Politica
13 Marzo 2025
Intervento di Udi Ferrara: dall'approvazione del Ddl alle contraddizioni di un Governo che si dice "dalla parte delle donne" senza rimuovere gli ostacoli reali alla parità

Dalla parte di chi? Il femminicidio tra legge e propaganda

di Redazione | 3 min

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Mentre eravamo nelle piazze a vendere la mimosa per incontrare, sensibilizzare, tessere reti, richiamare l’attenzione sul valore politico dell’8 marzo, il Consiglio dei Ministri approvava il più che annunciato schema di disegno di legge recante “Introduzione del delitto di femminicidio e altri interventi normativi per il contrasto alla violenza nei confronti delle donne e per la tutela delle vittime”.

Un’analisi approfondita è rimandata a quando il testo sarà disponibile.

Oggi possiamo dire che senz’altro l’introduzione nel codice penale del reato di “femminicidio” costituisce un notevole passo avanti. Da ora in poi non ci sarà, si spera, bisogno di lottare nei processi per il riconoscimento del ‘movente femminicida’, così come si spera che ‘raptus’, ‘depressione’, ‘lei aveva chiesto la separazione’ non saremo più costrette a leggerle nelle sentenze, a giustificazione di un gesto efferato, disumano, ingiustificabile quale è il femminicidio.

Si spera che questa innovazione, anche attraverso la lingua, concorra a superare quella che da tempo viene definita ‘vittimizzazione secondaria’ e che le donne siano finalmente riconosciute libere di essere e fare quello che vogliono, senza il timore di essere ammazzate.

Tuttavia, ci insospettisce quel comunicato stampa governativo diffuso l’8 marzo dal titolo “Dalla parte delle donne”, che inserisce il reato di femminicidio tra i successi del Governo, di cui quel documento sembra proprio una straordinaria celebrazione a tutto vantaggio della stampa e di una narrazione autoreferenziale. E ciò a dispetto dei dati estrapolati dalle agenzie ufficiali (Inps, Istat ecc.) che ci raccontano tutt’altro.

Ci insospettisce anche che lo schema del DDL femminicidio sia stato proposto dai ministeri della Giustizia e dell’Interno, oltre che per la Famiglia Natalità e Pari Opportunità, che rende, infatti, chiaro che si tratta di una misura punitiva, fruibile a cose già avvenute. E ciò a dispetto della storia che ci insegna che nemmeno la pena di morte costituisce un deterrente alla commissione dei reati.

Ma non solo. Fino ad ora questo Governo ha fatto di tutto eccetto dimostrare di stare dalla parte delle donne. Basti ricordare i sistematici attacchi diretti e indiretti ai tradizionali presidi dell’autodeterminazione delle donne (lavoro, interruzione di gravidanza, tanto per citarne alcuni).

E comunque proporre un atto normativo dichiarandolo “Dalla parte delle donne” già costituisce una dimostrazione di quel paternalismo che sta tanto tornando di moda e che noi donne – che pratichiamo ogni giorno la nostra autonomia e autodeterminazione – da sempre combattiamo e rifiutiamo.

La parola femminicidio l’abbiamo voluta noi e l’abbiamo introdotta faticosamente finché non è diventata parola di uso comune ad indicare l’uccisione di una donna da parte di un uomo, che non accetta l’autodeterminazione di quella donna.

Femminicidio ha a che fare solo ed esclusivamente con i rapporti di potere e con la disparità di opportunità che, ancora, gravano sulle donne in maniera pesantissima.

L’unica cosa che noi chiediamo da sempre a tutti i Governi è di rimuovere gli ostacoli, di carattere culturale ed economico, che quella disparità alimentano.

Fino a quel momento – perché l’obiettivo è ancora lontanissimo! – nessun provvedimento potrà darsi il valore di una rivoluzione epocale, perché rimarrà solo una delle tante operazioni di marketing cui purtroppo siamo molto abituate.

Udi Ferrara

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