Cronaca
27 Giugno 2024
Parla il 31enne di nazionalità bulgara a processo per violenze sessuali continuate e aggravate nei confronti di un minorenne: "Mai conosciuta la persona offesa, se non in chat o in video"

“L’ho adescato online, ma non ne ho mai abusato sessualmente”

di Davide Soattin | 4 min

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Ammette l’adescamento online e di essersi fatto inviare video pornografici dalla vittima, ma nega di averla incontrata personalmente. Respinge parzialmente le accuse nei suoi confronti B.M., il 31enne di nazionalità bulgara, finito a processo con l’accusa di violenze sessuali continuate e aggravate per una serie di fatti avvenuti nel Ferrarese tra gennaio e ottobre 2016 ai danni di un ragazzo che a quel tempo era minorenne.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il ragazzo – oggi maggiorenne e assistito dall’avvocato Emiliano Mancino – sarebbe entrato in contatto con l’imputato attraverso l’app Blablacar, con cui quest’ultimo si sarebbe offerto di andarlo a prendere con l’automobile per portarlo in una discoteca della città. Una volta caricato il giovane, però, l’uomo si sarebbe diretto in un parco alla prima periferia della città e, stando a quanto raccontato dalla vittima, avrebbe costretto il minore a subire atti sessuali sul sedile posteriore della vettura, dietro la minaccia di conseguenze per la famiglia dell’adolescente in caso di rifiuto. Ma non solo, l’odierno accusato avrebbe chiuso le portiere dell’auto e avrebbe legato il minorenne con un laccio, abusando di lui mentre filmava la scena.

Per il ragazzo è l’inizio di un incubo da cui riesce ad uscire solamente molte settimane dopo e con sofferenza. Tant’è che, dopo quell’incontro, il 31enne bulgaro lo avrebbe contattato altre volte, obbligandolo a girare altri video dal contenuto sessuale e ricattandolo di pubblicare sui social il video del primo abuso, qualora non avesse ubbidito alle sue volontà.

Non ne so niente” ha esordito l’imputato, rispondendo alle domande del collegio presieduto dalla giudice Piera Tassoni che gli chiedeva conto delle accuse mosse nei suoi confronti, con particolare riferimento all’abuso che avrebbe compiuto dentro l’automobile dopo aver legato il minore. “Io – ha proseguito – non sapevo neanche dove fosse Ferrara. Oggi è la prima volta che ci vengo, non c’ero mai venuto prima. E la persona offesa non l’ho mai vista di persona – ha aggiunto – se non in chat o nei video, ma personalmente mai. Non so nemmeno cosa sia Blablacar”.

In aula, il 31enne ha comunque ammesso di aver adescato il giovane online e di averlo costretto a inviare dei video pornografici che lo ritraevano in atteggiamenti intimi, come già aveva fatto con altri ragazzi: “Nel 2016 – ha raccontato l’imputato – avevo creato un profilo falso su Facebook denominato Martina Mimì. Avevo messo come foto profilo quelle di una ragazza adolescente, facendolo apparire come un profilo vero a tutti gli effetti. Chiedevo le amicizie a caso e adescavo le persone così. Qualcuno mi rispondeva, poi nasceva una chat in cui iniziavamo a scriverci e passavo a estorcere i video. Lo avrò fatto con cinque o sei persone“.

L’accusato infatti non sarebbe nuovo a questo tipo di episodi, dal momento che nel 2021 era già stato condannato in primo grado dal tribunale di Venezia a 2 anni e 4 mesi di reclusione per il reato di violenza sessuale continuata su minore, tentata violenza sessuale su altri ragazzini, sostituzione di persona e detenzione e scambio di materiale pedopornografico risalenti al 2017.

In quel frangente, il giudice ne aveva riconosciuto la continuazione con la pena confermata in Cassazione (per gli stessi reati) a 6 anni, 6 mesi e 20 giorni per un totale di quasi nove anni di carcere, essendo stati accorpati alcuni fatti contestatigli nel 2015 a danno di tre minorenni – due raggiunti su Facebook sotto falso nome, il terzo adescato in discoteca – costretti a compiere e a subire atti sessuali, sempre dietro minaccia.

A far partire le indagini, in quell’occasione, fu la denuncia della famiglia di uno di loro, con gli inquirenti che trovarono nei due telefoni dell’uomo quasi 2mila immagini e video di minori in atti sessuali.

Alla fine, venne rinviato a giudizio con quattordici capi di imputazione. Tre violenze sessuali su minori, altre tre tentate e altri otto tipi di reati, tra cui violenza privata e produzione, detenzione e scambio di materiale pedopornografico per un totale di 9 anni di reclusione in primo grado, poi ridotti in Corte d’Appello a 6 anni, 6 mesi e 20 giorni, come confermato dalla Cassazione, oltre che al pagamento di un risarcimento di quasi 40mila euro nei confronti delle vittime.

Si torna in aula l’11 settembre.

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