Mentre davanti ai cancelli dell’azienda prosegue la mobilitazione c’è un’altra partita che si gioca in tribunale davanti alla giudice del lavoro Alessandra De Curtis. Ieri, durante la seconda udienza del ricorso intentato all’azienda per comportamento antisindacale, sono stati sentiti tre testi, due rsu e una dipendente amministrativa. Rinviati alla prossima udienza altri due testi.
Tre le contestazioni portate dai sindacati: l’apertura della procedura di licenziamento collettivo per i 247 lavoratori in violazione agli obblighi preventivi di informazione previsti dal contratto nazionale e dagli obblighi aziendali, la violazione degli obblighi di correttezza e buonafede nelle relazioni sindacali e la disdetta unilaterale di tutti gli accordi aziendali.
L’avvocato che difende l’azienda ha perorato la causa cercando di mostrare come Berco, già dal primo incontro al ministero avesse dichiarato di voler procedere a licenziamenti e disdetta del contratto collettivo, “rispettando i vincoli di legge”, qualora non si fosse arrivati alle 400 uscite volontarie concordate.
Una necessità, i licenziamenti e la cancellazione del contratto aziendale, causata da una “crisi strutturale” diventata evidente, a quanto sostiene Berco, solo a settembre del 2024 con un grande calo di fatturato e di produzione. Se il fatturato 21-22 era di 468 milioni e quello 22-23 di 402 nel 23-24 si scende fino a 288 a causa di una serie di fattori che vanno dalla perdita dei clienti Russi a causa della guerra in Ucraina all’aumento dei costi di produzione fino all’inflazione. Anche dagli Usa, dove Berco ha 3 filiali, fanno notare come il prodotto non sia più competitivo. Ad oggi, per raggiungere il breakeven (punto di pareggio), l’azienda dovrebbe produrre 110mila tonnellate di prodotto mentre si ferma a 73mila.
Dal canto loro i sindacati faticano ad accettare la visione dell’azienda per via di un tavolo di trattativa ben avviato nel quale si era arrivati anche a discutere di una rimodulazione dei turni che andasse incontro a entrambe le parti. Allo stesso tempo i due testi dicono di non aver mai avuto evidenza, negli incontri periodici che avevano con Berco, delle difficoltà economiche e di produzione. Insomma, la necessità di licenziare 400 persone, comunicata nell’ottobre del 2024, pare un fulmine a ciel sereno.
Inizialmente, stando alle ricostruzioni, il dialogo tra le parti pare vivo con la mediazione del Ministero delle imprese e del made in Italy che porta alla possibilità di rendere volontari i 400 esuberi con le domande che devono pervenire entro il 16 gennaio. Nel frattempo le parti iniziano la contrattazione per il contratto integrativo aziendale. Una contrattazione che pare positiva con l’azienda che, dopo l’incontro del 3 gennaio 2025, pur rimandando ogni decisione a causa della necessità di conoscere il numero definitivo di operai che hanno accettato la buonuscita per dimettersi, avrebbe sottolineato l’importanza di “non cancellare tutto il lavoro fatto”.
Dopo l’incontro del 3 gennaio le parti si sono aggiornate al 7 quando ancora non si aveva il numero definitivo degli esuberi. Solo il 16 si è saputo che erano 153, un numero evidentemente non sufficiente per l’azienda nonostante pare che i sindacati abbiano a più riprese consigliato di dilatare le tempistiche. Considerando anche le festività natalizie, oltre al poco tempo a disposizione, si aveva l’impressione che lasciando aperta la procedura per il licenziamento volontario fino a marzo si sarebbe raggiunto un numero di adesioni più alto.
Impossibile dire se si sarebbero raggiunte le 400 prospettate dall’azienda ma le soluzioni che si stavano contrattando verso una rimodulazione della turnistica che portasse vantaggi ad azienda e dipendenti, facevano ben sperare.
Ecco invece che a inizio febbraio arriva la comunicazione dell’azienda di voler procedere unilateralmente al licenziamento di 247 operai e alla disdetta del contratto collettivo aziendale.
Gli ultimi due testi saranno sentiti l’11 aprile giorno in cui si terrà anche la discussione. Da quella data, prima di un pronunciamento della giudice Alessandra De Curtis, si dovranno attendere, presumibilmente, almeno 2 o 3 giorni.
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