di Ilaria Cucchi*
Carissimo Direttore,
La ringrazio di cuore per aver pubblicato la riflessione di una vostra “giovane collaboratrice” critica per le reazioni mie e di Fabio per i violenti scontri che sono avvenuti durante le manifestazioni di protesta avvenute a Bologna e Roma per la tragica morte di Ramy Elgaml avvenuta a Milano, al termine di un drammatico inseguimento da parte dei Carabinieri nel quartiere Crovetto.
Il titolo dell’editoriale centra il bersaglio: “LA RABBIA RIMANE L’UNICO MEZZO DI LIBERAZIONE”.
Quelle violenze ci hanno provocato tanto dolore e paura perchè ci hanno evocato il ricordo di quelle dei Black Block, avvenute durante le manifestazioni organizzate dal pacifico popolo dei no global a Genova, nel 2001.
Violenze criminali come quelle compiute dalle Forze dell’Ordine a Bolzaneto ed alla Diaz.
Quale ne fu il risultato? Che si finì per parlare solo di quelle e non del motivo della protesta popolare e pacifica che voleva sensibilizzare la gente sul pericolo di una globalizzazione cinica e totalmente prona a mere ragioni economiche speculative avulse da scopi di benessere e progresso sociale.
Le manifestazioni per Ramy, secondo noi, avrebbero dovuto aver a cuore solo l’immane battaglia che la sua famiglia si trova ad affrontare, con i suoi avvocati, per restituire dignità al loro figlio di soli 19 anni ottenendo verità e giustizia per la sua assurda morte. Non per altro.
Amo l’energia dello spirito giovanile dei ragazzi che si mettono in gioco per i nobili valori umani e sociali in cui giustamente – vivaddio! – credono. Sono un esempio per tutti. Mi scaldano il cuore. Ma essi non debbono cedere alla ingenua presunzione che questa battaglia possa essere occasione per rivendicare altri diritti ed altri temi sociali. La morte di Ramy è soltanto la morte di Ramy.
E’ una battaglia che richiede alla sua famiglia sforzi disumani. Probabilmente quei ragazzi non conoscono fino in fondo quello che noi abbiamo dovuto sopportare. Ed in quanti siamo rimasti e come siamo rimasti per arrivare al traguardo. Noi sappiamo ciò che li attende.
Io, i miei genitori e Fabio non avevamo proprio idea di cosa ci aspettava ma Fabio aveva capito che avremmo dovuto sfidare lo Stato anche se non immaginava quanto sarebbe stata dura. Ramy potrà diventare simbolo di riscatto soltanto quando la sua famiglia avrà ottenuto dallo Stato ciò che gli spetta. Giustizia.
Le commoventi dichiarazioni del padre sono frutto di uno sforzo emotivo sovrumano che è riuscito a dominare la rabbia provocata dal devastante dolore che non è riuscito, per ora, a travolgerlo.
Caro Direttore, lei non ha nemmeno idea di quanto ami quei ragazzi ma, proprio per questo, vorrei tanto che capissero che con la violenza non si va da nessuna parte. Non voglio fare della sociologia ma devo dire loro che Stefano, Federico e tanti altri sono morti di violenza e per noi non sarà mai accettabile che si possa pensare che essa possa esserne la valida risposta.
L’esplosione della rabbia può apparire appagante ma, credetemi, alla fine, non è mai appagante e tantomeno fruttuosa.
Accettiamo volentieri tutte le critiche che ci rivolgete ma, col cuore in mano, vi chiediamo di ascoltarci.
*attivista per i diritti civili e umani e senatrice di Sinistra Italiana
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