Roberta Marchesini, la nostra Roby, se n’è andata il 9 settembre. Il suo compagno di vita, Mario, per tutti Naso, se n’è andato ieri, 46 giorni dopo la dipartita della sua metà.
Si, Naso.
Con mia figlia, da anni, abbiamo una lista di tutti gli amici con soprannomi buffi, Mela, Pance, Capra, Orso, Tubo, Urla, Bistecca, Sporco e un altro centinaio di appellativi molto divertenti.
E Naso, appunto.
La prima volta che vidi Naso fu nel1983, nemmeno adolescente, sul pullman di ritorno da Livorno dopo lo spareggio per rimanere in Serie A2 di basket tra Mangiaebevi e Cover Jeans Roseto.
Con il suo naturale modo di legare con le persone, Mario fece subito amicizia con mio padre, cominciarono a parlare di Milan e di calcio, e si trovarono subito in sintonia, si rividero anche altre volte negli anni e in vite diverse al di fuori delle manifestazioni sportive, allo Spuntino Campagnolo (dove Naso lavorava), ai concerti degli Strike (dove chi scrive suonava), alla trattoria I Bassotti (dove Mario era il gerente).
La seconda volta invece fu al Parco della Pandurera a Cento a ottobre 1986, dopo il primo (dei tanti e burrascosi) Centese-Spal, in una situazione facilmente intuibile, per gli anni turbolenti che erano, in cui tutti noi eravamo fieramente coinvolti.
In quell’occasione fummo fianco a fianco nel difendere i colori spallini in terra centese (quindi ferrarese), fino a quando alcune sirene si palesarono e ci divisero.
In questi quasi altri quarant’anni di vita abbiamo condiviso esperienze, emozioni, risate e sana ignoranza, tra concerti degli Strike, cene in cui Mario era sempre il mattatore in qualsiasi locale si trovava a gestire, e ovviamente i gradoni della nostra Curva Ovest.
Un’estate di vacanza affidammo a lui e alla Roberta la nostra bassotta, che in teoria avrebbero dovuto fare amicizia con i loro bassotti e trascorrere giorni felici tutti insieme appassionatamente. Chi conosce la natura dei bassotti già intuisce che il connubio tra i loro e la nostra non durò neppure un giorno (tafferugli continui), costringendoci a cambiare repentinamente soluzione.
Quando lo incontravi dopo tanto tempo e cominciava a raccontarti le proprie vicissitudini, la frase con cui esordiva era sempre: “a mì nm’in frega n’c*z, mi a go quarant’an…” e continuava con la propria digressione.
Poi lo incontravi ancora dopo altro tanto tempo, e ti diceva: “a mì nm’in frega n’c*z, mi a go zinquant’an…” e anche lì continuava con la propria digressione, era sempre un piacere interloquire con lui, risate, sproloqui e provocazioni bonarie, sempre con il rispetto e l’amicizia che da più di quarant’anni ci contraddistingueva.
Mario era stra super ferrarese ma sempre con quel non so che di british, sarà stata la sua passione per Londra, per il movimento mods, per il West Ham, e forse per quella vaga somiglianza con il mitico Joe Strummer, sua (nostra) grande icona di vita.
Non c’è molto altro da dire, se non la triste e rassegnata presa di coscienza dell’ennesimo immenso vuoto lasciato da amici fraterni in questa vita terrena.
Troppi, di famiglia, in questo ultimo periodo.
Ciao Naso, vecchio Nutty, ti voglio bene.
Daniele Vecchi