Eventi e cultura
9 Dicembre 2024
Oggi si ambisce all’Inghilterra, ma a fine secolo il nostro calcio era il più bello del mondo: Daniele Vecchi racconta l’epoca d’oro della Serie A nel libro edito da Kenness, e analizza il presente per capire come il nostro campionato possa ancora essere appetibile per i top player

“Quando eravamo la Premier”: gli anni d’oro del nostro calcio nel libro di Daniele Vecchi

di Redazione | 4 min

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Quando l’Italia era il più grande campionato di calcio del mondo. Questo il soggetto dell’ultimo libro di Daniele Vecchi, “Quando eravamo la Premier”, un viaggio storico negli anni d’oro del calcio nostrano. Ne ha discusso l’autore e collaboratore di Estense.com a Libraccio insieme ad Alessandro Sovrani e Giacomo Cipriani, ex attaccante, tra le altre, di Bologna e Spal.

“È stato un lavoro di grande ricerca, soprattutto a livello statistico, intenso e faticoso: parliamo della Serie A dal 1983 al 2003”, spiega l’autore. “Volevo raccontare questa storia del nostro calcio: oggi si guarda con ammirazione alla Champions e alla Premier League, ma tutti i giocatori più forti una volta erano in Italia”.

Prima dal Mondiale del 1982 i vari Zico, Maradona, Falcao, poi dopo Italia ’90 i Zidane e i Salas arrivavano a casa nostra: “I giocatori più forti erano qui, e la Serie A era importantissima”. Ma, specifica Vecchi, “questa non è una ‘operazione nostalgia’. C’è l’analisi di quello che oggi manca alla nostra Serie A per essere come la Premier, e la distanza non è così netta come sembra: negli ultimi anni le nostre squadre in Europa stanno facendo bene, bisognerebbe rivedere però la metodologia di lavoro nei settori giovanili”.

Lo conferma anche Cipriani: “Facciamo fatica a sfornare talenti, perché ci sono pochi impianti: in Inghilterra anche a livelli non alti ci sono strutture importanti, e per le squadre professionistiche è più facile pescare giovani da formare ulteriormente e rilanciare”. Poi, in Italia, le risorse sono nettamente inferiori: “Si dovrebbe tutelare chi investe sui giovani. In passato abbiamo avuto tantissimo talento, oggi forse c’è qualcosa che soffoca questa crescita”.

“Per gli imprenditori italiani è difficile sostenere una squadra professionistica”, prosegue Cipriani. “Per i giocatori ci sono tante possibilità in più rispetto a un tempo: Cina, Giappone, Usa e oggi l’Arabia. Una volta la Serie A era il massimo livello, con i calciatori migliori nel miglior momento della carriera”.

Ci sono invece tante proprietà straniere, più interessate al lato economico che a quello tecnico: “La programmazione societaria si muove verso il modello americano di un prodotto appetibile, a prescindere dal risultato”, spiega l’autore, “a discapito della passione dei tifosi: sarà difficile invertire questa tendenza, ma la Serie Anon ha visibilità del brand come la Premier. Non ci sono stadi confortevoli”, per la poca collaborazione tra società e istituzioni, “per vendere un prodotto e renderlo visibile, e manca la progettualità a livello giovanile. Ma prima o poi qualcosa cambierà: l’Italia ha l’attrattiva per accogliere i giocatori migliori del mondo”.

Molte proprietà arrivano in Italia, e non si sa bene chi siano: “C’è terreno fertile qui”, sostiene Cipriani, “vogliono progettare ma il calcio non è una scienza esatta, e non va snaturato: lascia sempre qualcosa al campo, non si piega sempre ai budget. Forse, però, mancano proprietari appassionati e personaggi genuini, come Mazzone, che fanno bene al calcio”.

Oltre ai proprietari, oggi in Serie A ci sono anche tanti giocatori di formazione non italiana. Cipriani spiega come si debba tornare indietro negli anni, alla Legge Bosman: “Io sono cresciuto quando c’erano tre stranieri in una squadra, ed erano quelli fortissimi che facevano la differenza. Oggi non è così, e a volte si preferiscono a giocatori italiani, perché forse costano di meno: ma così facendo si blocca la crescita dei nostri talenti”.

E poi, investimenti e scelte sbagliate: “Dopo Italia ’90 non abbiamo investito nelle strutture sportive, a partire da quelle di quartiere, che sono fatiscenti: è lì che i bambini iniziano a giocare. Abbiamo investito su giocatori a basso costo, mentre fuori dall’Italia, invece, hanno creato squadre impressionasti: raccolgono oggi i frutti delle idee degli anni Novanta”.

“In Italia, invece, si raccoglie ciò che non si è seminato”, conclude Cipriani, “con la necessità di avere i risultati in fretta. All’estero si lanciano i talenti giovanissimi, e si perdonano anche gli errori, perché sono il risultato del lavoro della società. In Italia non si perdona niente”.

Il libro si arricchisce di contributi importanti, tra cui Casiraghi, De Napoli, Melli e Paramatti, che hanno raccontato le loro esperienze da protagonisti negli anni d’oro del calcio tricolore, con la prefazione di Darwin Pastorin. Perché leggerlo? Parola all’autore: “Gli appassionati si ritroveranno in un periodo sportivo e sociale bello, e ripercorreranno storie sportive che rimangono negli annali”.

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