Attualità
23 Gennaio 2025
Utilitalia, la federazione che riunisce i gestori del servizio idrico, invita a "evitare inutili allarmismi" specificando che il "monitoraggio è costante"

Indagine Greenpeace. Alta concertazione di Pfas anche nelle acque di Ferrara

di Redazione | 5 min

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Dati preoccupanti in tutte le regioni d’Italia per quanto riguarda la presenza di Pfas (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche) nelle acque potabili secondo un’indagine di Greenpeace Italia, “Acque Senza Veleni”. Tra quelle più inquinate ci sono anche Ferrara e Comacchio per cui i prelievi effettuati dalla organizzazione ambientalista sono risultati positivi così come nel 79% dei campioni raccolti. Utilitalia, federazione che riunisce i gestori del servizio idrico, fa invece sapere che il monitoraggio è costante così come gli investimenti per un controllo continuo.

Tra settembre e ottobre 2024 sono stati raccolti campioni in 235 città di tutte le Regioni e le province autonome e ieri a Roma sono stati presentati insieme alla prima mappa della contaminazione da Pfas nelle acque potabili in Italia. “Le molecole più diffuse – raccontano – sono risultate, nell’ordine, il cancerogeno Pfoa (nel 47% dei campioni), seguito dal composto a catena ultracorta Tfa (in 104 campioni, il 40% del totale, presente in maggiori quantità in tutti quei campioni in cui è stato rilevato) e dal possibile cancerogeno Pfos (in 58 campioni, il 22% del totale)”.

“L’analisi dei 260 campioni – spiegano – dimostra una diffusa presenza di questi composti pericolosi, con almeno tre campioni positivi per ogni Regione, eccezion fatta per la Valle d’Aosta in cui sono stati prelevati solo due campioni. Livelli elevati si registrano in Lombardia (ad esempio in quasi tutti i campioni prelevati a Milano) e in numerosi comuni del Piemonte (Torino, Novara, alcuni comuni dell’alessandrino, ma anche Bussoleno in Valle di Susa), del Veneto (anche in comuni fuori dall’area rossa già nota per essere tra le più contaminate d’Europa, come Arzignano, Vicenza, Padova e Rovigo), dell’Emilia-Romagna (Ferrara, Comacchio, Reggio Emilia), della Liguria (Genova, Rapallo, Imperia), della Toscana (Arezzo, Lucca, Prato), della Sardegna (Olbia, Sassari e Cagliari) e Perugia in Umbria”.

I gestori del servizio idrico, per bocca della federazione che li unisce, Utilitalia, fanno sapere che, “sin da quando la presenza dei Pfas è emersa” hanno “monitorato la loro presenza nelle acque che distribuiscono e avviato investimenti importanti, un controllo continuo con le migliori tecnologie disponibili per la loro misura nelle acque e hanno preso i provvedimenti caso per caso più opportuni per la tutela dei cittadini”.

“Oggi – spiegano – l’eventuale presenza di Pfas è messa sotto controllo e neutralizzata prevalentemente mediante il ricorso ai carboni attivi attraverso i quali, in generale, è possibile riportare l’acqua entro i limiti di potabilità indicati dalla legge nazionale originata dalla Direttiva europea che ne limita la concentrazione”.

Utilitalia evidenzia come “i Pfas siano diffusi ovunque; per esempio, sono stati misurati persino nelle piogge in aree remote e nei ghiacci polari. Quindi il sistema dei gestori è costantemente impegnato a salvaguardare la qualità dell’acqua che distribuisce, pertanto bisogna assolutamente evitare allarmismi che possano suggerire comportamenti non razionali come quello di non bere acqua del rubinetto”.

Così “la classe delle sostanze fluorurate comprende migliaia di molecole, profondamente diverse tra loro, con proprietà chimiche, tecniche e tossicologiche diverse e che sono ricomprese nella famiglia dei Pfas e dei sottoprodotti”. “La Federazione – scrivono in una nota da Utilitalia – ha agito nelle sedi europee e nazionali per l’adozione di regole stringenti e comuni per la limitazione dei Pfas e sarà sempre pronta, con l’intero sistema dei gestori che rappresenta, a sostenere le iniziative finalizzate ad una sempre maggiore tutela delle risorse idriche”.

“È inaccettabile – ha detto Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia – che, nonostante prove schiaccianti sui gravi danni alla salute causati dai Pfas, alcuni dei quali riconosciuti come cancerogeni, e la contaminazione diffusa delle acque potabili italiane, il nostro governo continui a ignorare questa emergenza, fallendo nel proteggere adeguatamente la salute pubblica e l’ambiente. Ancora oggi non esiste nel nostro Paese una legge che vieti l’uso e la produzione dei Pfas. Azzerare questa contaminazione è un imperativo non più rinviabile. Il governo Meloni deve rompere il silenzio su questa crisi: la popolazione ha diritto a bere acqua pulita, libera da veleni e contaminanti”.

Greenpeace sostiene che “nonostante l’Italia ospiti alcuni dei più gravi casi di contaminazione dell’intero continente europeo (in parti del Veneto e del Piemonte) a oggi i controlli sui Pfas nelle acque potabili sono per lo più assenti o limitati a poche aree geografiche”. “A partire dall’inizio del 2026 – proseguono -, entrerà in vigore in Italia la direttiva europea 2020/2184 che impone dei limiti normativi. I parametri di legge fissati a livello comunitario sono però stati superati dalle più recenti evidenze scientifiche (ad esempio quelle diffuse dall’Efsa) tant’è che recentemente l’Agenzia europea per l’ambiente (EEA) ha dichiarato che i limiti in via di adozione rischiano di essere inadeguati a proteggere la salute umana. Per questo numerose nazioni europee (Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Svezia e la regione belga delle Fiandre) e gli Stati Uniti hanno già adottato limiti più bassi”.

“Milioni di persone – stando ai dati raccolti dalla campagna “Acque senza veleni” – nel nostro Paese hanno ricevuto nelle loro case acqua contaminata da alcuni Pfas classificati come cancerogeni, la cui presenza è considerata inaccettabile in molte nazioni. Infatti, confrontando i risultati con i limiti vigenti in altri Paesi, dalla raccolta dati di Greenpeace è emerso, ad esempio, che il 41% dei campioni analizzati supera i parametri danesi e il 22% supera i valori di riferimento negli Stati Uniti”.

Nell’ambito delle sue analisi, Greenpeace Italia fa sapere di aver verificato la presenza nelle acque potabili italiane del Tfa, “la molecola del gruppo dei Pfas più diffusa sul pianeta, per cui nel nostro Paese non esistono dati pubblici”. Il Tfa, spiega Greenpeace, “è una sostanza persistente e indistruttibile ancora oggetto di approfondimenti scientifici che, per le sue stesse caratteristiche, non può essere rimossa mediante i più comuni trattamenti di potabilizzazione”.

I valori più elevati, secondo l’indagine dell’associazione ambientalista, si trovano nel comune di Castellazzo Bormida (539,4 nanogrammi per litro), seguito da Ferrara (375,5 nanogrammi per litro) e Novara (372,6 nanogrammi per litro). Registrano concentrazioni molto alte anche ad Alghero, Cuneo, Sassari, Torino, Cagliari, Casale Monferrato e Nuoro.

“Da tempo – ricordano – Greenpeace Italia ha lanciato una petizione che chiede al nostro governo di mettere al bando l’uso e la produzione di tutti i Pfas, sostituendoli con alternative più sicure e già disponibili nella quasi totalità dei settori industriali. La petizione, sottoscritta da oltre 136 mila persone, non ha trovato ancora alcun riscontro nell’azione legislativa: l’esecutivo italiano e i ministri competenti continuano a non intervenire sacrificando milioni di persone alla contaminazione da Pfas” .

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