Politica
14 Giugno 2024
L'analisi del voto di Valentino Tavolazzi, ex city manager e primo 'epurato' dal M5S

Ferrara non ritorna

di Redazione | 4 min

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di Valentino Tavolazzi

Gli ex “compagni” piddini ferraresi ci hanno provato con il trucco del coniglio nel cilindro, ma la maggioranza dei cittadini non l’ha bevuta. Sul trucco ritornerò.

Avevano governato male, nei due decenni precedenti, e nel 2019 avevano perso la città.

Gli errori e gli sprechi erano stati molti e imperdonabili: dai 10 milioni di euro buttati nel disastroso derivato Dexia dall’ultimo sindaco piddino Tiziano Tagliani, alla triplicazione dell’inceneritore di Cassana, che importa rifiuti da mezza Italia per scaldare l’acqua tiepida dei pozzi Agip di Casaglia; dalla Turbogas di 800 Mw, regalata da Gaetano Sateriale (anche lui pessimo sindaco prima di Tagliani) alle aziende del petrolchimico, alla subalternità del Comune a Hera ed alle multinazionali del polo chimico; dalle tariffe stellari per acqua, rifiuti, teleriscaldamento, ai dividendi finiti nelle intascati dai privati; dagli assurdi contratti di servizio Hera, all’economia della città a terra; dalla fuga dei giovani, all’immigrazione ed alla sicurezza gestite da dilettanti, per non parlare di Cona e di tanto altro ancora.

Il nuovo sindaco leghista, Alan Fabbri, il primo nella storia della città, dal 2019 aveva voltato pagina. Se lo abbia fatto bene o male lo hanno deciso, sabato e domenica scorsi, gli elettori, votando in schiacciante maggioranza la sua riconferma.

La sinistra ferrarese, Pd, cespugli rosso-verdi e ciò che resta del M5S (che sinistra non è), in questi anni lo hanno contrastato con una opposizione apatica, dormiente, inadeguata, spesso populista. Ma la cosa più grave è che non abbiano chiesto scusa ai ferraresi per i danni ed i disastri precedentemente regalati alla città. E non contenti di ciò, hanno imperniato la loro inconsistente azione politica su critiche inefficaci e rosicone (troppi eventi, troppe sagre, troppe bancarelle, amministrazione rozza, ignorante, composta da birrai, barbieri, razzisti, fascisti….).

Gli ex “compagni” ferraresi sfrattati dal Comune, nei cinque anni successivi, hanno lavorato poco e male, non si sono rinnovati, non hanno rifondato il partito, non hanno costruito critiche argomentate a scelte amministrative molto importanti, che potevano essere sviscerate e sottoposte eventualmente al pubblico ludibrio. Non hanno fatto controproposte, non hanno offerto ai ferraresi una visione ed un progetto alternativo per la città, ciò che avrebbe ovviamente comportato troppa fatica e più intelligenza politica di quella di cui disponevano.

Sarebbero serviti inoltre duro lavoro, impegno e studio, che sono veri e propri spauracchi per chi aveva galleggiato per decenni sul bastimento del potere, dei fondi da distribuire, della clientela, dei privilegi, del posto fisso e degli stipendi facili.

Allora rimaneva una sola via: il trucco della disperazione di cui nell’incipit dell’intervento: individuare un candidato noto, conosciuto su scala nazionale, stimato, civico, pure ex di destra, ma al tempo stesso (purtroppo) fuori dalla politica ed inesperto in materia amministrativa e gestionale.

L’avvocato Fabio Anselmo, persona seria e stimabile professionista, ha impostato la sua campagna elettorale a livelli troppo alti, spalmata su valori e diritti, su difesa della costituzione, su unità, solidarietà, ma caratterizzata da poca concretezza, pochi progetti da mettere subito a terra e molte critiche, forse troppe, alle presunte e/o vere violazioni delle regole democratiche, in campagna elettorale, da parte del sindaco in carica Alan Fabbri.

Troppo poco per convincere i ferraresi che già avevano potuto confrontare, per cinque anni, la gestione Fabbri con le precedenti del Pd.

Il risultato è stato che Fabio Anselmo ha preso meno voti di Modonesi cinque anni fa, il quale peraltro ne aveva presi troppo pochi. Alan Fabbri invece è passato al primo turno, con un balzo in avanti rispetto al ballottaggio del 2019, aumentando pure i voti allora ottenuti.

Gli ex “compagni” in cerca di poltrona, dunque, resteranno fuori dalla stanza dei bottoni del Comune per altri cinque anni e dovranno pertanto continuare a guadagnarsi da vivere con il normale e duro lavoro. Come quasi tutti. Se lo meritano.

Domanda. Dopo questo secondo cappotto subito dal Pd per palese inadeguatezza, potrà Ferrara contare nei prossimi anni su di un vero cambiamento della sinistra e su una vera rifondazione del primo partito nostrano di sinistra (o quasi)?

Ne dubito molto, anche se lo spero con tutto il cuore.

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