Non ci saranno ulteriori indagini per le morti e i contagi tra gli anziani che erano ricoverati nelle Cra Caterina di via Beethoven e Cra Paradiso di via Saraceno durante la seconda e terza ondata di Covid-19.
È quanto ha deciso ieri (giovedì 23 gennaio) il gip Silvia Marini del tribunale di Ferrara, accogliendo la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Ferrara per le sei persone indagate – legali rappresentanti, coordinatori e responsabili delle due strutture – per le ipotesi di epidemia colposa, lesioni personali colpose, omicidio colposo e maltrattamenti nei confronti di venti pazienti che erano ospitati all’interno delle due residenze nel periodo finito sotto la lente degli inquirenti.
Il gip infatti – si legge nelle 61 pagine di ordinanza con cui dispone l’archiviazione degli indagati – ritiene “superflue” le richieste di indagini suppletive indicate negli atti di opposizione dagli avvocati Gian Luigi Pieraccini e Piero Giubelli, legali delle famiglie dei pazienti ricoverati, e sottolinea come tutti gli elementi emersi durante le indagini preliminari “non consentono di giungere a una ragionevole previsione di condanna“, condizione necessaria per poter imbastire un processo.
In primo luogo, Giubelli e Pieraccini chiedevano la prosecuzione delle indagini preliminari con l’audizione del professor Saverio Parisi e il conferimento ai consulenti Parisi e Belloni per elaborare una perizia unitaria e più articolata che potesse aiutare stabilire se la struttura avesse osservato le linee guida e le raccomandazioni vigenti e operanti al fine di verificare se la contrazione dell’infezione e la conseguente malattia/decesso fossero eziologicamente ascrivibili a eventuali inosservanze.
Il giudice ha però reputato “inutile” la richiesta delle parti offese di integrazione, chiarimenti o audizione dei consulenti tecnici del pm, dato che “gli stessi – scrive – avevano già a disposizione tutti gli elementi e la documentazione facenti parte dell’attuale compendio e ciononostante si è incorso, in particolare il professor Parisi, in errori o sviste tali da inficiare la complessiva ricostruzione dei fatti e le conclusioni, peraltro espresse in termini dubitativi dallo stesso consulente“.
A ciò, il gip aggiunge che “la disamina delle produzioni delle difese degli indagati e il percorso ricostruttivo dagli stessi operato e non contestato specificatamente dalle difese degli opponenti rende inutile un accertamento peritale“.
Gli avvocati avevano inoltre insistito affinché l’imputazione – in caso di ulteriori indagini – fosse eventualmente estesa ai soggetti che, visti gli incarichi ricoperti in Ausl, avrebbero omesso di attivarsi adeguatamente al fine del contenimento della diffusione del virus all’interno delle strutture e fornire alle stesse adeguato supporto tanto dal punto di vista dell’invio di personale qualificato, quanto da quello dell’organizzazione tempestiva di screening a ospiti e pazienti mediante tampone rapido o molecolare.
A tal proposito, avevano proposto il nuovo ascolto del dottor Franco Romagnoni, a quel tempo direttore delle attività sociosanitarie dell’Ausl di Ferrara. Per il tribunale però “non risulta vi siano punti dirimenti da chiarire quanto ai rapporti fra le strutture e l’Ausl” proprio “alla luce delle audizioni del dottor Franco Romagnoni e di tutta la documentazione prodotta sul punto dalle difese degli indagati“.
Per la precisione, Romagnoni – specifica – “ha affiancato le strutture per anziani durante il periodo della pandemia, per cui le indicazioni e valutazioni dallo stesso provenienti – che, peraltro, riprendevano le indicazioni regionali e ancor prima quelle ministeriali – avevano il valore di raccomandazioni provenienti da fonte qualificata, la cui ottemperanza era esigibile rispetto alla specifica attività e alla situazione pericolosa cautelata”.
Infine i legali avevano richiesto un’integrazione dell’istruttoria attraverso l’audizione di alcuni testimoni, tra cui i familiari dei pazienti, i sindacalisti Cgil, i medici egli infermieri, oltre che l’acquisizione di cartelle cliniche, diari clinici, esami ematochimici, referti specialistici, certificati di intervento dei medici Usca, tamponi molecolari e rapidi.
Anche in questo caso però il gip non ha accolto le richieste. “I familiari degli ospiti non possono che essere a conoscenza de relato di quanto sia accaduto nelle strutture (chiuse nell’immediatezza dei primi casi di positività)” spiega il tribunale, aggiungendo che “dei rari casi in cui i pazienti hanno avuto contatti telefonici con i parenti vi è già traccia negli esposti e nelle sommarie informazioni. Pure i medici Usca sono già stati sentiti e dei sindacati – sottolinea il gip – sono in atti gli esposti“.
Quanto all’indagine su quali infermieri/operatori si siano resi responsabili di eventuali atti di maltrattamento verso gli ospiti, il gip Marini la considera “più che esplorativa” in quanto “da tutte le evidenze” emerge solamente un caso, per cui però “non risulta in questa sede sia stata presentata querela in relazione al reato di percosse“.
Ma non solo. “Se è vero che il delitto in questione può configurarsi anche in caso di carenza di cure e di assistenza nei confronti di persone anziane ospitate in strutture residenziali”, le difese degli indagati – evidenzia il gip – “hanno sostenuto e dimostrato che da parte delle strutture vi fu notevole impegno nel fronteggiare detta situazione, richiedendosi l’intervento dei soggetti abilitati”.
Nelle motivazioni, il giudice insiste poi sul fatto che la pandemia da Covid-19 sia stato un “evento eccezionale, globale, di rilievo interno e internazionale, tale da avere determinato lesioni e decessi, anche in rilevantissimo numero. Sostanzialmente in tutto il mondo. Detta considerazione – conclude – costituisce uno dei presupposti per cui si sono ritenuti esenti da responsabilità i medici che hanno curato i pazienti affetti da Covid e i responsabili delle strutture sanitarie assistenziali in cui sono verificati i contagi, stante, appunto, l’eccezionalità, l’imprevedibilità e la sostanziale impossibilità di difesa di fronte al virus”.
Soddisfatti della decisione sono gli avvocati Eugenio Gallerani e Marco Linguerri, difensori delle due residenze.
“Le accurate e approfondite indagini svolte – afferma Gallerani – hanno dimostrato l’infondatezza delle ipotesi accusatorie inizialmente formulate sulla base degli esposti presentati da taluno dei parenti delle due residenze. Oggi non solo la Procura ha concluso in questo senso, ma anche il gip, disponendo l’archiviazione del procedimento. Infatti dopo oltre tre anni di indagini preliminari non e’ emersa alcuna violazione di legge o di protocolli dettati per fronteggiare l’emergenza Covid da parte delle due strutture. Che, anzi, si sono adoperate il più possibile per far fronte ai focolai in corso, rapportandosi costantemente con l’autorità sanitaria e seguendone di volta in volta le prescrizioni che venivano impartite. Siamo soddisfatti che l’autorità giudiziaria con ampia motivazione abbia accertato quanto da sempre sostenuto da Residenza Paradiso e da Residenza Caterina in ordine alle misure intraprese per fronteggiare le esplosioni dei focolai, mettendo in campo il massimo dell’impegno e ogni risorsa disponibile”.
Gli fa eco Linguerri: “In vicende di questo genere non si può mai gioire fino in fondo per il risultato ottenuto perché credo sia giusto debba sempre prevalere il rispetto per le sofferenze che vi hanno fatto da sfondo. Certamente, però, il decreto di archiviazione, che mette la parola fine al procedimento penale, e’ il miglior riconoscimento processuale che nostri assistiti potevano ottenere a fronte dei tanti sforzi messi in campo per arginare, con ogni risorsa a loro disposizione, la furia della pandemia da Covid-19 che, come ricordato anche dal Gip di Ferrara, è stato un evento eccezionale e globale, tale da aver determinato lesioni e decessi in misura rilevantissima sostanzialmente in tutto il mondo. Questo provvedimento, finalmente, ha sancito quello che noi e i nostri assistiti, fin dall’inizio, abbiamo sempre sostenuto e, di ciò, non posso che essere estremamente soddisfatto”.
“Ci aspettavamo questa decisione” commenta invece l’avvocato Gian Luigi Pieraccini, legale delle famiglie, perché “su casi simili è sempre stato questo l’orientamento generale in tutta Italia”. “Abbiamo però apprezzato gli sforzi della Procura – aggiunge – nel condurre un’indagine meticolosa e arrivare a un eventuale sviluppo diverso. Oggi accettiamo il verdetto consapevoli che resta aperta la causa civile, come concordano sia la Procura che il gip, che può essere fondata e pensiamo possa dare soddisfazione ai nostri assistiti”.