Cronaca
5 Ottobre 2024
Ieri (4 ottobre) spazio alle arringhe difensive degli avvocati di quattordici dei trentotto imputati che hanno scelto l'abbreviato. Le difese di Barca, Caselli e Franchi parleranno il 25 ottobre

Motorizzazione. Le difese: “Non c’è corruzione, vanno assolti”

di Davide Soattin | 3 min

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Spazio alle arringhe difensive ieri (venerdì 4 ottobre) durante l’udienza preliminare dell’inchiesta per il presunto giro di mazzette all’interno della motorizzazione civile di via Canapa, scoperchiato – nell’ottobre 2020 – dalla maxi operazione Ghost Inspections che, dietro il coordinamento della Procura di Ferrara, fu eseguita dagli uomini della Guardia di Finanza e della Polizia Stradale.

A parlare in aula è toccato agli avvocati difensori di sedici imputati, sui trentotto complessivi che hanno scelto di essere processati con rito abbreviato.

Per quattordici è stata chiesta l’assoluzione, dal momento che – secondo le linee difensive – non sarebbe stata provata la corruzione soprattutto nei casi in cui non c’era chiarezza su chi fosse il reale proprietario del veicolo, mentre per due – che già avevano ammesso di aver pagato mazzette – è stata chiesta una pena inferiore rispetto a quella formulata precedentemente dal pm Andrea Maggioni.

Il processo tornerà in aula il 14 ottobre con le difese di altri imputati e poi il 25 ottobre, quando parleranno gli avvocati difensori dei tre presunti ‘burattinai’ della vicenda, vale a dire Cesare Franchi, ingegnere della Motorizzazione Civile, il collega Edoardo Caselli e Alessandro Barca, titolare della ‘All Service Srl’ che avrebbe fatto da intermediario tra le società di autotrasporto e i due funzionari dell’ente di via Canapa.

Per il primo, sempre in abbreviato, la Procura aveva chiesto la condanna a 8 anni, per il secondo a 5 anni e per il terzo a 4 anni e 6 mesi.

Per i restanti trentacinque, tolta la posizione di due per cui era stato chiesto il non luogo a procedere, il pm aveva invece formulato ipotesi di pena tra i 3 anni e 8 mesi e 1 anno e 4 mesi.

Secondo l’impianto accusatorio, Franchi e Caselli avrebbero preso mazzette per attestare false revisioni di mezzi pesanti e, secondo l’impianto accusatorio, sarebbero i ‘burattinai’ di un sistema che aveva le proprie basi a Ferrara, anche se tutto sarebbe nato nel pieno dell’emergenza Covid col controllo di un camion da parte della Polizia Stradale in provincia di Ravenna a cui era seguito, poco dopo, lo strano caso di un camionista che si era fermato per la nottata trovando, il mattino dopo, il mezzo “magicamente” revisionato.

Durante le indagini, trentacinque tra gli indagati poi, approfittando del beneficio dello sconto di pena per chi collabora nelle indagini su delitti contro la pubblica amministrazione, avevano preferito parlare e da lì era iniziata la reazione a catena che aveva portato a indagare oltre duecento persone in totale. Alcune erano semplici prestanome oppure erano all’oscuro di quanto compiuto da un intermediario e, dopo le opportune verifiche da parte degli inquirenti, erano stati scagionati.

Nel corso dell’inchiesta erano state sequestrate anche 358 carte di circolazione, molte restituite dopo l’esecuzione delle revisioni, mentre un centinaio erano entrate nel fascicolo del sostituto procuratore, e per 168 veicoli era stata effettuata una revisione straordinaria come accertamento tecnico irripetibile.

 

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