Attualità
15 Gennaio 2025
Intervento di Udi Ferrara sulla sentenza della Corte d’Assiste di Modena, che ha condannato un uomo per un duplice femminicidio giustificando le attenuanti con una frase che ha sconcertato

Quei motivi umanamente comprensibili

di Redazione | 3 min

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Leggendo della recente sentenza della Corte d’Assiste di Modena, che ha condannato un uomo per aver commesso un duplice femminicidio a carico della moglie e della di lei figlia, non ci si può esimere dal commentare quell’unica frase che ha giustificato la concessione di certe attenuanti a favore dell’imputato, ovvero la “comprensibilità umana dei motivi”.

Per chi, come noi, commenta sentenze da anni, una spiegazione logico-giuridica, o la contestualizzazione della frase non è più sufficiente. Così come non rileva il fatto che il condannato in  questione, considerata l’età, è possibile che passerà il tempo che gli rimane sulla terra in carcere,  come fosse condannato all’ergastolo. Non rileva neppure che la sentenza possa essere ineccepibile  dal punto di vista giuridico e processuale.

Quello che ci interessa commentare è proprio l’uso di quelle parole. Com’è possibile che all’uccisione della propria moglie (e della di lei figlia) si possa dare umana comprensione? Anziché mettere in evidenza anni di conflitti, non sarebbe forse più opportuno dare risalto al fatto che quelle persone  stavano insieme perché in origine costituivano un nucleo familiare, basato, almeno all’inizio, sul  rispetto, la solidarietà e i migliori sentimenti di amore e compassione?

E allora, in un contesto di quel genere, come si può avere umana comprensione per chi uccide quelle  persone che avrebbe dovuto amare?

Non è importante quella sentenza, ma sono importanti quelle parole, che vanno oltre quella sentenza. Noi dobbiamo condannarle, riprenderci la nostra umanità, escludere nel modo più assoluto che una  famiglia possa diventare un teatro di guerra nel quale l’uccisione è possibile e finanche ammessa.  Oltre a rimettere in campo i soliti stereotipi che colpiscono soprattutto le donne – “se l’è cercata” –  quelle parole dimostrano anche la scarsa conoscenza del femminicidio, anche da chi è chiamato a decidere.

Sono anni, ormai, che le associazione delle donne – anche costituendosi parte civile nei processi – hanno messo in luce che il femminicidio ha un’unica motivazione: il femminicidio stesso, ovvero la  possibilità – che un uomo si dà – di risolvere i suoi problemi (la depressione, la perdita del lavoro, la richiesta di separazione della moglie, il tradimento con un altro uomo ecc. ecc.) uccidendo quella donna, che egli evidentemente considera una sua proprietà.

Purtroppo, se non si fanno i conti con questa realtà, difficilmente si andrà avanti, e non solo nella individuazione della giusta sanzione, ma anche nella predisposizione di un piano di prevenzione della  violenza maschile sulle donne.

Per questo noi dell’Udi, un’associazione che quest’anno compie 80 anni, e che si pone da sempre  come una delle artefici del cambiamento culturale, invitiamo tutte e tutti a continuare ad essere critici  contro ogni forma di arretramento.

Udi Ferrara

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