Servirà una super perizia per dipanare i dubbi attorno all’omicidio di Pier Paolo Minguzzi. La Corte d’assise d’appello di Bologna ha deciso di conferire l’incarico per una nuova perizia fonica sulla voce del telefonista che, a suo tempo, ai familiari del carabiniere chiese 300 milioni di lire per la liberazione di Pier Paolo Minguzzi, studente universitario 21enne di Alfonsine e carabiniere di leva a Bosco Mesola.
Minguzzi venne rapito e ucciso nella notte tra il 20 e il 21 aprile 1987 mentre rincasava dopo avere riaccompagnato la fidanzata. Secondo l’accusa a compiere il crimine sarebbero stati due ex carabinieri della stazione di Alfonsine, Orazio Tasca, 59enne originario di Gela (Caltanissetta) oggi residente a Pavia, e Angelo Del Dotto, 60enne di Palmiano (Ascoli Piceno), e l’idraulico 68enne Alfredo Tarroni.
La ricostruzione della procura (che in primo grado aveva chiesto l’ergastolo) vuole i tre gli imputati aver prima rapito Minguzzi per poi gettarlo nel Po di Volano, zavorrato a una grata. Il corpo del giovane venne ritrovato il 1° maggio 1987 in località Ca’ Rossa a Codigoro.
La corte di assise di Ravenna aveva assolto gli imputati con formula piena “per non aver commesso il fatto”. Ora la corte di secondo grado si affida a due esperti dell’università di Milano e di Catania. A loro i giudici proporranno un quesito nel corso dell’udienza fissata per il 17 ottobre.
Nel corso del giudizio di primo grado il consulente della procura aveva ravvisato una forte corrispondenza tra la voce del telefonista e quella di Tasca. Ma il perito del tribunale aveva concluso che si trattasse di due voci diverse.
Come parti civili ci sono la madre di Minguzzi, Rosanna Liverani, 91 anni, e i fratelli di Pier Paolo, Giancarlo e Anna Maria.
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