Spettacoli
22 Gennaio 2025
Al Teatro Comunale di Ferrara, in occasione della Giornata della Memoria, in scena la storia di Elena Di Porto, “la matta di piazza giudia”

Elena la matta: una storia italiana nella bufera della Shoah

di Redazione | 3 min

Leggi anche

di Federica Pezzoli

“Non possiamo fare il fuoco, non possiamo dire le preghiere e non conosciamo il luogo nel bosco: ma di questo possiamo raccontare la storia” (E. Wiesel)

Ferrara ha da poco posato le prime pietre d’inciampo in città, chissà se qualcuno ha inciampato al Portico d’Ottavia a Roma nella storia di Elena Di Porto, la protagonista dello spettacolo “Elena la matta”, andato in scena al Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara il 20 gennaio nell’ambito delle celebrazioni per il Giorno della Memoria 2025.

Il monologo, scritto da Elisabetta Fiorito – giornalista di Radio24 – e con la regia di Giancarlo Nicoletti, trae spunto dal libro “La matta di piazza Giudia” (Giuntina, 2024) del ricercatore e archivista Gaetano Petraglia, che attraverso documenti d’archivio e testimonianze orali ricostruisce la vicenda (stra)ordinaria di Elena Di Porto.

Il pubblico è subito portato nel momento più tragico della storia raccontata da Elena, che è anche il primo episodio di rastrellamento nell’Italia post-armistizio: la razzia del Portico d’Ottavia il 16 ottobre 1943, nonostante la comunità ebraica di Roma, nel tentativo di salvarsi abbia consegnato l’oro richiesto da Kappler, comandante delle SS nella capitale. Lei prova ad avvisare i suoi correligionari, a partire dai capi della Comunità, ma nessuno le crede perché è matta.

“Che male c’è a volersi libera, a pensare con la testa propria? Perché non potevo essere libera?” Si chiede e ci chiede Elena, per poi cominciare il racconto della sua vita che è anche il racconto della comunità ebraica nella Roma dei primi decenni del secolo, dall’emancipazione fino alle leggi razziali del 1938 e alla Shoah. Nata nel ghetto nel 1912 in una famiglia ebrea umile, con altri otto fratelli e sorelle, Elena ha un carattere indipendente e non riesce a rimanere indifferente di fronte ai soprusi, soprattutto nei confronti degli altri. Il suo non è un antifascismo politico, ma viscerale, che nasce dalla volontà di reagire alle ingiustizie: come quando dà una testata a uno della milizia perché ha preso una palla fatta di stracci e spago, fra i pochi giochi rimasti ai “regazzini” del ghetto. Certo di questo suo carattere fanno parte, fin dall’infanzia, quei maledetti momenti nei quali, per dirla con parole di Elena stessa, “me partiva er chicchero”: la prima volta che l’hanno portata all’Ospedale Psichiatrico di Santa Maria della Pietà aveva quindici anni. Nonostante le promesse che aveva fatto alla mamma quella prima volta, Elena proprio non ce la fa a controllarsi in quei momenti e ci torna altre volte: in totale quattro. Fino a quando, per l’ennesimo intervento in soccorso di un uomo anziano nel ghetto, aggredito da quattro camerati, viene nuovamente denunciata, schedata definitivamente come soggetto antifascista e pericoloso e inviata all’internamento al Sud. Per tre lunghi anni sarà confinata in vari paesi della Basilicata, senza possibilità di vedere la sua famiglia e i suoi due figli, Settimio e Angelo. Torna in una città distrutta nell’agosto del 1943 e sopravvive vendendo sigarette di contrabbando e andando a servizio: proprio così scoprirà del crimine che i tedeschi stanno preparando. Ancora una volta Elena non si volta dall’altra parte: tenta di avvisare i suoi correligonari, ma quando non le credono e quasi la irridono, si prepara alla fuga. All’ultimo però è di nuovo l’amore e quell’incapacità di rimanere indifferente al destino degli altri che la trattengono e la spingono a salire con gli altri sui camion.

In scena a dare voce, corpo e quel carattere romanesco, veracemente popolare e scanzonato, a questa antieroina nell’Italia delle leggi razziali e della Shoah è la bravissima Paola Minaccioni; accompagnata in questo monologo dai musicisti Claudio Giusti e Valerio Guaraldi, autore anche delle musiche originali che arricchiscono insieme ai brani di repertorio il racconto.

Grazie per aver letto questo articolo...
Da 18 anni Estense.com offre una informazione indipendente ai suoi lettori e non ha mai accettato fondi pubblici per non pesare nemmeno un centesimo sulle spalle della collettività. Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati non sempre è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge e, speriamo, ci apprezza di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di ferraresi che ci leggono ogni giorno, può diventare fondamentale.

 

OPPURE se preferisci non usare PayPal ma un normale bonifico bancario (anche periodico) puoi intestarlo a:

Scoop Media Edit
IBAN: IT06D0538713004000000035119 (Banca BPER)
Causale: Donazione per Estense.com