È iniziato ieri (martedì 29 ottobre) il processo per sei degli iniziali quattordici indagati nell’inchiesta della Procura di Ferrara, finiti davanti al giudice con l’accusa di indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti, a seguito di un presunto raggiro da circa 17mila euro ai danni dei gestori dell’autolavaggio Cattel Wash di via Caretti tra il 2019 e il 2021.
Secondo l’accusa, falsificavano le tessere prepagate dell’autolavaggio tramite un app, facendo figurare più soldi di quanti in realtà ne avevano inseriti, in modo da avere maxi crediti, con importi fino a 2.500 euro, che poi utilizzavano a uso proprio, cedevano a terzi acquirenti o finivano per prestare.
Il loro ‘trucchetto‘, con cui effettuavano acquisti di accessori nelle vending machines e nel pagamento dei servizi di lavaggio dell’auto, comprensivi di aspiratori, lavatappeti e profumatori, è durato un paio di anni, poi fu scoperto a ottobre 2021, quando uno dei dipendenti espose in una delle vending machines alcuni cavetti di ricarica usb per le auto al prezzo di 25 euro.
Di questi, dopo nemmeno ventiquattro ore, due erano già stati acquistati, suscitando non poco stupore negli addetti ai lavori che, incuriositi dalla circostanza, attraverso il gestionale interno delle cards, scoprirono come l’operazione fosse stata effettuata con una tessera ricaricata con oltre 300 euro.
Una circostanza che sin da subito destò molti sospetti sia al titolare che al dipendente dell’autolavaggio, dal momento che, solitamente, gli utenti del servizio caricavano sulle loro carte un credito medio/basso, da utilizzare nei servizi di lavaggio delle auto.
Ma soprattutto, stando a quanto si apprende, la carta rintracciata da oltre 300 euro non era mai stata ricaricata nelle casse dell’impianto di via Carretti, spingendo così i gestori ad approfondire la questione con specifiche ricerche, fino a rilevare che per molte cards non c’era nessuna corrispondenza tra la spesa effettuata e le ricariche del rispettivo credito.
Da qui, il Cattel Wash decise di chiedere aiuto alla Microel Srl, la società che gestisce le MyCardWash – questo il loro nome -, che accertò come 27 card furono palesemente manipolate a livello elettronico sia per quanto riguardava l’aumento del credito disponibile, sia per quanto riguardava le operazioni compiute.
La Microel Srl optò così, su richiesta dei proprietari dell’autolavaggio, di attivare alcuni alert sulle card sospette, grazie a cui i gestori riuscirono a recuperare, dalle immagini registrate attraverso il sistema di videosorveglianza interno, comprensivo di diciannove telecamere, le targhe delle auto che nell’impianto stavano utilizzando quelle tessere.
I gestori sporsero poi denuncia alla Polizia di Stato che, dopo aver avviato le proprie indagini, coordinate dalla Procura di Ferrara, procedette alla perquisizione porta a porta delle abitazioni delle quindici persone indagate, trovando le tessere ‘incriminate’, anche se non è da escludere che ce ne siano altre in circolazione.
Durante l’udienza di ieri, per due imputati (avvocato Gian Luigi Pieraccini) è stato chiesto un patteggiamento a 6 mesi e 400 euro di multa, per un altro la messa alla prova, un’altra posizione si è estinta per morte del reo, mentre altri tre imputati, nella prossima udienza, decideranno se chiedere la tenuità del fatto o rito alternativo, dal momento che hanno risarcito il danno in ritardo e quindi la loro posizione non è stata archiviata. Gli altri otto indagati avevano chiuso la partita accedendo alla “giustizia riparativa”, risarcendo il doppio del danno. L’avvocato Carmelo Marcello che, assiste i titolari dell’autolavaggio, si è costituito parte civile contro tre imputati.
Si torna in aula il 17 dicembre.
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