Per la morte del 29enne Lorenzo Lodi, detenuto che il 1° settembre 2021 si suicidò in una cella del carcere di via Arginone, impiccandosi dopo aver costruito un marchingegno mortale con un lenzuolo e due manici di scopa, la Procura di Ferrara ha chiesto il processo per il 34enne Giuseppe Palermo, agente di polizia penitenziaria.
La richiesta del pm Andrea Maggioni arriva dopo l’imputazione coatta ordinata dal gip Danilo Russo a fine giugno che, contestualmente, aveva anche disposto l’archiviazione per il medico Giada Sibahi, oltre che per Patrizia Fogli e Annalisa Gadaleta, rispettivamente ispettrice e comandante della polizia penitenziaria di Ferrara.
Per l’agente Palermo però, che era in servizio di sorveglianza dalle 8 alle 16 nel giorno in cui Lodi si suicidò, la Procura oggi chiede il rinvio a giudizio con l’accusa di omicidio colposo.
Secondo gli inquirenti, il poliziotto avrebbe violato le disposizioni impartite dalla comandante Gadaleta che, con un’ordine di servizio, aveva ordinato accurati e ripetuti controlli non oltre venti minuti nei confronti di Lodi, già classificato ad alto rischio suicidario dalla dottoressa Sibahi, che aveva disposto grande sorveglianza fino alla rivalutazione.
Questo però, stando all’accusa, non sarebbe successo.
Per il pm Maggioni infatti, pur essendo al corrente dell’alto rischio che il detenuto potesse suicidarsi, l’agente – difeso dall’avvocato Alberto Bova – avrebbe contribuito a causare la morte del giovane, dal momento che non lo avrebbe vigilato dalle 11.31 alle 14.50, orario in cui il corpo del 29enne fu trovato senza vita, impiccato.
Lodi venne arrestato il 31 agosto dai carabinieri che lo avevano trovato in possesso di 2 kg di marijuana, più di un etto e mezzo di hashish, una pistola rubata (una Tanfoglio calibro 9) e munizioni, oltre a 16mila euro in contanti.
I militari intervennero nella sua abitazione perché la fidanzata e due amici avevano segnalato le sue intenzioni suicidarie, espresse tramite messaggi inviati dal cellulare. Una circostanza che, a quanto risulta, venne segnalata dagli operatori dell’Arma anche nel successivo verbale d’arresto. Il 29enne tornò nella sua abitazione, dove i militari e i vigili del fuoco lo cercavano, e fu lui stesso a consegnare la pistola che aveva in auto. Durante la perquisizione venne trovato il resto.
Lodi venne condotto nel carcere di via Arginone e, in attesa della convalida dell’arresto davanti al giudice, venne posto inizialmente sotto sorveglianza normale nella sezione Nuovi Giunti. Dopo un colloquio con la dottoressa Sibahi cambiarono le disposizioni perché aveva manifestato pensieri suicidari e la sorveglianza passò a ‘grande’ con un passaggio di controllo almeno ogni 20 minuti. Nel pomeriggio del 1° settembre Lodi venne trovato privo di vita: si era impiccato usando il lenzuolo presente nella sua cella, un lenzuolo che non avrebbe dovuto essere lì secondo le linee guida da applicare in questi casi.
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