Attualità
13 Febbraio 2025
Appuntamento sabato 15 febbraio alle 16 davanti alla Cattedrale. Gli organizzatori: "Vogliamo restituire loro visibilità e dignità"

Un flash mob per le migliaia di donne palestinesi uccise

di Redazione | 2 min

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di Elena Coatti

“Un momento di protesta e memoria per le migliaia di donne palestinesi uccise, vittime di violenza e oppressione. Vogliamo restituire loro visibilità e dignità. Ogni donna merita di essere ricordata e rispettata“.

Il movimento Donne per la Palestina organizza un flash mob sabato 15 febbraio alle ore 16, sul sagrato della Cattedrale in piazza Trento Trieste.

L’iniziativa – spiegano gli organizzatori – vuole sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sull’attuale situazione palestinese, ponendo al centro della narrazione le donne, spesso escluse e ridotte a semplici vittime.

Sarà anche occasione – sottolineano – per ribadire la necessità di un riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina e la fine dell’occupazione israeliana.

La manifestazione ha l’obiettivo di mettere in evidenza come “la salute delle donne sia volutamente minacciata da decenni”. “Con il moltiplicarsi di check-point raggiungere gli ospedali – dicono – è sempre più difficile per le gestanti e ha contribuito all’aumento della mortalità neo-natale (quasi 5 volte più elevato, di quello in Israele e in Italia) e all’aumento delle donne morte per parto; alcune sono state costrette a partorire per la strada e in molti casi a perdere il proprio bambino“.

Per le manifestanti non c’è bisogno di andare chissà quanto lontano per avere un esempio a supporto di quanto denunciano: “Nella nostra piccola Ferrara, con già migliaia di morti sotto le bombe, abbiamo sentito l’anno scorso in Consiglio Comunale, un consigliere della maggioranza di destra dichiararsi contro il cessate il fuoco perché «le donne palestinesi si riproducono come nutrie»”.

Da qui la necessità di organizzare un momento di protesta dal momento che “le donne palestinesi – concludono – sono spesso escluse dalle narrazioni dominanti, ridotte a semplici vittime. Noi vogliamo riconoscere il loro ruolo nel tessuto sociale, nella resistenza, nella cultura e nella lotta per i loro diritti”.

 

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