Lo scenario delineatosi in questi mesi appare, a dir poco, cupo. Difficoltà si aggiungono a difficoltà a causa di problematiche di carattere internazionale e nazionale che vengono addotte come alibi per l’impoverimento generalizzato che sta colpendo la popolazione italiana. Quella che sostiene il Paese versando il doveroso tributo all’Agenzia delle Entrate. Ferrara non è esente da questo processo.
Non ne è esente a tal punto che lo stesso volto della città e della popolazione che si incontra è mutato. In mezzo al luccichio delle luminarie più o meno legate alle festività natalizie o ad altri eventi e alle solite bancherelle dispensatrici di cibo o bevande alcoliche, non sfuggono a un occhio attento le persone che arrancano per tirare avanti e quelle che vivono di espedienti o nel degrado.
E’ inoltre un vero peccato constatare come l’Amministrazione Comunale in carica abbia facilitato la transizione della città da luogo in cui la cultura costituiva un forte elemento qualificante della vita sociale alla dimensione di sagra paesana tesa a soddisfare l’appetito e la brama di bevande alcoliche dei tanti, giovani e meno giovani, che frequentano la strade del centro.
Oggi appare vano sperare in mostre d’arte di rilievo, magari ideate da specialisti non afferenti alla cerchia di Sgarbi, o in una stagione teatrale coinvolgente, o, ancora, in iniziative di carattere letterario o filosofico dalle quali trarre un qualche godimento intellettuale. Tutt’al più ci si accontenta di qualche festival musicale di second’ordine o di maschere lugubri e si investe nel restauro di qualche palazzo legato a epoche che vorremmo dimenticare.
Raffaella Picello