Attualità
3 Agosto 2024
Il numero due della Confederazione italiana agricoltori di Ferrara auspica "un'azione sindacale forte" e si augura "che tutte realtà sindacali dell'agricoltura siano compatte"

Canapa Light. Piva (vicepresidente Cia): “Stiamo perdendo delle opportunità incredibili”

di Pietro Perelli | 3 min

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È una situazione sconfortante quella che descrive il vicepresidente di Cia Ferrara Massimo Piva parlando dell’emendamento sulla canapa light inserito nel disegno di legge Sicurezza che arriverà alla Camera in settembre dopo l’iter nelle commissioni Affari Costituzionali e Giustizia. “Stiamo perdendo delle opportunità incredibili rispetto al resto del mondo – dice ai nostri taccuini -, perché questo governo non riesce a capire che non è più la canapa di una volta e che ci sono varietà dove il Thc è praticamente inesistente”.

Piva in passato aveva aperto un’attività legata alla produzione di canapa sativa e ne parla come di “una produzione fantastica dal punto di vista agronomico” oltre a essere “veramente green“. Una pianta adatta ai nostri territori che “non è neanche paragonabile al consumo idrico o in termini di prodotti fitosanitari rispetto ai cereali che da noi va per la maggiore“. Insomma, una “grande sostenibilità agronomica e ambientale“.

Si parla di una coltura che “può essere sfruttata per rilanciare un settore che ne ha bisogno“. Piva non capisce “perché c’è questa avversione” da parte del governo e perché “non si riesca a capire la differenza tra la canapa light (sativa) e indica”. Quest’ultima è quella con un maggiore contenuto di Thc usata per ottenere la sostanza stupefacente. La prima, quella sativa, ha invece un basso contenuto di Thc e una maggiore presenza di Cbd che è il principio usato in diverse produzione come anche gli oli e dichiarato non parte delle sostanze psicoattive dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

“Non è solo demonizzata” dice Piva ma “fa arrabbiare” il non riuscire “a comprendere il motivo di questa decisione nonostante ci siano fior di esperti che spiegano come non faccia parte delle sostanze psicoattive”.

La paura è quella di essere rimasti “indietro” e aver “perso il treno” rispetto ad altri paesi che invece ne stanno sfruttando le potenzialità investendo anche sulla ricerca.

Così facendo uno dei rischi è quello legato a “lasciare spazio all’illegalità”. Non a caso uno studio pubblicato sull’European Economic Review e condotto da Vincenzo Carrieri, Leonardo Madio e Francesco Principe indica tra i 90 e i 170 milioni di euro la cifra sottratta alla criminalità organizzata dalla liberalizzazione della cannabis light.

Diversi Paesi, fa notare Piva, “hanno liberalizzato addirittura la cannabis indica”. Invece quello che chiedono in molti che hanno scelto una strada lavorativa che ha portato grandi investimenti è semplicemente “di coltivare la sativa”. E magari “avviare una sperimentazione per trovare nuove varietà con meno Thc e che si prestano alla produzione di cannabidiolo”. Tra l’altro Ferrara è stata storicamente produttrice di canapa tramite la varietà Carmagnola che però ha un’alta produzione di Thc che sfora la normativa europea che lo limita allo 0,3%. Altre varietà invece ne producono meno ma “non possiamo pensare di fare affidamento sulle varietà estere”. Questo anche perché l’alta produzione del principio attivo illegale oltre che dalla varietà sarebbe data anche dal clima che nel ferrarese e in Italia è propizio ad aumentare la concentrazione. Una ricerca specifica potrebbe trovare quindi soluzioni alternative oltre a dare slancio a una filiera con enormi potenzialità.

Oggi invece ci si trova davanti al “problema contingente che chi adesso sta producendo diventerà fuori legge. Cosa succederà a quelle coltivazioni che, pur rientrando nei limiti di concentrazione del thc, ora sono in campo?

Piva, concludendo, auspica “un’azione sindacale forte” e si augura “che tutte realtà sindacali dell’agricoltura siano compatte”.

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