Copparo. “L’illusione è durata poco”. Regnano sconforto e rassegnazione in via Primo Maggio tra i lavoratori della Berco. A presidiare i cancelli per lo sciopero di otto ore – dalle 6 alle 14 – sono meno persone delle precedenti volte.
Complice il freddo pungente, ma complice anche il fatto che i dipendenti sono sempre meno. È a loro che si rivolgono i segretari dei sindacati dei metalmeccanici.
“Abbiamo passato il periodo natalizio a ragionare con l’impresa per vedere se riuscivamo attraverso la rimodulazione del contratto aziendale a far calare il numero degli esuberi – ricapitola Patrizio Marzola della Fim Cisl -. Purtroppo questa illusione è durata poco tempo, perché il 3 di gennaio ci hanno detto che quello che avevamo raggiunto a livello verbale sarebbe stato subordinato alla fuoriuscita di 400 persone. Un percorso che non si è concluso positivamente e si è aperto con una ulteriore comunicazione con la dismissione del contratto aziendale, altra mazzata…”.
Eppure la ricetta il sindacato “l’ha detta in tutti i modi e in tutti i tavoli: cercare di utilizzare gli ammortizzatori sociali che ancora abbiamo a disposizione; abbiamo ancora dieci mesi con la possibilità eventualmente di aver un ulteriore periodo di cassa integrazione elargito dal governo. Ma l’impresa non ha ancora chiesto nulla di ufficiale al governo”.
Nel mentre “questo tempo può servire a chi può uscire per andare in pensione e può permettere a qualcuno di decidere di cambiare lavoro, cambiare vita…”.
Alberto Finessi della Uilm Uil punta il dito contro la dirigenza. Secondo lui “abbiamo a che fare con un management di persone non all’altezza. Peggio di così non ci poteva capitare. Dicono tutto e fanno il contrario di tutto. Non so come andrà nei prossimi giorni e non so se quelle persone del quarto piano verranno a Roma”.
Ma “che vengano a Roma non me ne frega più niente. Io non li voglio più vedere questi qua, spero di avere il modo di saltarli e avere un colloquio direttamente con Thyssenkrupp, perché vorrei capire fino in fondo se in Germania sanno tutto quello che è stato fatto qui a Copparo”.
Anche da Stefano Bondi della Fiom Cgil arrivano pesanti critiche verso il board aziendale. “Berco non è di proprietà loro – avverte – ma dei lavoratori e lavoratrici che l’hanno fatta crescere, è della comunità di Copparo che ha creato le condizioni affinché lo stabilimento continuasse ad allargarsi”.
Poi la bilancia con i due piatti: “Questo board continua a dire che Berco non sta in piedi perché costate troppo e siete in troppi. Dicono che in fabbrica ci sono i ‘non performanti’. Questi se ne devono andare perché, visti i risultati dell’azienda, i primi a doverne rispondere devono essere loro”.
“Le difficoltà c’erano anche prima – chiude Bondi -. Non sono capaci di gestire un’azienda come questa o se lo sono bisogna capire se il loro unico mandato è quello di chiudere.
Oggi di fronte a uno spartiacque perché ci tolgono il contratto aziendale e ci mettono di fronte a 247 esuberi. Vogliono tutto e subito. I manager pubblichino i loro redditi e ai tavoli discuteremo di tagliare i loro di stipendi”.
In attesa del tavolo ministeriale convocato per il 13 febbraio a Roma la protesta andrà avanti.
Intanto arriva la solidarietà della politica, con il Pd (presenti ieri il segretario provinciale Nicola Minarelli, la consigliera regionale Marcella Zappaterra e la segretaria del Pd Copparo Patrizia Bertelli) che ritiene “inaccettabile il comportamento dell’azienda, che sembra non tener conto del futuro di centinaia di famiglie, delle relazioni sindacali e di un intero territorio che ha dato tanto a Berco nel corso dei decenni”.
La crisi della Berco e il tragico licenziamento di 247 lavoratori rappresentano per Fratelli d’Italia “un dramma per il nostro territorio, una ferita aperta per le famiglie coinvolte e per tutto il tessuto produttivo ferrarese.
“L’importante è che ci sia coesione e unitarietà delle forze politiche – ha dichiarato il presidente di Fratelli d’Italia Ferrara, Alessandro Balboni – perché in un momento così difficile è indispensabile un impegno univoco della politica. Occorre remare nella stessa direzione per tutelare un territorio che, purtroppo, da decenni è in sofferenza e che sta vivendo momenti ulteriormente critici. Dobbiamo lavorare insieme affinché non si verifichi un’ulteriore desertificazione del nostro tessuto produttivo”.
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