Politica
1 Novembre 2024
L'assessore - all'epoca dei fatti vicesindaco - dovrà essere processato per trattamento illecito di dati personali e diffamazione dell'ex leghista

Dossieraggio su Anna Ferraresi. Il giudice ordina l’imputazione coatta per Nicola Lodi

di Davide Soattin | 5 min

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"Quanto emerge in queste ore conferma ciò che ho sempre denunciato: nel 2020 sono stata oggetto di un'operazione mirata a colpirmi sul piano politico e personale, attraverso l'utilizzo illecito di dati sensibili, la diffusione anonima di plichi diffamatori e attacchi pubblici violentissimi". È così che l'ex consigliera comunale Anna Ferraresi commenta l'indagine a carico di Marco Vincenzi, ex consigliere comunale di Ferrara Cambia nella prima legislatura Fabbri

Colpo di scena nell’inchiesta sul dossieraggio all’ex consigliera comunale Anna Ferraresi. Il gip Danilo Russo del tribunale di Ferrara infatti, a seguito dell’opposizione presentata dall’avvocato Fabio Anselmo, legale della donna, ha rigettato la richiesta di archiviazione della Procura di Ferrara, ordinando l’imputazione coatta per l’assessore – all’epoca dei fatti vicesindaco – Nicola Lodi, che quindi dovrà essere processato per trattamento illecito di dati personali e diffamazione dell’ex leghista.

I fatti risalgono al 20 maggio 2020, giorno in cui una mano anonima fece arrivare nella posta di tutti i gruppi consiliari dei documenti riservati che rivelavano guai con la giustizia di Anna Ferraresi, da poco passata dalla Lega al Gruppo Misto dopo lo scandalo dell’offerta di lavoro relativa al trenino turistico. Guai risalenti al 2014, quando l’auto con a bordo l’ex consigliera venne fermata all’uscita del casello di Ferrara Nord dalla Polizia Stradale: risultò positiva all’alcoltest e le venne ritirata la patente.

In quei plichi – spediti da una mano anonima – erano contenute copie dei verbali integrali della Polizia Stradale di Altedo, nonché copia dei referti dell’Ausl, completi di dati personali, della Ferraresi e del suo ex compagno (nome, cognome, targa dell’auto). Insomma, tutti atti relativi a quell’episodio del 2014 che, a distanza di tanti anni, quella mano anonima arrivò a inviare anche all’allora datore di lavoro di Ferraresi, estendendo la gogna anche sul piano professionale, oltre che su quello politico.

Oggi però, a differenza di quanto sostenuto dall’accusa, che ne aveva chiesto l’archiviazione, per il gip può “dirsi dimostrata la circostanza che Lodi fosse in possesso dell’incartamento” veicolato dalla mano anonima. E, nel motivarlo, spiega che è lo stesso assessore “a lasciar intendere tale circostanza, come si evince dalle sue parole, affidate ai social network“. Questo perché, in più di una occasione, l’odierno indagato – prosegue Russo – “mostra di essere al corrente, anche nei dettagli, della vicenda giudiziaria” che aveva come protagonista l’odierna parte offesa.

L’ex vicesindaco infatti, secondo la ricostruzione che fa il tribunale, il 5 aprile 2020, fa riferimento agli “scheletri nell’armadio” di Ferraresi, consigliandole di “posare il fiasco” e facendo “esplicito riferimento all’autostrada A13“, dove Ferraresi era stata fermata. “Tale circostanza – sottolinea il gip – è chiaramente dimostrativa del fatto che Lodi non poteva che averla appresa consultando gli atti del procedimento penale, non essendo ricavabile altrimenti né dal certificato del casellario giudiziale, né dalle confidenze fatte dalla Ferraresi allo stesso Lodi”.

Inoltre, in un commento del 3 maggio 2020, il braccio destro del sindaco Alan Fabbri – sempre rivolgendosi alla donna – fa riferimento esplicito al “tracannare alla guida” e “non è superfluo osservare che, nell’annotazione della polizia stradale di Altedo emerge chiaramente come, dopo essersi rifiutata di sottoporsi all’alcoltest e nell’attesa che gli operanti redigessero gli atti, la Ferraresi con condotta alquanto eccentrica si era accomodata al posto di guida della sua autovettura, per poi sorseggiare della birra” dice il giudice.

Come se non bastasse poi, in entrambi i casi, Lodi – si legge nell’ordinanza – tiene a precisare, all’indirizzo dell’ex consigliera, che “a breve” sarebbe tornata a non contare più nulla, “implicitamente preannunciando un accadimento idoneo a travolgere la sua posizione di consigliere comunale“. “Prospettazione, peraltro, del tutto coerente – fa notare il gip – con quanto successo il 20 maggio 2020, con la diffusione anonima degli “scheletri nell’armadio” della consigliera”.

A ricoprire un ruolo fondamentale nella vicenda è anche Rossella Arquà, all’epoca dei fatti legata a Lodi da uno stretto rapporto di vicinanza, “circostanza – spiega il tribunale – che rende del tutto plausibile il fatto che avesse appreso quanto poi narrato agli inquirenti”. Nello specifico, Arquà aveva affermato di “aver visto nelle mani di Lodi il plico contenente i documenti del procedimento penale a carico della Ferraresi, poi resi pubblici” si legge. Atti che lei mai aveva ricevuto e che, una volta visionati, aveva detto essere gli stessi che l’allora vicesindaco aveva nella sua esclusiva disponibilità a febbraio 2020. In quella circostanza, dopo averglieli mostrati, l’indagato “aveva riposto quel plico in un cassetto chiuso a chiave e manifestato la sua intenzione di recapitare quegli atti al datore di lavoro della Ferraresi, come poi avvenuto il 22 maggio 2020″.

Secondo il gip Danilo Russo, quindi, le dichiarazioni di Rossella Arquà “trovano un consistente e ben solido dato di conferma nelle stesse parole di Lodi, nonché negli argomenti di ordine logico di cui si è dato conto”. Attendibilità della testimonianza che sarà comunque vagliata durante l’istruttoria dibattimentale in aula.

Per il giudice delle indagini preliminari non ci sono comunque dubbi sul fatto che Lodi “fosse riuscito ad entrare in possesso – dato abbastanza inquietante – dell’incartamento relativo all’illecito penale commesso dalla rivale, circa sei anni prima. Si tratta di atti – prosegue – riservati e di difficile accessibilità, ragion per cui deve razionalmente ritenersi che non vi fossero altri soggetti che potevano entrarne facilmente in possesso”. Inoltre, Lodi – prosegue – “formula, in maniera velata, pubblicamente allusioni circa la possibile verificazione di eventi idonei a travolgere “la poltrona” occupata dalla persona offesa e, privatamente, cerca poi di identificare il datore di lavoro della Ferraresi“. Ma non solo, a ciò si aggiunge ancora una volta il racconto di Arquà che dice come “sin dal febbraio 2020, Lodi aveva manifestato l’intenzione di divulgare quei documenti per creare uno scandalo“.

Tanto basta comunque per ottenere un “quadro fortemente suggestivo e indicativo del coinvolgimento di Lodi nell’illecita divulgazione dei documenti” relativi alla vita privata di Ferraresi, conclude il gip che ora ha restituito gli atti al pm per formulare – entro dieci giorni – l’imputazione a carico di Nicola Lodi.

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