Cimiteri di notizie
Ogni giornalista ucciso è un osservatore della condizione umana in meno. Ogni attacco distorce la realtà creando un clima di paura e autocensura
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È notizia di questi giorni l’intervento diretto del ministro dell’istruzione, a “tutela dell’equilibrio formativo”, su una scuola media della nostra città. Il motivo l’organizzazione, da parte della stessa, di un laboratorio sui diritti umani, incentrato sulla vicenda del popolo palestinese dal 1948 in poi, in collaborazione con l’associazione Ferrara per la Palestina.
Da quel che si apprende il ministro avrebbe preteso che venisse organizzato un ulteriore incontro con un’associazione ebraica, per ripristinare, appunto, l’equilibrio formativo.
Ci sembra un fatto molto grave, un’ulteriore attentato all’autonomia delle istituzioni scolastiche e alla libertà di insegnamento e la conferma del fatto che la scuola è sempre più oggetto di una strategia tesa a coinvolgere tutte le articolazioni dello stato in una politica che vede nella guerra uno strumento legittimo per stabilire l’ordine mondiale più consono agli interessi nazionali. In palese contrasto con il ripudio della guerra sancito dall’Art. 11 della Costituzione e con lo Statuto delle Nazioni Unite.
Il ragionamento è chiaro: se un paese è in guerra ogni spazio per il dissenso va eliminato, la verità smette di essere un valore e le istituzioni formative, oltre all’informazione, vanno asservite alla causa. È ciò che è successo e continua a succedere in tutti i Paesi coinvolti in eventi bellici, e noi evidentemente lo siamo.
Ma veniamo al caso concreto in esame. Se le associazioni che hanno denunciato il fatto, e il ministro che è intervenuto, avessero letto il progetto approvato dalla scuola, si sarebbero accorti che esso non fa riferimento alla guerra in atto, ma alla condizione del popolo palestinese dopo la nascita dello Stato di Israele nel 1948, in particolare nei territori occupati dal 1967, occupazione illegale in base alle norme del diritto internazionale.
Che in Palestina vi sia un grave problema di negazione dei diritti umani fondamentali è un fatto acclarato, che precede lo scoppio della guerra e le successive accuse di genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità dalle quali Israele è chiamato a difendersi nelle corti penali internazionali.
Che la scuola abbia deciso di affrontare questo tema è un fatto encomiabile, in particolare nel momento in cui il sistema dell’informazione, per come è strutturato, si sta dimostrando tutt’altro che adeguato nel fornire gli strumenti per una valutazione “equilibrata” della realtà. E lo ha fatto all’interno di un percorso formativo condiviso.
In questo contesto l’intervento di imperio del ministero, avulso da qualsiasi riflessione interna alla “comunità educante”, ha l’unico scopo di imporre limiti alla libertà di insegnamento e all’autonomia delle istituzioni scolastiche: è evidente che, dopo un episodio come questo, dirigenti e insegnanti si sentiranno condizionati nelle loro scelte.
Inoltre, e forse è il fatto più grave, il ministero cerca di imporre la propria interpretazione del conflitto in atto in Palestina. Pretendere, come atto riparatore, l’organizzazione di un incontro con un’associazione ebraica, significa riproporre l’identificazione dello Stato di Israele con l’ebraismo, cosa che permette di tacciare di antisemitismo chiunque ne critichi o ne condanni le azioni: si è giunti, per questa via, al paradosso di accusare di antisemitismo le stesse Nazioni Unite, l’organizzazione che ha sancito la nascita dello Stato di Israele.
Di fronte a tutto ciò pensiamo sia necessaria la presa di coscienza della necessità di non lasciare sola la scuola di fronte ad attacchi di questo tipo, che ne stravolgono la funzione ed il ruolo che la Costituzione le assegna. Da parte nostra tutto l’impegno perché ciò non avvenga.
Alleanza Verdi Sinistra e Possibile di Ferrara
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