Cronaca
12 Settembre 2024
Pubblicate le 32 pagine di motivazioni con cui il collegio del tribunale di Ferrara ha assolto l'ex presidente della Provincia dall'accusa di corruzione e Lorenza Benati, moglie dell'imprenditore Parid Cara, accusata di favoreggiamento

Assoluzione Paron. Nessuna traccia di tangenti pagate

di Davide Soattin | 5 min

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Vigarano. L’inattendibilità delle dichiarazioni del suo ex compagno, la testimonianza a processo di Parid Cara e la scritta “Dolce x Paron” sul quadernone. Questi i tre punti principali con cui il collegio del tribunale di Ferrara – presidente Piera Tassoni, a latere i giudici Marco Peraro e Carlotta Franceschetti – ha motivato la decisione di assolvere Barbara Paron, ex sindaco di Vigarano Mainarda e presidente della Provincia di Ferrara, inizialmente accusata di corruzione perché – secondo la Procura di Ferrara, che aveva chiesto la condanna a sei anni aveva intascato una tangente tra i 5 e i 10mila euro da parte dell’imprenditore Parid Cara per evitare che la sua impresa, che aveva in gestione l’impianto di biogas di Ca’ Bianchina, pagasse il rifacimento di via Frattina.

Secondo la ricostruzione avanzata dal pm Ciro Alberto Savino, che poggiava anche – e soprattutto – sull’esposto che presentò Daniele Cesari, l’ex compagno di Paron che si era detto testimone oculare della consegna di una busta contenente soldi dall’imprenditore all’ex prima cittadina, verso fine maggio 2016 Paron si era fatta pagare una tangente concedendo all’impresa di posticipare i lavori di manutenzione sia ordinaria che straordinaria della via di accesso all’impianto. Lavori che erano una condizione per l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto.

Oggi però, a distanza di quattro mesi da quella sentenza, quanto raccontato da Cesari, già condannato per stalking nei confronti dell’ex prima cittadina, per i giudici è risultato essere non attendibile. “Nel periodo in cui sarebbe avvenuta la consegna del denaro da parte di Parida Cara, Paron – si legge, infatti – aveva interrotto la relazione affettiva e la convivenza (con Cesari) per contrasti. Appare quindi scarsamente plausibile ch’ella si sia fatta consegnare la busta col denaro alla sua presenza, con il rischio che quest’ultimo utilizzasse contro di lei questa circostanza”.

A ulteriore conferma di questo aspetto – prosegue il giudice estensore Marco Peraro – “suscita perplessità anche l’affermazione (di Cesari) di essere riuscito a determinare il contenuto della busta nonché l’ammontare della somma in essa contenuta dando alla stessa una rapida occhiata da lontano allorché Paron l’aveva aperta, riuscendo così a stimare l’importo della mazzetta in base al suo spessore”.

L’ex compagno di Paron, inoltre, durante la sua deposizione, fanno notare i giudici nelle trentadue pagine di motivazioni, “non ha fornito una valida spiegazione delle ragioni per cui si sia risolto a presentare denuncia a notevole distanza temporale dagli eventi, specificando poi come la sua denuncia fosse stata sporta non perché egli avesse contezza di un fatto illecito, ma solo perché aveva reputato opportuno mettere a conoscenza degli inquirenti un fatto a suo avviso sospetto“.

A ciò – come si diceva in precedenza – si va ad aggiungere la testimonianza resa in aula da Parid Cara, altro “elemento – scrivono i giudici – che va valutato in favore” di Paron. L’imprenditore, che – a sua volta – era stato imputato nella vicenda, chiudendo la propria posizione con un patteggiamento a un anno e nove mesi e il versamento di 90.000 euro in favore del Comune di Vigarano Mainarda, durante la propria deposizione a processo, aveva “ammesso di aver incontrato” l’ex sindaca a fine maggio 2016, negando però di averle consegnato una somma di denaro.

A tal proposito – viene evidenziato nelle motivazioni – “non vi sono elementi che consentono di affermare con certezza che abbia reso una falsa testimonianza“, tant’è che “anche nel corso delle indagini”, Cara “aveva sempre negato ogni addebito“. A ciò si aggiunge anche il messaggio Whatsapp a lui inviato da Paron che – rispetto all’indagine in corso – si dichiara “tranquilla” e “dispiaciuta per l’erroneo coinvolgimento” dell’imprenditore nella vicenda, “iniziata – dice il collegio del tribunale – a seguito della volontà dell’ex compagno Daniele Cesari di stalkerizzarla“.

Un’assoluzione era arrivata anche per Lorenza Benati, moglie di Parid Cara, inizialmente accusata di favoreggiamento, perché – stando a quanto ricostruito dagli inquirenti – sarebbe appartenuta alla sua mano la scritta – datata lunedì 4 aprile 2010 – che riportava “dolce x Paron x €5 x. …trovare una soluzione – no speculazione elettorale”, trovata nel quadernone nero che – il 14 gennaio 2020 – gli uomini della guardia di finanza avevano sequestrato all’interno dell’ufficio di suo marito.

Se quella frase per la Procura era la principale prova dell’avvenuta corruzione , per il tribunale però “non costituisce un riferimento a una tangente pagata“.

In primo luogo, spiega il collegio del tribunale, per la “distanza temporale tra l’appunto (collocabile nel 2010 in ragione della data apposta sul quadernone) e quella del presunto pagamento, avvenuto oltre cinque anni dopo, secondo la stessa ipotesi accusatoria”. I giudici inoltre – riferendosi alla scritta nero su bianco – parlano di “anomalia” relativa al voler “lasciare una prova tangibile del pagamento di una tangente”. “Ci si aspetterebbe infatti – dicono – che chi si determina a pagare una tangente non stila un appunto indicante l’intenzione di pagare o la conferma di aver pagato una determinata somma di denaro o comunque si premura di distruggerlo per cancellare le tracce dell’illecito commesso“.

In ultimo – scrivono – “appare anomala anche la circostanza del contesto in cui la frase incriminata si trova collocata, ovvero all’interno di appunti apparentemente relativi ad altro argomento”. “Si evince – precisano i giudici – come si tratti di appunti relativi all’intervento di alcune persone che esprimono la loro opinione in merito alla realizzazione dell’impianto biogas ad opera della società Cà Bianchina. Quindi di appunti – concludono – presi in occasione di uno degli incontri che, come confermato dall’istruttoria dibattimentale, si sono svolti prima e dopo il rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto tra i politici e i comitati locali per dibattere sulla questione”.

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