Attualità
26 Giugno 2024
Il padre di Giulia a Villa Imoletta: "Mi fa piacere vedere tante persone, so che siete qui per me ma spero lo siate molto di più per mia figlia"

Cecchettin: “Chi deve fare un esame di coscienza? Noi maschi”

di Pietro Perelli | 3 min

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Una Villa Imoletta gremita accoglie Gino Cecchettin nonostante il brutto tempo per presentare “Cara Giulia” un libro che ha voluto “regalare” a sua figlia uccisa da un uomo, l’ex fidanzato Filippo Turetta, arrestato in Germania dopo una settimana di fuga. Accanto a lui Paola Castagnotto, presidente del Centro Donna Giustizia di Ferrara, stanca di commemorare ogni anno il 25 novembre perché “quello che manca non è la consapevolezza delle donne ma la discesa in campo degli uomini”.

Uomini presenti anche questa sera ma forse, ancora una volta, in numero non sufficiente per testimoniare la necessità ribadita da Castagnotto e da Cecchettin che ammette: “Mi sono fatto una cultura su questo, una cultura che non avevo”. La prima persona ad aprirgli gli occhi è stata l’altra figlia, Elena, con parole che hanno scosso le sensibilità di milioni di persone riassunte così dal padre: “È stato il vostro bravo ragazzo, non un mostro ma il figlio sano del patriarcato”.

Gino racconta delle piccole cose quotidiane che rinforzano la cultura patriarcale, una cultura che ci si porta avanti da secoli e che deve essere sovvertita. Ricorda il delitto d’onore abrogato solo il 5 agosto del 1981 ma anche “fior fior di filosofi che scrivevano trattati sull’inferiorità della donna”. Non solo, espressioni della vita quotidiana come “risolviamola da uomo a uomo” o “non fare la femminuccia”, avvalorano un sentimento di superiorità. E allora “chi deve fare un esame di coscienza? Noi maschi”, un esame che deve essere profondo “perché non tutti arrivano al gesto estremo” ma anche il quotidiano “instilla” questo substrato culturale.

La serata era però iniziata con il racconto di come si è arrivati al libro. “Mi fa piacere – dice Cecchettin – vedere tante persone, so che siete qui per me ma spero lo siate molto di più per Giulia”. Giulia che è anche la destinataria del libro perché forse era “arrivato il momento di farle un bel regalo, di scrivere qualcosa di bello di lei”. Non solo, oltre a questa altre due sono state le motivazioni che hanno portato Gino a realizzarlo dopo il consiglio di un amico: per ricordarla e per dare slancio alla fondazione che porta il suo nome.

Ricordarla per il padre vuol dire fissare la quotidianità, non solo la straordinarietà. Ricordare l’ultimo giorno come i pasti e non solo i momenti più significativi, fissare ogni istante, ricordare non solo il volto ma le diverse sfaccettature dello sguardo e del sorriso, cose che si vedono tutti i giorni ma che spesso non si riescono a fotografare a causa del “pilota automatico” con cui viviamo. E proprio quando alcuni ricordi stavano “iniziando a svanire” un amico ha consigliato di scrivere un libro.

Non facile perché “mi è stato insegnato che il lutto si vive in una determinata maniera” e così “scrivere un libro sembrava inopportuno”. E invece, andare oltre i pregiudizi, “scardinare il cliché di come vivere il lutto” ha portato Gino Cecchettin a viverlo non come gli “è stato imposto di fare” portando molte donne, dice Castagnotto, “a sentirsi meno sole”. La presidente del Centro Donna Giusitiza ricorda che in Italia c’è un femminicidio “ogni due giorni” ma quello di Giulia ha smosso le coscienza come nessun altro prima grazie, oltre alla forza del padre, anche all’incisività e alla “determinazione” della sorella Elena.

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