Economia e Lavoro
12 Febbraio 2025
La ricerca è la base per il futuro ma mancano gli investimenti. A rischio oltre 5mila posti di lavoro tra dipendenti diretti e indotto

Petrolchimico. Tra i lavoratori “grande incertezza”

di Pietro Perelli | 4 min

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“Una situazione precaria, di grande incertezza e preoccupazione”. Così descrivono quello che stanno vivendo i lavoratori del petrolchimico che martedì hanno partecipato all’incontro organizzato da Filctem Cgil sulla chimica di base. Tra i più preoccupati i chimici di Versalis, ma anche i dipendenti di Idelaservice, cooperativa che si occupa della logistica proprio all’interno dello stabilimento della controllata di Eni.

Una situazione che, almeno per ora, non pare mettere a rischio un numero di lavoratori paragonabile a quello di Berco, per quanto riguarda il territorio ferrarese. Si parla però, ricorda la segretaria Filctem Cgil di Ferrara Ida Salvago di 20mila lavoratori a rischio per quanto riguarda la chiusura dei cracking di Brindisi e Priolo mentre al petrolchimico di Ferrara sono impiegate circa 1750 persone e, se si considera l’indotto, l’impatto potrebbe coinvolgere 5000 lavoratori. “Aggiungo un altra cosa – dice Salvago – si stima che per ogni lavoratore impiegato in un’industria chimica, c’è ne sono tre che lavorano nell’indotto“.

Sarebbe una catastrofe che, a quanto ci raccontano, già è iniziata. “Noi stiamo già perdendo personale – ci racconta Roberto Campanini rsu Versalis in distacco sindacale -, abbiamo già una linea ferma e si presume che possano aumentare”. Personale non sostituito una volta raggiunta l’età pensionabile o incentivato alla pensione. “L’amministratore delegato di Versalis – dice Campanini – parla di due linee di produzione, una di polietilene e una di elastomeri. In realtà gli impianti sono tre perché c’è anche l’impianto elastomeri datato anni ’70 con tre linee produttive”. La produzione complessiva di elastomeri degli impianti potrebbe raggiungere le 130mila tonnellate l’anno mentre “adesso abbiamo la possibilità di produrre 45/50mila tonnellate perché, stando a quello che ha detto l’ad rimarrà in funzione solo l’ultimo impianto”.

“Quando hanno costruito la nuova linea – aggiunge – eravamo 345 unità, in questo momento siamo 320, 25 persone in meno e stanno chiedendo ad altre persone di andare in prepensionamento, stanno chiedendo a persone di trasferirsi in altri stabilimenti ad occuparsi di ricerca”.

Ricerca che sarebbe fondamentale per dare nuova vita all’impianto. “Come in tutti i lavori – ci dice Andrea Boldrini, dipendente di Versalis – la ricerca è la base per il futuro” mentre a Ferrara “i prodotti che si producono sono stati definiti consolidati e non si sta facendo una vera e propria ricerca che porti a una transizione sulle produzioni di elastomeri”. Servirebbe investire nella ricerca per cercare un’alternativa al modo di produrre “e essere competitivi con gli altri mercati che stanno continuando a fare chimica”. “L’Italia – ricorda Boldrini – sarebbe l’unico paese europeo ad uscire dalla produzione della chimica di base”.

“C’è una trasformazione della chimica di base in atto”. Una trasformazione che, ci spiega Salvago, riguarda tutta Europa dove si sta affrontando in modo diverso non, come accade in Italia, attraverso “la chiusura della chimica di base”. “Questa è la differenza tra Italia ed Europa” dice la segretaria ricordando gli investimenti di un gigante britannico come Ineos per la realizzazione di un cracking di ultima generazione che possa portare verso la riduzione dell’impatto ambientale nella produzione di plastiche. “Un impatto che – ricorda sempre Salvago – non viene diminuito con le dismissioni proposte da Eni/Versalis ma solamente spostato“. L’azienda a partecipazione statale aveva annunciato, nel suo piano di investimenti e dismissione dei cracking di Priolo e Brindisi, la riduzione di 1 milione di tonnellate di CO2 immesse nell’ambiente. Ciò che denunciano fin da subito i sindacati è che la delocalizzazione della produzione rischia invece di far si che la produzione di CO2 raddoppi con l’unico “vantaggio” di spostare le emissioni in un altro luogo.

I chimici, come si accennava, non sono gli unici a subire gli effetti della scelta di Eni che rischia di abbattersi per prima su Versalis e di conseguenza anche sulle altre realtà in seno al petrolchimico. Tra il personale coinvolto anche quello di Idelaservice con un “appalto scaduto a marzo dell’anno scorso a cui sono seguite due proroghe di 6 mesi che scadono il 31 marzo di quest’anno”. A spiegarlo è Stefano Bellan, un dipendente, che specifica anche come ancora non si sappia “se Versalis le rinnoverà”. “C’è molta preoccupazione – aggiunge -, siamo 130 lavoratori solo di quell’appalto e viviamo nell’incertezza quotidiana”.

“Se salta la chimica di base saltiamo tutti”, dichiara ai nostri taccuini Luca Greco (segretario Filt Cgil). “Probabilmente – prosegue – per il 2025 il materiale da lavorare arriverà però Eni ha già dichiarato che questo è l’ultimo anno” e “chi lavora nell’indotto è quello che rischia di più” dato che “normalmente i primi a salvarsi sono quelli che hanno maggiori tutele”. “C’è chi ha già subito gli effetti di questa crisi – ricorda Greco -, i lavoratori interinali che Idelaservice assumeva in grande quantità e che ha smesso di assumere”.

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