Eventi e cultura
28 Settembre 2024
Una storia di amore e donne ambientata nel primo Novecento di lotte nel Ferrarese: tantissima gente alla presentazione del romanzo dell’ex ministro nella loggia della Palazzina Marfisa d’Este

“Acqua e Tera”, Dario Franceschini e una storia di Ferrara tutta al femminile

di Redazione | 4 min

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di Nicolò Govoni

È stata presentata a Palazzina Marfisa d’Este l’ultima fatica letteraria di Dario Franceschini: “Acqua e tera” è il titolo del romanzo edito da La nave di Teseo, “una storia di lotta, di antifascismo, di amore e di diversità”, come scrive Viola Ardone. A parlarne con l’autore Annalena Benini, Daria Bignardi e Anna Quarzi, insieme a Diego Marani.

Già dal titolo si respira l’aria di ‘ferraresità’ che contraddistingue il racconto, che però è anche una grande storia di donne. “Si tratta di un romanzo emozionante e pieno di grazia, mi sono emozionata a ripercorrere questi luoghi”, afferma Daria Bignardi. “La ricostruzione storica e politica è precisa, calata in una narrazione bella e drammatica che non tralascia il senso dell’umorismo con le sue tonalità dialettali”. Sulla stessa linea Annalena Benini: “Si respira tutta la ferraresità di un romanzo profondamente femminista: i personaggi positivi stanno dalla parte delle donne, che sono sagge e comprendono il mondo. È un romanzo delle donne: a loro è restituita la dignità che in quegli anni non è mai stata raccontata”. E così Anna Quarzi: “Una bellissima storia di donne che hanno i propri obiettivi e lottano per essi. Ritroviamo donne straordinarie, come Alda Costa e Renata Viganò, e donne semplici; e, da storica, anche i fatti sono stati documentati da un grosso lavoro di ricerca: c’è tutto, dall’inizio del Novecento, dalle prime lotte nella campagna ferrarese. E ci sono anche momenti familiari, scanditi dalle battute in dialetto”.

La memoria dei personaggi che hanno fatto la storia di questi luoghi è ancora viva. “Già nei romanzi di Bassani”, afferma Benini, “la memoria è viva. E questo racconto, con le sue scene cinematografiche, può fare un cammino simile ai Finzi-Contini: con il tocco magico della letteratura riusciamo a visualizzare la narrazione, che supera la pagina scritta”. E, secondo Anna Quarzi, “Oggi manca un po’, soprattutto nei giovani, il racconto familiare di una volta: la conoscenza del passato e dei suoi personaggi, però, aiuta a riappropriarsi delle proprie radici e del territorio”.

Perché la scelta del dialetto? Risponde l’autore. “Era inevitabile: i contadini dell’epoca non parlavano l’italiano. Ho dovuto ‘italianizzare’ il ferrarese, in modo che fosse comprensibile ai più. Ma il dialetto è nell’anima della gente, e anche così ho voluto restituire la memoria di luoghi e persone ferraresi veri. Ci sono i nomi di protagonisti della storia d’Italia, come don Minzoni, Matteotti e Balbo; ma anche figure meno note, ma con nomi e cognomi veri di questa terra, in anni di violenza ed episodi oggi dimenticati. È un dovere ricordarli”.

Si ritrova nelle righe del romanzo l’eterna contrapposizione tra città e campagna. “Le mura sono una cesura”, spiega Anna Quarzi, “soprattutto nel periodo storico di cui si parla: i grandi proprietari vivono in città, le lotte sono nella campagna. La presa di potere del fascismo in città e il fascismo nelle campagne erano due cose diverse”. Annalena Benini, invece, analizza il tema dal punto di vista letterario: “Lucia scopre la città e dalle finestre di Corso Giovecca vede le sue luci e il giardino della Marfisa: e la sua collega domestica, più sofisticata, le mostra l’acqua corrente per lavare le lenzuola, quando lei pensava invece di andare al fiume. Sono grandi scene del racconto. La campagna è invece il luogo della libertà, dove queste due ragazze passano i momenti più belli della loro vita”. E poi, “Lucia si stupisce che ci siano i negozi vicino a casa in città”, aggiunge Daria Bignardi. “E anche la ferraresità ha a che fare con questa divisione, ancora oggi. E ciò può relazionarsi a un passato di enormi differenze e sofferenze, che hanno lasciato segni di cui non si è parlato abbastanza. Questo è un merito di “Acqua e tera”, un titolo bellissimo, che rievoca la meravigliosa campagna ferarrese e il delta: la terra e l’acqua della nostra provincia sono uniche al mondo”.

La parola passa poi a Franceschini: “In città abbiamo questo orgoglio rinascimentale che ci ha fatto dimenticare cosa abbiamo intorno: le decine di migliaia di ettari bonificati con vanga e carriola. È una delle campagne più belle del mondo, fatte di miseria, fatiche e dolori”.

Infine, la storia del libro: si racconta dell’amore tra due ragazze. Continua l’autore: “Le donne hanno un misto di saggezza e forza interiore superiore agli uomini. Nel corso della storia i modelli sociali hanno imposto a migliaia di persone di vivere una vita diversa da quella che volevano: dobbiamo avere rispetto per quelli che hanno sofferto vicino a noi senza che ce ne accorgessimo”.

“Non so da dove mi sia venuta l’idea di questo racconto. Volevo scrivere una storia ambientata in quel periodo storico, e sono incappato in alcune letture che mi hanno fatto riflettere: a inizio Novecento sono documentate storie tra donne di alto rango, che potevano essere diverse; ma la figlia di un bracciante, quale vita ha vissuto, costretta dall’imposizione delle regole? E alla fine mi è piaciuta l’idea di raccontare questa storia”.

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