di Domenico Bedin*
Accompagnando un mio ospite al Serd ricevo un messaggio sconfortante da un operatore molto qualificato: “C’è un crescendo spaventoso di segnalazioni di casi di dipendenza da alcool e di altri tipi di droghe”.
È importante che si sia aperto un dibattito serio su questo aspetto della vita della nostra città.
L’operatrice del Serd Tonioli ci ha aiutato a capire le dinamiche psicofisiche che sottostanno alla assunzione delle sostanze che “fanno star bene”. Lo ha chiamato il “circuito della ricompensa”. Si sta bene perché brilli o perché fatti o comunque alterati…. e per chi è più fragile il meccanismo diventa vera schiavitù e tragica dipendenza: non si assumono più sostanze per star bene, ma, per star bene, (sopravvivere) si è costretti ad assumere sostanze!
L’impegno di una vita da educatore, con la tonaca o senza, è consistito nel far star bene, far crescere con il piacere del gioco, della riflessione, dell’amicizia, del sacrificio, della fede-fiducia, della generosità e infine della libertà dai legami di dipendenza i ragazzi che ho incontrato.
La stessa cosa sul versante del recupero di tanti che sono caduti in queste trappole: Il ridare speranza, il ritrovare delle regole di vita sia personale che comunitarie, la scoperta del lavoro e della fatica che producono autostima e piacere di realizzare qualcosa di tuo, il riprendere legami parentali e amicali perduti….
Negli ultimi 20 anni si è pure capito che le sostanze scavano ‘buchi’ cerebrali definitivi non più recuperabili che fanno intrecciare percorsi di droga e danni psichiatrici. Un numero sempre maggiore di giovani e adulti restano in questa gabbia senza uscita.
Per molto tempo inoltre si è ridotta la prevenzione alla mera informazione circa le caratteristiche delle sostanze e le conseguenze della loro assunzione.
È stato uno sforzo giusto ma non è vero che chi sa automaticamente si salva. Inoltre dalla metà degli anni ’90, constatando le ricadute di moltissimi che avevano tentato attraverso le comunità di liberarsi dalla droga, si è sviluppata la pratica della “riduzione del danno”: “Per te non c’è speranza di recupero ma almeno attraverso sostanze alternative e controllate ti permettiamo di vivere una vita sufficientemente dignitosa”.
Se da una parte qualcosa si è ottenuto, dall’altra si è insinuata una certa rassegnazione circa la possibilità di rinascita. Per questo forse oggi si investe troppo poco su questo versante. Perché non potenziare i gruppi di autoaiuto e le altre storiche associazioni che ci lavorano? Anche l’obbligo di curarsi e di compiere percorsi di terapia spesso sono aleatori: “Se non ti presenti tu noi non ti veniamo a cercare”!
Un ultimo aspetto mi preoccupa. Non vedo, soprattutto tra alcune persone che nella città hanno responsabilità amministrativa e più in generale sono più in vista, opinions leaders, una tensione e un comportamento sobrio.
Spesso ripresi dai media con bottiglie e bicchieri con alcoolici, con atteggiamenti sopra le righe, in manifestazioni quasi sempre abbondantemente irrorate da fiumi di birra… È assai difficile credere alla sincerità della lotta al degrado dovuto allo spaccio se poi si è così inclini a scendere a compromessi con questo stile di vita.
Auspico che tutti i segmenti della lotta allo sballo che vanno dalla prevenzione, agli esempi positivi, all’informazione, al recupero, alla terapia farmacologica e psicologica, alla lotta allo spaccio e alla cura educativa ci veda tutti più uniti e…sobri.
*Presidente associazione Viale K
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