Servirà un’integrazione nel capo di imputazione con cui la Procura di Ferrara ha chiesto il rinvio a giudizio delle dottoresse no vax Chiara Compagno (presente in aula) e Marcella Gennari, coinvolte nella vicenda delle false vaccinazioni contro il Covid-19 per ottenere il green pass, portata alla luce dall’inchiesta Red Pass.
Insieme a loro è imputata anche Francesca Ferretti, figlia e assistente di Gennari: a tutte e tre vengono contestati a vario titolo i reati di falso, truffa ai danni dello Stato, corruzione e peculato.
Proprio relativamente alle ultime due ipotesi di reato, durante l’udienza preliminare di ieri (12 giugno), il gup Silvia Marini ha restituito gli atti al pm Ciro Alberto Savino che dovrà specificare meglio il valore delle corresponsioni di denaro che le dottoresse avrebbero intascato dai pazienti per fingere l’inoculazione del vaccino e quello dei vaccini che, secondo quello che è il castello accusatorio della Procura, sarebbero andati distrutti e buttati via, invece di essere iniettati.
Dalle indagini, grazie al posizionamento di telecamere nascoste da parte della guardia di finanza negli ambulatori delle due dottoresse, gli inquirenti hanno potuto provare le modalità con cui, dietro pagamento, le due professioniste simulavano la somministrazione del vaccino anti Sars-CoV-2. Nelle riprese si vedeva una delle due professioniste fingere di inoculare il vaccino e svuotare la siringa nella garza. Il paziente voleva sentirsi rincuorare: “Tutto come prima?”. “Sì naturalmente, nel silenzio più assoluto. Non lo deve sapere neanche Dio” si raccomanda. A un’altra paziente affidava lo stesso patto di segretezza: “Il tuo silenzio per me è tutto. Non dovete parlarne con gli amici”.
Il reato di peculato, secondo la Procura di Ferrara, sarebbe stato commesso quando le tre donne, una volta in possesso del vaccino fornito dall’Usl, lo avrebbero buttato via invece di iniettarlo ai pazienti. Per quanto riguarda la corruzione, secondo il castello accusatorio, le dottoresse avrebbero intascato denaro dai pazienti (20 o 50 euro a seconda dei casi) per fingere l’inoculazione del vaccino e far loro ottenere un green pass a fronte dell’attestazione di una dose mai somministrata.
L’accusa di truffa ai danni dello Stato riguarda invece i rimborsi previsti dall’Azienda Usl per i medici di base che eseguivano le vaccinazioni anti-Covid che, quindi, sarebbero stati percepiti indebitamente dalle dottoresse avendo loro attestato in maniera falsa di aver vaccinato i loro pazienti. Infine, il reato di falso si rifà al fatto che le professioniste avrebbero dichiarato inoculazioni, falsi tamponi o esenzioni fasulle, tutte attestazioni per poter riuscire ad emettere il green pass.
Inizialmente, a marzo 2022, le due erano state messe agli arresti domiciliari e avevano ricevuto contestualmente la sospensione da parte dell’Ordine dei Medici e la revoca della convenzione dall’Azienda Usl di Ferrara. Due provvedimenti che poi sono stati rivisti in seguito alla decisione – arrivata a luglio di due anni fa – del giudice per le indagini preliminari di rivedere le esigenze cautelari, con entrambe le dottoresse che oggi sono state reintegrate e continuano a esercitare la loro professione.
Durante l’udienza di ieri, il gup ha anche accolto la costituzione di parte civile dell’Ausl di Ferrara.
Al momento, gli avvocati Marco Linguerri (insieme all’avvocato Franco Taormina) e Alessandro Valenti – legali difensori di Chiara Compagno, Marcella Gennari e Francesca Ferretti – hanno scelto di non rilasciare dichiarazioni sulla posizione delle loro assistite, che ieri, davanti al tribunale di Ferrara, hanno avuto supporto morale e fisico da parte di un gruppetto di circa trenta persone, tra conoscenti e pazienti, presenti per manifestare tutta la loro vicinanza in questo momento.
Si torna in aula il 18 settembre.
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