di Manuela Claysset*
Sono in pieno svolgimento le Olimpiadi di Parigi 2024, che finalmente danno visibilità a tante discipline sportive che solo in queste occasioni abbiamo l’opportunità di vedere e conoscere con un susseguirsi di risultati, medaglie, storie; Olimpiadi che per la prima volta registrano la presenza con parità di genere tra atlete e atleti. Un risultato davvero importante che arriva alla 33° edizione, anche se non possiamo dimenticare che nello sport, fuori da questi grandi eventi, sono ancora tante le diseguaglianze di genere, a partire dalla ancora scarsa presenza delle donne nelle sedi decisionali, tra le figure tecniche, ancora lontani dal riconoscimento economico paritario in premi e compensi. Restano ancora discriminazione, utilizzo di un linguaggio stereotipato e spesso sessista.
Proprio sul linguaggio e sulla cultura dello sport le Olimpiadi di Parigi ci stanno regalando alcune storie che occorre ricordare.
Dal titolo di un famoso quotidiano che nella notizia on line descrive le campionesse italiane vincitrici della medaglia d’oro indicandole come “le 4 regine :l’amica di Diletta Leotta, la francese, la psicologa, e la mamma”. Non era più corretto, rispettoso e doveroso semplicemente scrivere i loro nomi e cognomi? Per le atlete chissà perché si continua ad utilizzare un linguaggio, una modalità che rischia sempre di sminuire risultato. Senza dimenticare la vittoria di Benedetta Pilato, giovane nuotatrice 19 enne felice di essere arrivata quarta nella finale dei 100 metri rana, ad un centesimo da podio e che evidenzia un approccio davvero diverso di commentare e vivere il proprio risultato, sorprendendo la giornalista che la intervista e scatenando i commenti davvero poco gentili di una grande atleta come Elisa Di Francisca, commentatrice Rai e che non accetta che si possa essere contente di un quarto posto.
Ma lo sport deve essere anche questo, occorre valorizzare atlete che sono contente di un risultato anche se fuori dal podio, che stanno lavorando in modo diverso ed essere soddisfatte di un risultato straordinario, anche se non arriva la medaglia. Se vogliamo davvero promuovere uno sport attento alle persone occorre maggiore attenzione nell’informazione, per superare pregiudizi e stereotipi culturali.
Queste Olimpiadi rischiano di essere ricordate come quelle dell’informazione distorta ed errata, dove una certa parte politica cerca di intromettersi in modo davvero strumentale e poco opportuno. Un esempio di queste ore la vicenda della pugile algerina Imane Khelif, in molti organi di stampa indicata come persona trans, ovvero persona che ha fatto un percorso di cambio di genere, un uomo che combatte contro una donna, creando o fomentando reazioni omofobe. Imane Khelif è una donna nata con una variante delle caratteristiche di sesso, che può produrre maggiore testosterone nel corpo. È una persona iperandrogina, non una donna trans. Su di lei e sulla sua partecipazione alle Olimpiadi si è scatenato di tutto e sono alquanto imbarazzanti le affermazioni di molti rappresentanti di politica o di esperti dell’ultima ora. Imane può partecipare alle Olimpiadi, come ha fatto in altre edizioni come Tokyo 2020, dove ha gareggiato ed è stata battuta da altre atlete ed è interessante vedere i risultati sportivi non certo eclatanti ottenuti fin qui.
Ma la storia di Imane, come quella di altre atlete con caratteristiche simili – su tutte Caster Semenya – aprono a riflessioni più ampie e delicate, con storie di discriminazioni e sofferenze sconosciute alla maggior parte dell’opinione pubblica: per poter gareggiare e rientrare nei parametri “normalità” sono atlete costrette ad assumere farmaci, per abbassare il loro vantaggio per partecipare ad eventi sportivi. Così come occorre maggiore attenzione per superare
discriminazioni di genere che ancora persistono e farsì che possano partecipare le persone trans.
Le Olimpiadi di Parigi rispetto a Tokyo 2020 registrano un passo indietro sui diritti delle persone LGBTI +, le regole per la partecipazione delle persone trans e intrasex sono diventante molto più violente e restrittive. Storie ed esperienze che evidenziano quante nelle competizioni sportive siano le differenze tra le persone, anche nello stesso genere. Ovviamente quelle maggiormente controllate sono le atlete. Per uno sport davvero paritario dobbiamo parlare di diritti, di tutele e riconoscimenti equi per tutte le persone che gareggiano, superare quella cultura un po’ sessista che ancora caratterizza lo sport, ma occorre anche iniziare a pensare che le differenze vanno oltre la divisione di genere maschile/femminile, che ci sono vari livelli di definizione di genere, tante sono le caratteristiche delle persone e che prima o poi sarà necessario rivedere modalità e parametri delle competizioni sportive, a partire proprio dalle Olimpiadi.
*Donne Democratiche Ferrara
Grazie per aver letto questo articolo...
Da 18 anni
Estense.com offre una informazione indipendente ai suoi lettori e non ha mai accettato fondi pubblici per non pesare nemmeno un centesimo sulle spalle della collettività. Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati non sempre è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge e, speriamo, ci apprezza di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di ferraresi che ci leggono ogni giorno, può diventare fondamentale.
OPPURE se preferisci non usare PayPal ma un normale bonifico bancario (anche periodico) puoi intestarlo a:
Scoop Media Edit
IBAN: IT06D0538713004000000035119 (Banca BPER)
Causale: Donazione per Estense.com