Politica
10 Marzo 2025
L'intervento della consigliera comunale Arianna Poli di Coalizione Civica: "La violenza di genere è un fenomeno strutturale che va combattuto con prevenzione, educazione, protezione delle vittime, finanziamenti ai centri antiviolenza, e un cambiamento culturale profondo"

Femminicidio: l’ergastolo non salverà nessuna donna

di Redazione | 2 min

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di Arianna Poli*

Questo 8 marzo, abbiamo assistito all’ennesima mossa di facciata: l’introduzione dell’ergastolo per chi commette femminicidio. Un provvedimento simbolico, un reato di bandiera che non affronta il problema alla radice.

L’inasprimento delle pene, della loro mera funzione retributiva, non fermerà la violenza e non fungerà da deterrente, ampia letteratura lo dimostra.

Il populismo penale non salverà le donne. La violenza di genere è un fenomeno strutturale che va combattuto con prevenzione, educazione, protezione delle vittime, finanziamenti ai centri antiviolenza, e un cambiamento culturale profondo.

Si parla di “non svilire la posizione della vittima”. Ma davvero il problema è questo? La centralità della vittima non si ottiene aumentando la pena per chi l’ha uccisa, ma garantendo prima di tutto che le condizioni culturali in cui vivono oggi le donne in Italia mutino (discriminazione salariale, lavoro di cura, stigma sociale, ovvero tutte le declinazioni del patriarcato) e poi un percorso sicuro per chi subisce violenza. Mettere al centro le vittime significa investire in strumenti concreti che le aiutino prima a non entrare e poi a uscire da situazioni di pericolo: più consulenza psicologica, centri antiviolenza, case rifugio; più protezione per chi denuncia; più formazione per forze dell’ordine e magistratura, affinché chi chiede aiuto venga creduto e protetto subito. Perché il femminicidio è, purtroppo, la punta di un iceberg che scava in profondità e che costringe a vivere nella paura molte di noi, senza alternative reali.

Poi c’è il tema della pena. L’ergastolo non serve, infatti già oggi esiste e può essere comminato agli autori di omicidio. Le carceri sono sempre più sovraffollate, ma soprattutto non esiste un vero percorso rieducativo per chi commette violenza. Punire non è prevenire. Servono misure che spezzino alla radice i meccanismi culturali e sociali che alimentano il possesso, il dominio e l’odio verso le donne. Ciò richiede impegno, fondi e una visione politica che vada oltre il facile consenso dell’inasprimento delle pene.

Non basta indignarsi un giorno all’anno. È necessario mobilitarsi oggi, domani, sempre, per tutte quelle che non possono più farlo.

*consigliera comunale Coalizione Civica

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