Cronaca
12 Marzo 2025
Parla l'amica di Mauro Gallerani, il 68enne di Corporeno che si rivolse al medico Alberto Dallari, volontario di Ippocrate.org, oggi accusato di omissione di soccorso

Morì col Covid dopo le cure con ivermectina. “Non voleva andare in ospedale”

Alberto Dallari
di Davide Soattin | 4 min

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Dottore, dottore mi porti via perché qui non mi fanno niente“. Sarebbe questa una delle frasi che Mauro Gallerani, 68enne di Corporeno colpito dal Covid-19 e poi morto dopo un mese di ricovero al Sant’Anna di Cona, avrebbe detto – durante una telefonata dal letto di ospedale – al dottore Alberto Dallari, il medico (oggi in pensione) di Reggio Emilia che lo aveva preso in cura con la telemedicina e che – per quel decesso – è finito alla sbarra con l’accusa di omissione di soccorso.

A raccontare questo retroscena – davanti alla giudice Rosalba Cornacchia – è stata ieri (martedì 11 marzo) un’amica di Gallerani, la stessa che gli aveva consigliato di rivolgersi a Dallari perché con lui aveva già avuto una precedente esperienza assistenziale quando fu colpita dal virus. “Ero rimasta contentissima per come mi aveva curato e quindi decisi di dare il contatto a Mauro, quando mi disse di aver contratto il Covid” ha riferito in aula, rispondendo alle domande del pm Ciro Alberto Savino.

A questo proposito, la testimone – sulla base di quanto accadde quando fu lei a essere contagiata – ha raccontato che con Dallari si sentiva sia per messaggio che per telefono: “Tutti i giorni, mattina e sera, ma anche più volte al giorno, voleva che gli inviassimo il bollettino per iscritto per sapere e conoscere i valori relativi alla saturazione, alla febbre e alla situazione fisica e, qualora ci fosse stato qualcosa che non andava, poi telefonava per verificare quale fosse la situazione”.

Quanto invece all’assistenza fornita a Gallerani, la donna ha riferito che la vittima le disse di essersi sottoposta a una iniziale visita telefonica e poi di essere rimasta in contatto col medico attraverso uno scambio di messaggi.

Dallari era un medico volontario del gruppo Ippocrate.org (però non coinvolto in questo caso) e usò il protocollo di cura propagandato come efficace dal sito, che prevedeva l’uso di ivermectina (farmaco antiparassitario di prevalente uso veterinario) e la colchicina (farmaco indicato per la cura della gotta). “Nel periodo Covid – ha affermato la donna – io stessa mi ero rivolta a Ippocrate.org perché sapevo che erano un gruppo di medici a disposizione per curare. Anche Mauro conosceva il protocollo, lo so perché si documentò col computer”.

Gallerani, che aveva posizioni non favorevoli al vaccino, era anche contrario all’assistenza ospedaliera. “Quando scoppiò il caos della pandemia mi disse che non voleva andare in ospedale, ma che avrebbe voluto assolutamente rimanere a casa. Mantenne questo orientamento anche quando poi fu colpito dall’infezione” ha spiegato l’amica. “Quando fu ricoverato non ricevetti nessuna telefonata da lui, ma fu la dottoressa del reparto – ha proseguito – a contattarmi come referente. Lo fece sempre, tranne gli ultimi tre giorni, quando fui io a telefonare”.

Dallari prese in carico Gallerani il 25 agosto 2021, ma le sue condizioni di salute precipitarono e il 3 settembre venne portato dalla sua amica all’ospedale, quando il suo quadro clinico era già molto critico, con la saturazione a 57. Al Sant’Anna di Cona, i sanitari fecero di tutto per provare a salvarlo, ma il 7 ottobre, dopo oltre un mese di ricovero, morì. Fu lo stesso ospedale a segnalare la situazione alla Procura di Ferrara.

Il pm Ciro Alberto Savino aveva inizialmente indagato Dallari per l’ipotesi di reato più grave, quella di omicidio colposo dovuto all’uso di una cura non adeguata. Gli accertamenti tecnici eseguiti però non avevano stabilito l’esistenza di un nesso univoco tra la cura errata e il decesso del paziente, che aveva anche altri gravi problemi di salute, né avevano potuto dare la necessaria certezza, richiesta dalla giurisprudenza, che la cura ‘standard’ lo avrebbe sicuramente salvato, anche se la probabilità stimata è più elevata.

Però, secondo la Procura, quel metodo di gestione del paziente a domicilio e tramite messaggi via WhatsApp non rispettò la diligenza richiesta a un medico e costituì un’omissione di soccorso da parte di Dallari, assistito dall’avvocato Linda Corrias.

Per il pm Ciro Alberto Savino, nonostante l’evoluzione della malattia in Covid-19 grave con serio e concreto pericolo per la vita, il medico avrebbe infatti omesso di attivarsi tempestivamente per assicurare ogni specifica e adeguata assistenza al paziente, come avvertire l’autorità sanitaria o ordinare egli stesso la doverosa ospedalizzazione, aggiungendo – sostiene la Procura – di non effettuargli né chiamate né messaggi vocali, rispondendo solo alcuni giorni dopo, quando ormai Gallerani versava in grandissime condizioni, con laconici sms contenenti le prescrizioni a distanza di farmaci inadeguati allo scopo.

Si torna in aula il 10 giugno

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