Cronaca
4 Aprile 2025
Il tribunale gli ha inflitto un anno e mezzo di pena in abbreviato. Tutto partì da una segnalazione inviata dagli Stati Uniti

Aveva video pedopornografici nel telefono. Condannato 48enne ferrarese

di Davide Soattin | 3 min

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Erano le 2.15 circa dello scorso 29 aprile quando, all’interno di un locale di via San Romano, erano presenti il proprietario e tre clienti. La serata era trascorsa tranquilla fino a quando i due dei clienti presenti hanno notato che un ragazzo, un 22enne di nazionalità italiana, dopo aver prelevato due birre, le aveva nascosto sotto al giubbotto

Lo avevano portato a processo perché – dentro al telefono cellulare – gli avevano trovato alcuni video raccapriccianti in cui bambini tra i 4 e i 10 anni venivano ripresi mentre erano costretti ad avere rapporti sessuali con adulti e ieri (giovedì 3 marzo) mattina – per quel fatto – il collegio del tribunale di Ferrara (presidente Piera Tassoni con a latere i giudici Marco Peraro e Rosalba Cornacchia) lo ha condannato in abbreviato a un anno e sei mesi, oltre che al pagamento di una multa di 1.600 euro.

A doverli scontare sarà un 48enne ferrarese, inizialmente finito a processo con la pesante accusa di detenzione, accesso e diffusione di materiale pedopornografico. Durante la scorsa udienza però il pm Stefano Longhi aveva modificato il capo di imputazione iniziale, contestandogli non più il reato di diffusione ma quello di cessione di materiale pedopornografico, dal momento che le due chat Telegram finite al centro dell’inchiesta erano tra l’imputato e un’altra persona e non riguardavano l’invio a più persone.

 La scoperta era avvenuta a seguito di una perquisizione domiciliare da parte della Polizia Postale, a casa dei genitori con cui l’odierno imputato viveva.

Lì infatti, una volta entrati, gli uomini in divisa si erano fatti consegnare uno smartphone e un mini telefono su cui erano registrate due utenze telefoniche diverse e, dopo aver effettuato una preview sui due dispositivi, erano riusciti a scoprire la presenza di due chat Telegram, entrambe utilizzate dall’imputato il 6 ottobre 2022.

Dalla prima – denominata Tha – l’uomo aveva scaricato 8 video, oggi al centro del procedimento, che poi aveva caricato e successivamente inoltrato usando la seconda, titolata 67968.

A far partire le indagini della polizia postale – coordinate dalla Procura di Ferrara – era stata una segnalazione arrivata dagli Stati Uniti, relativamente ad altri 22 file video – sempre dal contenuto pedopornografico – che il 48enne aveva caricato sul sistema di archiviazione Google Drive.

Durante la propria requisitoria, chiedendo la condanna a un anno e mezzo, oltre che il pagamento di 1.400 euro di multa, il pm Stefano Longhi ha evidenziato un “evidente interesse per la pedopornografia che ha spinto l’imputato a detenere immagini e a cederle a terzi“.

Il legale difensore dell’uomo invece, l’avvocato Barbara Renzullo di Bologna, ha criticato duramente – durante la propria arringa difensiva – l’attività di indagine. “Non c’è stata una perizia per sapere le modalità esatte con cui i file sono stati scaricati e non ci sono stati accertamenti reali e concreti sugli account” ha attaccato.

“Noi siamo sicuri che ci sia qualcun altro che abbia messo le mani su quel Telegram” ha proseguito, riprendendo la versione dei fatti fornita dall’imputato che, sentito in aula durante la scorsa udienza, aveva raccontato di aver dimenticato il proprio telefono cellulare a casa di un amico, che in quei giorni stava aiutando a traslocare, e qualcuno – non precisamente identificato – aveva prima scaricato e poi inviato otto video pedopornografici attraverso Telegram, caricandone altri ventidue sul sistema di archiviazione Google Drive a lui intestato, ma che non usava da tempo.

Una versione credibile” l’ha definita l’avvocato, ribadendo non solo che nelle indagini ci sarebbero stati – secondo lei – “una serie di elementi ignorati” ma anche sottolineando che l’uomo “è distrutto” per quanto gli è successo in questi anni, a tal punto che “non se ne capacita e non se ne fa una ragione”. In conclusione, il legale ha quindi messo in evidenza – sotto quello che è il proprio punto di vista – come “le prove a carico dell’imputato siano state tutt’altro che certe. La sua unica colpa – ha chiuso – è stata quella di essere imbranato e distratto“.

Alla fine però il tribunale ha deciso di condannare – in primo grado – l’uomo. Le motivazioni della sentenza sono attese entro novanta giorni.

 

 

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