Come ogni anno, il 27 gennaio, Giorno della Memoria, suscita un turbinio di emozioni che spaziano dalla commozione all’incredulità, fino alla rabbia per una delle pagine più buie della storia. A questo aggiungo un senso di rassegnazione e ulteriore tristezza riflettendo sulle parole della senatrice Liliana Segre in una sua recente intervista: “Con la morte degli ultimi superstiti rischiamo di dimenticare cosa è stata la Shoah”.
È nel naturale – seppur tragico – corso degli eventi che il tempo porti via con sé, poco alla volta, i testimoni diretti dell’orrore. Questo impegna tutti a tenere viva la memoria attraverso iniziative e opere sulla Shoah in grado di coinvolgere soprattutto i più giovani.
Leggo, per esempio, che in questi giorni torna nelle sale “La zona di interesse”, film che ho visto e che consiglio vivamente a tutti, vincitore di due Oscar, diretto da Jonathan Glazer, tratto dall’omonimo romanzo di Martin Amis.
Una pellicola che offre significativi motivi di riflessione su questa pagina di storia, sebbene l’orrore dell’Olocausto non venga mai reso esplicito, ma riecheggia, si diffonde ed è presente in ogni momento del film.
La storia si concentra sulla routine domestica della famiglia Höss: Rudolf, comandante di Auschwitz, sua moglie Hedwig e i loro figli, vivono in una villetta incantevole confinante con il campo di sterminio. La loro serenità, fatta di gite in barca e feste in piscina con gli amici, appare agghiacciante alla luce dell’orrore che si sta perpetrando al di là di un muro di confine. I rumori stridenti, il fumo dei forni crematori, i vestiti e gli oggetti dei detenuti sono frammenti che non intaccano la serenità di chi vive all’esterno.
Un contrasto enorme ma silenzioso, quello tra il paradiso domestico e l’inferno terreno, distanti solo pochi metri. C’è un ulteriore aspetto: l’ufficiale Rudolf Höss non è rappresentato come un mostro, un essere spregevole così come immaginiamo i carnefici più sadici, ma appare come un normalissimo e tranquillo padre di famiglia.
È altrettanto doloroso prendere atto dell’indifferenza di tutti coloro che gli ruotano attorno, fuori dal campo di concentramento, persone che ignorano la tragedia in atto, girandosi dall’altra parte.
Un’opera come “La zona di interesse” spinge chiunque abbia un minimo di sensibilità a interrogarsi su quanto siamo disposti a vedere e riconoscere gli orrori che ci circondano. E questo vale oggi come valeva allora.
Paola Peruffo
Direttivo Provinciale
Fratelli d’Italia Ferrara