“Caro Federico, oggi mentre ero ad acquistare delle arance, improvvisamente di fronte a me ho rivisto «la morte», o peggio chi ti uccise”.
È il racconto che Lino Aldrovandi fa di una giornata che sicuramente non avrebbe voluto vivere. Il padre di Federico, il diciottenne ucciso da quattro agenti di Polizia il 25 settembre 2005, ha incontrato per caso uno di loro mentre faceva la spesa.
“Ricordi – scrive il genitore su Facebook immaginando di parlare con il figlio – quello che mentre tu eri a terra bloccato dagli altri tre individui con una divisa addosso, visto da Anne Marie, ti tempestava rabbiosamente di calci?”.
Il riferimento processuale è a Luca Pollastri, uno dei quattro agenti condannati in via definitiva per omicidio colposo. Nel suo racconto in sede di incidente probatorio Anne Marie Tsegue descrisse quella scena: Pollastri andava e veniva dal luogo pestaggio all’auto di pattuglia per chiamare la centrale via radio.
“Sì proprio quello che purtroppo, in una città così piccola come Ferrara, sono costretto molto spesso ad incontrare – continua Lino -. I miei pensieri, mentre questo individuo mi era accanto a non più di mezzo metro, non potevano che correre a quel maledetto 25 settembre 2005”.
Lino Aldrovandi pensa alla sera precedente, quando guardava la trasmissione di Fabio Fazio, ‘Che tempo che fa’, su la 9 con l’intervista a Papa Francesco.
“Voglio bene a Papa Francesco, che tra l’altro porta il nome di mio padre. L’ho ascoltato molto volentieri come sempre mi accade. Le sue parole non sono mai banali ed in un certo senso danno un po’ di speranza a questo mondo maledetto e bastardo…”.
Ma su tre sue parole “trovo difficile tenerne due. Quelle tre parole sono: ricominciare, camminare e perdonare”.
Di quelle tre parole il padre di Federico ne butterebbe via due “senza pensarci un attimo. «Ricominciare”, ma soprattutto la parola «perdonare» non fa più parte del mio essere. Caro Francesco, cosa potrei mai ricominciare e come potrei mai perdonare chi ci «uccise senza una ragione»?”.
“Mi resta soltanto di «camminare», perché non potrei fare altrimenti – continua lo sfogo del genitore -. E ripensando a quell’individuo di oggi, incontrato per caso, ne avrei aggiunte altre due che tengo costantemente strette nella «mente», e che non sono buone”.
“Per chi avesse da passare per questa pagina – conclude – vi chiedo gentilmente di lasciare, se vorrà, soltanto un cuore, ma niente parole e commenti. Grazie infinite, come sempre”.
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