Economia e Lavoro
15 Ottobre 2024
Il consiglio comunale approva l’odg per chiedere un tavolo ministeriale. Garanzie da Regione e Governo

Crisi Berco. Copparo non è sola

di Marco Zavagli | 6 min

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Copparo. Tutto il consiglio comunale di Copparo, la giunta, rappresentanti di Regione e Governo sono concordi su una cosa: l’apertura del tavolo ministeriale per la vertenza Berco è l’unica speranza per salvarsi dal baratro.

Il consiglio comunale straordinario, convocato dopo la notizia della volontà dell’azienda di tagliare 550 posti di lavoro tra lo stabilimento principale e quello di Castelfranco Veneto, ha approvato all’unanimità l’ordine del giorno di sostegno alle lavoratrici e ai lavoratori.

Il documento impegna l’amministrazione comunale a coinvolgere gli enti locali superiori – dalla Provincia alla Regione – fino al ministero per il Made in Italy e chiede che nelle more della vertenza siano impiegati tutti gli ammortizzatori sociali disponibili.

Ammortizzatori che da anni stanno già fiaccando i dipendenti. Prima la cassa integrazione, poi la solidarietà. Lo sa bene Igor Bergamini della Fiom, riconoscente del fatto che “30 anni in Berco mi hanno permesso di fare una vita agiata”. Ma negli anni “Berco continua a dare mazzate a questo territorio e alle persone che ci lavorano”. Il sindacalista, invitato a parlare assieme ai suoi colleghi dal sindaco Fabrizio Pagnoni, ricorda che lo stabilimento copparese contava tremila persone, mentre “oggi siamo meno di 1400”.

E chi è rimasto sta vivendo “un momento drammatico”, dal momento che il 4 ottobre il management ha comunicato di “voler tagliare il 50% della forza lavoro e, a chi rimane, azzerare la contrattazione di secondo livello”.

“E’ folle – scuote la testa Bergamini – che le multinazionali possano trasferire a piacimento la produzione in India o in Cina. La politica deve intervenire”. Lo sguardo va verso il senatore di FdI Alberto Balboni e l’assessore regionale al bilancio Paolo Calvano. Seduti in prima fila.

“Sentiamo parlare da anni di aumento dell’energia e del costo della manodopera- interviene – Roberto Girotto della Fim –. Noi abbiamo già pagato tanto in termini economici e occupazionali. L’azienda ci dia garanzie per il futuro, perché questo stabilimento deve avere un futuro”.

Antonio Barile della Uilm mette in guardia: “oggi parlare di catastrofe è dire poco; una azienda di un certo livello, senza numeri, non gira”.

Ospite dell’assise il sindaco di Castelfranco Veneto Stefano Marcon. Gli esuberi previsti per lo stabilimento trevigiano sono 70. E lui lo ha saputo dai giornali: “a me non è stato nemmeno concesso il garbo istituzionali di riservarmi una comunicazione in merito. Da noi, come da voi, Berco è un punto di riferimento per la città da più di cent’anni”.

Quello che Marcon è venuto a dire in terra emiliana è che “Copparo e Castelfranco Veneto saranno fianco a fianco per battersi contro un’ingiustizia che trova la propria giustificazione solo in motivi economici. Troverete in noi un partner affidabile e ‘cazzuto’ per portare a termine favorevolmente questa vertenza”.

Anche dai rappresentanti locali di Regione e Governo arriva l’assicurazione che Copparo non sarà sola. Calvano parte dall’ex Tollok (presenti in sala alcuni operai in segno di solidarietà ai colleghi) per dire che “è un esempio di come non si deve fare impresa, di come non possono essere trattate le persone, licenziate dalla sera alla mattina con una pec. Altrettanto complicata è la situazione della Berco, che va ben oltre i confini di Copparo. È un problema di cui tutti devono sentire il peso sulle spalle”.

Il ricordo di Calvano va a “quel drammatico 2013”. Allora l’azienda annunciò 611 esuberi. Dopo tre anni di accompagnamenti alla pensione e uscite volontarie lo stillicidio si arrestò a 300. “Oggi dobbiamo essere pronti a fare la stessa cosa. Ma non con l’obiettivo di minimizzare gli effetti di una eventuale ristrutturazione, ma capire qual è il futuro di Berco”.

E qui è “indispensabile” sedersi attorno a un tavolo ministeriale, il piano più alto per una contrattazione: “serve compatibilità industriale ma anche compatibilità sociale. I due aspetti devono stare assieme, soprattutto in un territorio fragile come quello ferrarese. Diciamo no a decisioni unilaterali. I lavoratori non sono merce. Non esiste che se non ci sono costi sostenibili li facciano pagare ai lavoratori. Su questo la Regione sarà ferma”.

Da Balboni arriva più che una assicurazione: “sul tavolo del ministro Urso è già aperto, in attesa della richiesta dei sindacati, un fascicolo informale sul tema. C’è l’assoluta garanzia da parte del governo che verrà convocato un tavolo nazionale”.

Per il senatore “il problema non può essere ridotto a una logica di profitto. Perdere il lavoro significa perdere i diritti, che invece devono essere garantiti. Il tema di oggi è un tema antico, di come si pongono le multinazionali sul nostro territorio”.

Tocca poi ai consiglieri, rappresentanti dei cittadini, dare voce in sede di intenzioni di voto, al popolo della Berco. A partire da Enrico Bassi, capogruppo del Pd, che fa presente come l’azienda nelle stagioni passate abbia “goduto di un largo sostegno pubblico, impiegando ammortizzatori sociali e altri strumenti che hanno accompagnato le riorganizzazioni, non senza sacrifici che sono sempre e solo per ricaduti sulle spalle di operai e impiegati”.

E oggi “i lavoratori in primis, la nostra comunità e i territori a noi vicini non possono assorbire l’impatto di 480 posti di lavoro in meno e della cancellazione del contratto integrativo aziendale. Con questi numeri si mette in discussione l’intera tenuta sociale ed economica del nostro territorio. Nessuno può sentirsi escluso o al riparo da conseguenze, nessuno può dirsi veramente al sicuro. Non sono in gioco solo 480 posti di lavoro, è in gioco il futuro di Copparo”.

Il pubblico applaude. In aula ci sono rappresentanti istituzionali di altri enti locali, come Alessandro Balboni e Matteo Fornasini, vicesindaco e assessore a Ferrara, o Marcella Zappaterra e Fabio Bergamini, consiglieri regionali.

E ci sono i lavoratori e le lavoratrici. I loro volti hanno dieci anni in più rispetto all’ultima grande battaglia. Alcuni hanno lo sguardo fiaccato dalla lunga marcia dello sciopero del 2013. Ma in quella sala si parla della loro vita e di quella delle loro famiglie.

Perché Berco a Copparo non è solo una fabbrica. Una volta la sirena di entrata e uscita dal lavoro scandiva i tempi della vita quotidiana, come e più della campana della chiesa dei Santi Pietro e Paolo. Lo sa Angela Cenacchi (Pd) e per questo “quello che sta succedendo è un colpo al cuore per tutti. Berco è nel nostro dna, da noi si dice al femminile, è una mamma. La Berco è diventata grande grazie a migliaia di operaie e di operai che hanno dato il sangue a questa azienda”.

Della compattezza che mostra l’assise si dice “orgoglioso” Critiano Massari, capogruppo di Fratelli d’Italia, che apprezza questo “fronte compatto che raccoglie tutto il consiglio comunale, tutta la giunta, tutto il territorio”.

Ma Berco da mamma ora è diventata una matrigna, che prospetta al paese “uno scenario angosciante e sconvolgente” sostiene Monia Rubi di Uniti per Copparo, che rivolge, più che una speranza, una preghiera: “Berco è il simbolo di Copparo e non può morire”.

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