di Mirko Rimessi
Un argento olimpico a Parigi che parla anche ferrarese. È quello conquistato la scorsa estate da Illia Kovtun, ginnasta ucraino, ormai prossimo al quinto anno da protagonista in A1 con la Palestra Ginnastica Ferrara, la stessa città che – a seguito dello scoppio della guerra in Ucraina – lo aveva accolto, insieme ad altri ventiquattro membri della nazionale ucraina di ginnastica artistica, grazie a una rete di accoglienza e di solidarietà senza precedenti.
Oggi ha scelto come base logistica la cittadina croata Osijek, da cui si muove con ritmo frenetico per tutte le competizioni nelle quali è impegnato, ma questo non gli impedisce di mantenere, per Ferrara e l’Italia, un posto privilegiato nel cuore, un legame che va ben oltre ad un semplice tesseramento.
Lo stesso vale per Irina Gorbacheva, l’allenatrice che ha dedicato tutta sé stessa per portare Illia sul gradino del podio di Parigi, che già guarda alle sfide future: “In questo quadriennio Illia è andato fortissimo, conquistando medaglie in tutte le competizioni, ad eccezione dei mondiali 2022, quando era infortunato ad una spalla. Il tutto grazie ad un lavoro molto duro e stancante. Per questo il 2025 deve essere necessariamente un anno di rigenerazione e studio. Sono state introdotte nuove regole e hanno cambiato il codice dei punteggi. Questo ci porta ad imparare nuovi elementi per preparare qualcosa di nuovo sugli attrezzi, curando allo stesso tempo il fisico, per prevenire nuovi
infortuni e provare a migliorare in vista di Los Angeles“.
Di questo e di altro, lo stesso Kovtun – per la prima volta a Ferrara dopo l’exploit parigino – ha parlato approfonditamente nella seguente intervista.
Dalla finale scudetto di Firenze a oggi, guardandoli ora, sono stati mesi bellissimi ma molto complessi.
“Sì, ai Campionati Europei di Rimini sono riuscito a conquistare tre medaglie d’oro, ma non tutto ha funzionato come avrebbe dovuto perché mi sono infortunato nuovamente. Una bella batosta dopo l’operazione dell’inverno scorso. Ma l’ambizione per i Giochi Olimpici era tanta, così abbiamo lavorato al massimo, accelerando i tempi della riabilitazione svolta in Germania”.
I suoi secondi Giochi Olimpici, così profondamente diversi dai primi. Com’è stato entrare al villaggio di Parigi?
“Stavolta sapevamo bene a cosa dovevamo essere preparati e cosa ci aspettava. Sono molto maturato e sapevo bene cosa volevo, perché ero a Parigi. Non c’era nulla d’inaspettato al villaggio: avevamo visto già tutto sui social network e sapevamo come affrontarlo. Eravamo interessati a poche cose: allenamenti, gare e gli orari degli autobus da e per gli impianti. Non eravamo in vacanza, eravamo lì per mostrare per cosa avevamo così duramente lavorato. L’unica cosa che posso dire è che le palestre erano fantastiche, tutto di un colore insolito ma molto bello, ideale per lo spettacolo”.
E questa volta c’era anche il pubblico sugli spalti.
“Il pubblico era tornato sugli spalti già da tempo e la cosa non mi spaventava. Sapevo cosa comportava, anzi. Ai Giochi c’era una tribuna enorme e tanta gente, e tutto questo mi ispirava e mi aiutava a essere ancora più concentrato. Il pubblico mi sostiene e mi dà fiducia nei miei punti di forza. Già agli Europei in Italia ero stato accolto da grande calore e questo è stato di grande supporto”.
Le qualifiche le hanno dato la possibilità di accedere a quattro finali: il concorso generale a squadre, individuale e le specialità di corpo libero e parallele. La prima, quella a squadre, vedeva al via lei e i suoi compagni come campioni d’Europa, una prova vinta grazie a una sua prestazione straordinaria.
“Sì, eravamo effettivamente i campioni europei, ma a Parigi era molto diverso con le super potenze extra europee, e noi potevamo contare solo su due atleti, io e Oleg Vernayaev, in grado di fare classifica. Troppo poco per lottare per una medaglia olimpica, dove servono almeno quattro ginnasti. Il quinto posto è stato comunque un grande risultato”.
E poi è arrivato il suo momento come individualista.
“Dopo il concorso generale ero un po’ turbato. Volevo essere tra i primi tre, ma so di aver commesso alcune sbavature. Nonostante questo, ho lottato fino all’ultimo, ma i giudici hanno così valutato, mettendoci tutti nel giusto ordine, anche se arrivare quarto, con un piccolo distacco dal terzo posto [ndr: meno di 2 decimi], non è facile”.
Durante i Giochi, in Italia, si è parlato molto del valore del quarto posto perché anche tanti atleti italiani hanno raggiunto questo risultato. Io mi chiedevo anche come raccontarlo, perché un quarto posto, per quanto sia pesante, non sempre è una sconfitta, dipende molto anche da come arriva.
“Infatti, dopo l’all around, è arrivato il momento del corpo libero: considerando l’operazione, la riabilitazione e tutti gli ostacoli affrontati, molti credevano che neppure sarei arrivato in finale. invece ero lì e sono arrivato quarto, battendo molti dei ginnasti più forti in questa specialità, è stato un risultato magnifico”.
Ma c’era ancora la finale alle parallele, quella che probabilmente sentiva più sua.
“Ho vinto la Coppa del Mondo in questo attrezzo per tre anni consecutivi e, nell’ultimo anno, avevamo lavorato su elementi molto complessi. Gli altri finalisti, tranne me, avevano già vinto medaglie olimpiche, quindi era necessario dare il massimo. Decidemmo così di presentare la nostra esecuzione più difficile (7.0). Il sorteggio non mi ha aiutato, facendomi gareggiare per primo. A quel punto ho pensato solo a far uscire tutto il mio valore, poi sarebbe andata
come Dio avrebbe voluto e i giudici valutato. Ho eseguito al meglio il mio esercizio più difficile, poi è stata una lunga attesa, osservando gli altri sette ginnasti. Abbiamo capito che il cinese Zou Jingyuan era stato il migliore, era chiaro a tutto il mondo, ma noi abbiamo mantenuto fino alla fine la seconda posizione, sfruttando al massimo le nostre possibilità”.