La notizia della morte di Giacinto Rossetti segna la fine di un’era per la gastronomia italiana. Fondatore e anima del ristorante Trigabolo di Argenta, in provincia di Ferrara, Rossetti ha lasciato un’impronta indelebile nel panorama culinario, creando una delle realtà gastronomiche più celebri degli ultimi decenni. A pochi giorni dall’uscita di un docufilm che racconta la sua straordinaria esperienza, la sua scomparsa arriva come un colpo al cuore per chi ha vissuto e condiviso con lui quella stagione irripetibile.
“Mi dispiace davvero tanto che non ha fatto in tempo a vederlo”, ha commentato con malinconia Igles Corelli, chef che per 14 anni ha guidato la cucina del Trigabolo e che ha dato oggi la triste notizia della morte di Rossetti sulla sua pagina Facebook: “L’anima del Trigabolo è volata in cielo!! Ciao Giacinto”. Un uomo che, pur non essendo un cuoco di formazione, è riuscito a creare un ristorante che ha rivoluzionato le regole della cucina italiana, grazie alla sua visione unica e alla sua passione per il prodotto.
Il cammino di Giacinto Rossetti e del Trigabolo è iniziato quasi per caso, come spesso accade nei piccoli paesi. Fu una chiacchiera in bottega tra il padre di Igles Corelli e Gigi Basile, socio di Rossetti, a far nascere l’idea di trasformare una pizzeria in un ristorante innovativo. Corelli, tornato da un’esperienza negli Stati Uniti e sulle navi da crociera, colse al volo l’opportunità di entrare in una sfida entusiasmante e all’avanguardia.
Giacinto Rossetti, pur non avendo una formazione accademica, divenne per molti un vero e proprio mentore. Era un grande conoscitore della materia prima e rispettava ogni ingrediente all’inverosimile, un’ossessione che lo portava a cercare personalmente i migliori prodotti, spesso direttamente dai produttori, quando trovare ingredienti di qualità era tutt’altro che facile. Una passione che Rossetti condivideva con altri grandi del panorama gastronomico, come il giornalista Luigi Cremona, che fu il primo a scoprire il Trigabolo. Ma fu la squadra che si formò in cucina a fare la differenza. Un team di giovani talenti, tra cui Corelli, Bruno Barbieri, Italo Bassi, Mauro Gualandi e Bruno Biolcati, che lavorava in sintonia. Così, la cucina del Trigabolo divenne un laboratorio di innovazione, dove ogni piatto raccontava la passione e la competenza di chi lo preparava. Una complicità che ha reso il Trigabolo un punto di riferimento nella gastronomia italiana, capace di unire la cucina di alta classe con il rispetto per la tradizione e la sperimentazione.
Giacinto Rossetti, autodidatta e sempre affascinato dalla lettura e dalla ricerca, non aveva paura di osare. Le sue proposte culinarie includevano piatti difficili da accettare per chi non era abituato ai sapori forti della selvaggina di palude, ma che riuscivano a conquistare i palati più raffinati. La sua cucina era semplice ma ricca di sostanza, fondata sul rispetto assoluto per le materie prime. Dopo la chiusura del Trigabolo, Rossetti si è ritirato, ma non ha mai smesso di cucinare per gli amatori. Organizzava cene private, dove presentava ancora le sue ricette più celebri. Ma la sua scomparsa segna davvero la fine di una pagina di storia della ristorazione italiana.
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