Cronaca
24 Ottobre 2024
La Corte d'Assise ha riconosciuto la semi-infermità mentale della 40enne, escludendo la premeditazione. I fatti risalgono al luglio 2022 e avvennero in un appartamento di via Ortigara

Avvelenò la madre col tè. Quattordici anni per Sara Corcione

Sara Corcione
di Davide Soattin | 6 min

Leggi anche

Big Town. Di Gaetano padre: “Non so se si potesse avere una reazione diversa”

Sono le parole che ieri (giovedì 15 maggio) davanti alla Corte d'Assise del tribunale di Ferrara - leggendo le nove pagine di dichiarazioni spontanee scritte in carcere - Giuseppe Di Gaetano, coimputato insieme al figlio Vito Mauro, ha utilizzato per provare a giustificare la 'mattanza' del bar Big Town di via Bologna

Arrestato per spaccio un giovane

Un giovane di origini straniere è stato arrestato dalla Polizia di Stato nella notte del 15 maggio per il reato di detenzione ai fini di spaccio della sostanza stupefacente

La Corte d’Assise del tribunale di Ferrara – presidente Piera Tassoni con a latere la giudice Alessandra Martinelli – ha condannato a 14 anni di carcere (due dei quali già scontati, ndr) Sara Corcione, la 40enne che – a fine luglio 2022 – aveva ucciso sua madre, la 64enne Sonia Diolaiti, avvelenandola col nitrito di sodio diluito nel tè, nel suo appartamento di via Ortigara.

La decisione è arrivata nel pomeriggio di oggi (giovedì 24 ottobre) in tribunale a Ferrara, dopo circa due ore di camera di consiglio, davanti alla stessa imputata che, in lacrime, ha ascoltato la discussione delle parti.

La sentenza ha riconosciuto la semi-infermità mentale dell’imputata e la pericolosità sociale, motivo per cui – una volta finito di scontare la pena in carcere – Corcione sarà trasferita in una Rems, una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza, dove dovrà restare per un periodo di tempo non inferiore ai tre anni. Esclusa, inoltre, l’aggravante della premeditazione.

Il fatto risale al 27 luglio 2022, ma il corpo senza vita della donna fu scoperto solamente qualche giorno più tardi, nella serata del 29 luglio, quando vennero allertati i carabinieri. Ad avvertirli furono un’amica della vittima, la signora Patrizia Benatti, e sua figlia che, qualche giorno più tardi, insieme a Diolaiti, sarebbero dovute partire per una vacanza di quindici giorni a Pantelleria, dove la 64enne aveva una casa. Insospettite però dal fatto che la donna non rispondeva più al telefono, dopo dopo essere andate a suonare al campanello dell’abitazione di via Ortigara senza esito e aver parlato con Sara Corcione, che abitava al piano superiore dello stesso palazzo e aveva dato loro giustificazioni non plausibili sul silenzio della madre, decisero di rivolgersi al 112. Una volta entrati nell’appartamento con l’aiuto dei vigili del fuoco, i carabinieri trovarono il corpo senza vita di Diolaiti nel corridoio, seduto a terra e con la schiena appoggiata allo stipite di una porta.

Durante il sopralluogo, i militari del Nucleo Investigativo dell’Arma trovarono due confezioni da mezzo chilo ciascuna di nitrito di sodio, sostanza diluita in una tazza di tè con effetti letali, oltre che una maschera full-face e dei filtri antiparticolato, molto probabilmente acquistato per evitare di restare intossicata durante la preparazione del mix letale con cui uccise la madre. Ma soprattutto dell’acido arsenico, che – stando a quanto emerso nel corso delle udienze – non avrebbe però utilizzato. Tutti acquistati con la carta di credito della vittima sui siti di e-commerce Alibaba ed eBay tra i mesi di luglio 2021 e aprile 2022. Furono anche analizzati i tabulati telefonici, da cui risultò che nella serata del 27 luglio ci furono due chiamate di Diolaiti a Corcione. La prima alle 23.49 da 26 secondi, la seconda alle 23.53 da 144 secondi. Furono le ultime telefonate della donna morente. Non sentendo la terza, la figlia capì che il suo piano aveva funzionato.

In mattinata, per la 40enne, nella sua requisitoria in aula, la pm Ombretta Volta della Procura di Ferrara aveva inizialmente chiesto 21 anni di pena, ripercorrendo le tappe della vicenda. Una vicenda – aveva sottolineato il pubblico ministero – caratterizzata da “una situazione famigliare di sofferenza e fragilità, con una serie di problematiche che non sono state sufficientemente arginate” dove “il rapporto estremamente conflittuale con la madre, a seguito della morte dei nonni e del papà, per lei tre figure di riferimento, ha portato Corcione a un ricorrente pensiero di morte“.

È in quella circostanza che – secondo l’accusa – la donna aveva iniziato a pianificare l’omicidio. “Nel 2021 Corcione comincia a navigare in rete, dove si imbatte in episodi di cronaca in cui viene narrato l’avvelenamento dei genitori da parte dei figli tramite l’uso di sostanze. Inizia così a lavorare alla ricerca di un mezzo per cagionare la morte della madre. Acquista su Internet il veleno e la maschera antigas e inizia a pensare come poter fare, decidendo poi di approfittare di un periodo di vacanza della donna, per attuare il piano”.

La pm si era poi soffermata quindi sulla confessione che Corcione aveva reso agli inquirenti. Una confessione “spontanea e genuina, in cui i fatti così come da lei descritti, oltre a corrispondere pienamente alla realtà, trovano riscontro dalle udienze del processo in cui vengono sentiti gli operatori di polizia giudiziaria intervenuti e i testimoni”. “Elementi di discrepanza tra quanto è stato ricostruito in aula – aveva aggiunto, a tal proposito, la dottoressa Volta – e quanto Corcione dice dopo l’omicidio non ci sono. Le due versioni si sovrappongono perfettamente“.

Quanto alla capacità di intendere e di volere al momento del fatto, nel sottolineare che l’imputata è affetta da un “disturbo misto della personalità schizoide-paranoide“, la Procura aveva fatto sapere di non ritenere grandemente scemata la capacità di intendere e di volere della donna, a differenza di quanto sostenuto, invece, dalla difesa e dalla Corte d’Assise.

C’è sì una vittima che è la madre – dicono i legali difensori, gli avvocati Antonio Cappuccio e Tiziana Zambelli, fuori dall’aula – ma c’è anche un’altra vittima, a cui è stata negata la vita sin dall’inizio, che è Sara, disconosciuta come figlia. Pensiamo non ci sia niente di più bello di avere l’amore di una madre che invece lei non ha avuto. Anzi, è stata allontanata da casa senza essere stata veramente mai assistita dal punto di vista medico e affettivo. Sara era malata di mente e non si è voluto riconoscere sin dall’inizio che era bisognosa di cure terapeutiche adeguate che, forse, non avrebbero determinato quello che poi è successo. Se fosse stata seguita, probabilmente, oggi non saremmo stati qui”.

“Sara – concludono i due – aveva un pensiero ossessivo a cui non ha potuto frapporre la sua buona volontà, che era deficitaria. Da sempre ha pensato alla morte. Per sé stessa e per gli altri. Basti pensare che frequentava fino dall’infanzia i cimiteri. Non aveva le capacità per interrompere quell’ossessione. Per lei non c’era altro. Non riusciva a fare un progetto di vita, non ne aveva le risorse. Tutta la sua vita si è costruita su un substrato di psicopatologie di una persona malata che la famiglia ha lasciato a sé stessa”.

Corcione, a cui sono state riconosciute le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti dell’omicidio commesso ai danni di una persona con cui aveva un legame famigliare e con l’uso di un mezzo venefico (il veleno, ndr), dovrà anche versare 5.000 euro per ogni parte civile costituita, vale a dire i suoi zii, i fratelli di Sonia Diolaiti. Ad assisterli gli avvocati Silvia Galeone e Fabio Anselmo, con quest’ultimo che, dopo la lettura del dispositivo, non ha voluto rilasciare dichiarazioni, limitandosi a definire quanto accaduto come una “vicenda tristissima”.

Le motivazioni della sentenza sono attese entro novanta giorni.

 

 

 

 

 

 

Grazie per aver letto questo articolo...
Da 18 anni Estense.com offre una informazione indipendente ai suoi lettori e non ha mai accettato fondi pubblici per non pesare nemmeno un centesimo sulle spalle della collettività. Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati non sempre è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge e, speriamo, ci apprezza di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di ferraresi che ci leggono ogni giorno, può diventare fondamentale.

 

OPPURE se preferisci non usare PayPal ma un normale bonifico bancario (anche periodico) puoi intestarlo a:

Scoop Media Edit
IBAN: IT06D0538713004000000035119 (Banca BPER)
Causale: Donazione per Estense.com