di Elena Coatti
“In qualche modo, qui oggi c’è anche mio padre ad assistere con noi la posa delle pietre”. Sono le parole di Enrico Fink con le quali, in compagnia di sua figlia, ha ricordato il nonno Isacco. Uno dei tanti ebrei che vivevano a Ferrara, trascinato fuori da quell’arco di pietra che decora il portone del civico 88, in via Mazzini, e mai più ritornato a casa. Si apre così la giornata del 16 gennaio, con grande commozione, per la posa delle prime quindici Pietre d’inciampo con la presenza di tutte le autorità civili e religiose della città.
“Un momento importante per Ferrara – commenta il sindaco Alan Fabbri –, frutto di un lavoro molto articolato in collaborazione, oltre che con i servizi del Comune, anche con la Comunità ebraica della città”. “Un gesto per non dimenticare – continua Fabbri – che nel cuore del ghetto ebraico rappresenta qualcosa da tenere a memoria per le nuove generazioni, affinché una tale tragedia non si possa ripetere nei giorni nostri”.
“Sono più di centomila le pietre posate in Europa – ricorda Fortunato Arbib, presidente della Comunità Ebraica – e oggi poseremo in corrispondenza dei civici 88, 85 e 14 le prime di una lunga lista. Potremmo ricordare coloro che sono stati deportati e assassinati nei lager, inciampando virtualmente su questi blocchetti di colore lucido che riportano i dati delle persone scomparse. Si riporterà alla luce qualcosa di essenziale. Non racchiudono solo nomi, ma storie di famiglie ferraresi”. E conclude: “Il sanpietrino, una pietra che diventa monumento senza emergere dalla terra, ma affondando all’interno di essa”.
Non si impone, ma vi si inciampa casualmente. Da oggi, allora, abbassate lo sguardo e “inciampate” sui loro nomi: Isacco Fink, Carlo Bassani, Giuseppe Bassani, Rina Lampronti, Marcella Bassani, Leone Forti, Carolina Jesi, Berta Forti, Umberto Lampronti, Carlo Lampronti, Nello Rietti, Giulia Rietti, Leonella Rietti, Gastone Rietti, Argia Cavalieri. E interrogatevi su ciò che è stato.
“Un inciampo rispetto al nostro andare – aggiunge Amedeo Spagnoletto, direttore del Meis -. Le deportazioni non sono avvenute solo nel quartiere ebraico, ma in tutta la città. Per questo, proseguiremo con la posa delle Pietre anche sul resto della città”.
Le note del violinista Alessandro Perpich hanno accompagnato la lettura dei nomi e dei dati delle persone deportate, stimolando la curiosità di passanti e negozianti che, con rigoroso silenzio, si sono avvicinati per osservare e catturare con una fotografia o un video quel momento.
Hanno concluso, di fronte al civico 14, l’evento il rabbino capo della Comunità ebraica di Ferrara Luciano Meir Caro, il quale ci ha tenuto a condannare gli atti nei confronti della sinagoga di Bologna (in realtà a essere danneggiati sono stati gli uffici della comunità ebraica, ndr), e il prefetto Massimo Marchesiello.
Quest’ultimo racconta di aver avuto l’onore di partecipare alla Posa anche a Gorizia e Udine: “Tutto il territorio nazionale deve avere traccia di queste pietre, che però non sono semplice arredo urbano ma momento di riflessione”.
“Le Pietre d’Inciampo rappresentano un atto di memoria viva, che non si limita a ricordare, ma ci invita a riflettere. Ognuna di queste pietre è un piccolo frammento di una storia che non possiamo permettere che svanisca nell’oblio – è il commento di Paolo Calvano, capogruppo del Pd in Regione, anche lui presente -. Oggi, con l’installazione delle 15 pietre in via Mazzini, Ferrara si arricchisce di un simbolo silenzioso ma potente, che ci costringe a inciampare nella memoria di chi è stato privato della propria vita, della propria dignità. È un gesto che non solo onora le vittime della Shoah, ma ci richiama alla responsabilità di non dimenticare mai, affinché il passato non resti impunito e la nostra coscienza collettiva continui a crescere”.