Avrebbe accusato ingiustamente un compagno di cella di far parte – insieme a un altro gruppo di soggetti – di un’organizzazione criminale che stava pianificando un attentato per uccidere un giudice del tribunale di Ferrara.
Protagonista della vicenda è un 51enne foggiano, all’epoca dei fatti detenuto all’interno del carcere di via Arginone, oggi finito a processo con l’accusa di calunnia.
I fatti risalgono al 2019 quando, in provincia di Ferrara, un ragazzo italiano – oggi 26enne – viene trovato, dopo un controllo, in possesso di un quantitativo di sostanza stupefacente tale da far scattare nei suoi confronti l’arresto da parte dei carabinieri.
Una volta in manette, il giovane viene trasferito in carcere, in attesa dell’udienza di convalida del proprio arresto.
Lì, in quel frangente, il ragazzo viene messo in cella con l’attuale imputato che, secondo la propria versione dei fatti, finisce per essere ‘confessore’ delle presunte intenzioni del 26enne che, a suo dire, gli avrebbe rivelato la volontà di uccidere il magistrato con un attentato.
Il 51enne così decide di raccontare tutto agli inquirenti e viene anche ascoltato dal pm di turno che, vista la pericolosità di quanto gli viene detto, dispone subito una perquisizione nella casa dei genitori del ragazzo, con l’obiettivo di trovare delle armi che il 51enne diceva fossero lì nascoste.
L’accertamento, effettuato da una ventina tra carabinieri e uomini della guardia di finanza, finisce però per avere esito negativo e il 51enne viene mandato a processo con l’accusa di calunnia.
Durante l’udienza di ieri (14 gennaio) mattina, davanti alla giudice Rosalba Cornacchia, il 26enne è stato sentito come testimone e, per la prima volta, accompagnato dal padre in aula, ha scoperto il motivo di quella perquisizione, su cui né lui né i suoi familiari riuscivano a darsi una spiegazione.
Il processo tornerà in aula l’11 marzo, quando sarà sentito l’imputato.
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