttura ultimata, pur essendo consapevole che tali relazioni non potessero essere rilasciate a causa dei vizi di realizzazione delle opere”.
Viene infine la posizione di Chiogna, anche lui accusato di falso commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico per aver – secondo la Procura – attestato falsamente l’esito positivo del collaudo della struttura. Anche in questa circostanza però, sottolineando che quello di non essersi accorto della assenza delle imbottiture era l’unico rilievo mossogli – in qualità di collaudatore della curva est – dal perito Bernardino Chiaia e che le imbottiture risultavano invece presenti al momento del collaudo, il giudice ha evidenziato che “non vi è prova” che “abbia rilasciato il certificato di collaudo pur essendo consapevole che lo stesso non doveva invece essere rilasciato a causa dei vizi di realizzazione dell’opera“.
A difendere quest’ultimo è stato l’avvocato Vincenzo Bellitti, che commenta: “Siamo soddisfatti per l’esito del processo. Anche leggendo le motivazioni si riscontra la nostra totale estraneità al fatto. Sin dalla preliminare meritava di uscire dal processo. Chiogna ne esce a testa alta“.
“Siamo molto soddisfatti della decisione presa dal tribunale” è invece il commento dell’avvocato Giulio Garuti, legale difensore – insieme all’avvocato Paolo Loberti – di Tassi. “Sin dal primo momento – spiega – abbiamo creduto all’assoluta estraneità di Tassi e della Tassi Group. Stiamo parlando del Paolo Mazza, uno degli stadi che viene preso come esempio in tutta Italia, tanto che lo stesso Tassi era stato peraltro contattato già in altre parti d’Italia per costruire altre strutture”.
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