Continua a dire di “avere la coscienza pulita” Chiara Compagno, la dottoressa no vax, finita al centro della vicenda delle false vaccinazioni per ottenere il green pass, insieme alla collega Marcella Gennari. Lo ha ribadito ieri (mercoledì 13 novembre) nell’interrogatorio davanti al gup Silvia Marini, durante l’udienza preliminare del processo nato dall’inchiesta Red Pass eseguita – dietro il coordinamento della Procura di Ferrara – dagli uomini della Guardia di Finanza, per cui oggi le due professioniste – insieme a Francesca Ferretti, figlia e assistente di Gennari – sono alla sbarra.
Per circa tre ore, Compagno – difesa dagli avvocati Marco Linguerri e Carlo Taormina – si è messa a completa disposizione, rispondendo a tutte le domande del pm Ciro Alberto Savino e del giudice, ribadendo la propria versione dei fatti senza sottrarsi alle richieste. Ha inoltre ripercorso i “drammatici momenti” vissuti durante la pandemia, negando fermamente di aver “mai preso denaro dai propri pazienti, né di aver in alcun modo distrutto le dosi di vaccino che non erano state somministrate”.
Ha ammesso, invece, di aver ‘recitato’ una parte Marcella Gennari – difesa dall’avvocato Alessandro Valenti – e lo ha fatto senza farsi interrogare, ma rendendo spontanee dichiarazioni in aula. Una scelta motivata dal fatto che “in questi ultimi due anni i tempi sono cambiati e ho meno timore di dire certe cose“, a differenza di quanto successo durante i primi interrogatori, quando “ero molto spaventata perché mi era caduta addosso una vicenda enorme che metteva in crisi i miei trent’anni di professione medica”.
“Nel settembre del 2021 – ha raccontato – quando iniziò la campagna vaccinale, io ero favorevole ai vaccini perché lo sono sempre stata. In quel periodo però non potevo vaccinare perché avevo avuto il Covid. Nel dicembre del 2021 e nel gennaio del 2022 iniziai però ad avere contatti con alcuni medici come Compagno e altri che mi riferivano che i vaccini a M-rna Pfizer e Moderna erano pericolosi per effetti avversi a breve, medio e lungo termine e mi indicarono importanti studi scientifici che erano scettici sul loro uso”.
Gennari quindi ha spiegato: “Mi documentai pertanto su pubblicazioni scientifiche on line e mi convinsi di tre cose: che quei vaccini non erano in grado di prevenire il contagio e la trasmissione del virus. Che quei vaccini non risultavano sperimentati per chi aveva già contratto la malattia e aveva dunque sviluppato propri anticorpi. Che gli effetti avversi erano numerosi e gravi come le stesse case farmaceutiche genericamente indicavano e che il sistema di segnalazione degli effetti avversi non funzionava perché i pazienti telefonavano ma non rispondevano”.
“Su queste basi, seguendo esclusivamente una mia valutazione medica su rischi e benefici dei vaccini, ho deciso di vaccinare coloro che lo chiedevano espressamente e quei pochi che, viste l’età e le condizioni di salute, ritenevo meglio vaccinare” ha affermato la dottoressa.
Gennari successivamente ha ripercorso i fatti: “Per tutti quelli – e sono stati la maggior parte dei nomi qui indicati nell’imputazione di corruzione – che avevano paura e addirittura il terrore di vaccinarsi, ma avevano assoluta necessità del green pass, ho ritenuto come medico di meglio tutelarli assecondando la loro libertà di non vaccinarsi, dunque ho ritenuto non vaccinarli e consentire loro di ottenere comunque il green pass, perché senza poter lavorare mi dicevano che era impossibile mantenere le loro famiglie e io ho voluto aiutarli anche sotto questo profilo psicologico. D’altronde era ormai evidente che per il virus indebolito già all’inizio del 2022 una adeguata terapia farmacologica avrebbe dato
ottimi risultati di guarigione”.
“E ho avuto ragione, perché nessuno dei miei pazienti che non ho vaccinato ha mai contratto la malattia in forma grave” ha sottolineato, precisando poi che, le finte inoculazioni riprese dalle telecamere erano “una recita per i pazienti e per il timore che ci fossero effettivamente le telecamere nel mio ambulatorio”. Di conseguenza, per il “90% dei casi in cui si vede che sto usando la siringa io ho invece adoperato: o soluzione idrosalina, o vaccini molto attenuati o diluiti o conservati in modo tale che decadessero del tutto e non potessero provocare effetti avversi”.
Quanto ai soldi che si sarebbe intascata, la dottoressa, nel precisare che erano “offerte di denaro modeste, mai superiori a 50 euro”, ha aggiunto poi che “erano un regalo spontaneo, qualche volta delle piante, che la maggior parte dei miei pazienti mi ha dato, per ringraziarmi della scelta che avevo fatto. Francesca – ha infine aggiunto, a proposito della figlia, anche lei imputata – mi ha aiutato per la segreteria ma si è limitata a fare quello che io le chiedevo di fare ma mai ha maneggiato o custodito i vaccini“.
Le tre donne – lo ricordiamo – sono accusate, a vario titolo, di falso, truffa ai danni dello Stato, corruzione e peculato. Si torna in aula il 27 novembre, quando le difese delle tre imputate decideranno se scegliere riti alternativi o discutere l’udienza preliminare.
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