Attualità
20 Luglio 2024
Nella giornata di venerdì 19 luglio si è osservato un minuto di silenzio per ricordare Paolo Borsellino, gli agenti della sua scorta e tutte le vittime della mafia. Rappresentanti delle istituzioni assenti

Strage via d’Amelio. Le Agende Rosse ferraresi: “Vogliamo verità”

di Redazione | 2 min

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di Elena Coatti

È il 19 luglio 1992, ore 16:58. Via d’Amelio, a Capaci. Una Fiat 126 esplode e uccide Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta. Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Uccisi da chi? Dalla mafia, certo. Lo sapeva, Paolo, chi lo avrebbe ucciso, ma sapeva anche che la mafia lo avrebbe ucciso quando altri lo avrebbero consentito. I nomi, di questi altri, sono ancora un’incognita dopo trentadue anni. La verità su chi e come, sulla trattativa stato-mafia, stava tutta nell’agenda rossa che il magistrato aveva sempre con sé e che sparì il giorno dell’esplosione.

L’associazione Agende Rosse di Ferrara “Emanuela Setti Carraro” anche quest’anno si è ritrovata sotto il Volto del Cavallo per commemorare le vittime di questo eccidio e per chiedere verità. Con un certo rammarico di chi si è fermato per osservare un minuto di silenzio, allo scoccare del 58esimo minuto, è stato constatare l’assenza di un rappresentante delle istituzioni, una figura pubblica, un consigliere. Nessuno. Tra i presenti, invece, gli organizzatori Paride Guidetti e Cristiana Previati che con rabbia e commozione ha dato voce agli ultimi pensieri di Paolo Borsellino.

“Borsellino che, avendo intuito il fango circostante – racconta Previati -, aveva ripetutamente chiesto di rendere, in tempi brevi, la sua testimonianza alla procura di Caltanissetta sulla morte di Falcone, ma ricevette solo un assurdo silenzio e ingiustificato immobilismo. Anzi, venne messa in atto una trattativa tra Stato e anti-Stato, negata per anni da giornali e tv attraverso una mirata campagna di disinformazione”.

Poi Cristiana Previati ricorda le bombe a Milano, Firenze e Roma. Le tante, troppe, persone morte. Tra le quali due bambine. E il 1992, il termine delle stragi dopo “una certa discesa in campo”. “Vent’anni di depistaggi, manomissioni, finti pentiti, ritardi di Stato, furti mirati – continua -. Solo dopo la sollevazione popolare il governo varò il decreto, prima dimenticato, Martelli-Scotti, che introdusse il 41bis per i mafiosi… Le tempistiche della politica scandite da fiotti di sangue e tritolo”.

“Dovremmo smettere di insegnare ai ragazzi solo a ‘commemorare’ – conclude -. Diviene automatismo senza sostanza e crea persone immobili. Occorre invece riabituarci ad allenare lo spirito critico, svelando l’importanza e la bellezza di ‘pensare con la propria testa’. Si potrà rinascere solo abbracciando la consapevolezza civica e civile, non lasciandosi cullare da menzogne tiepide, ma indossando le vesti, spesso lise e bucate, della verità. Scoprendo così che, contrariamente a ciò che si temeva, solo quelle saranno in grado di tenerci al caldo, tutti. A proposito, non c’entra, ma c’entra sempre: la mafia è una montagna di merda!”

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