Spettacoli
29 Maggio 2024
Il monologo finale de 'La Sciagura': "L'unica strada è quella di un percorso fatto di tre stazioni: informarsi, indignarsi, resistere”

Scanzi: “Ma a Ferrara non avevate niente di meglio?”

di Redazione | 5 min

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“Un genio assoluto”, “L’emblema perfetto della Lega”. A regnare come scenografia nei primi dieci minuti dello spettacolo “La Sciagura. Cronaca di un governo di scappati di casa” è il volto di Nicola Naomo Lodi. Non solo il volto. Lo schermo mostra anche le mani, in posa a tenaglia, immortalate nella famigerata diretta in cui il vicesindaco minacciava i giornalisti di far loro “un c**o così!”.

Viene poi la maglietta con la scritta “+ rum – rom”, “una battuta che neanche a tre anni mi sarei mai sognato di fare”.

È inutile. È dai tempi del lockdown che ad Andrea Scanzi, quando sente parlare di Naomo, si apre un sorriso da guancia a guancia. E, nel portare al Teatro Nuovo il suo nuovo spettacolo di satira politica, tratto dall’ultimo suo libro, bestseller edito da Paper First, il giornalista, scrittore e opinionista non poteva che aprire con un siparietto su “il più grande statista contemporaneo”.

“Delle persone sane, serie e lucide come voi – chiede Scanzi alla platea -, come cazzo è possibile che abbiate un vicesindaco così? ditemelo, voglio capire. Ci sta cambiare idea dopo 70 anni… ma proprio con lui?”.

Scanzi immagina poi di cercare su google “Naomo Lodi”. Ed ecco uscire in triste carrellata gli articoli sulla casa popolare occupato con un reddito da migliaia di euro al mese, il pass per disabili mantenuto nonostante scorrano video in cui getta bombole e materassi dalle finestre del Palaspecchi, la condanna per non aver pagato i contributi ai suoi dipendenti, i legami con un gruppo neofascista… Fino alle recenti offese a una cronista che stava documentando una rissa in Gad: “comunista di m***a”.

Un momento è conquistato anche dal sindaco Alan Fabbri che di fronte all’inchiesta di Estense.com che ha scoperto come il suo Comune non avesse destinato all’ospedale le donazioni per il Covid, risponde “non lo sapevo”.

“Ma a Ferrara non avevate niente di meglio?” chiede Scanzi al pubblico quando ormai i sorrisi diventano fin troppo amari.

Lo spettacolo passa quindi in rassegna l’attuale classe dirigente italiana. Una carrellata di “nuovi mostri” dove l’umorismo diventa per forza di cose grottesco.

A partire dalla premier Meloni, l’ex “enfant prodige della destra italiana”. “Ho letto i suoi libri” confessa Scanzi. E ricorda l’intervista di una giovanissima Giorgia alla troupe francese alla quale confidò: “credo che Mussolini è stato un buon politico. Tutto quello che ha fatto, lo ha fatto per l’Italia. E questa cosa non si ritrova nei politici che abbiamo avuto negli ultimi 50 anni”.

In “Io sono Giorgia” – ripercorre il giornalista – “Meloni dice che vorrebbe assomigliare a Reagan, alla Tatcher, a Papa Giovanni Paolo II e a,,, Sam Gamgee, l’Hobbit del Signore degli anelli…”.

E nel suo pantheon spirituale per Scanzi non possono mancare Almirante, Berlusconi, Putin (“che fino a tre anni fa definiva «baluardo dei valori cristiani»”), Orban, Zemmour, Javier Milei. Tutte figura di riferimento per “una che votò l’infamia parlamentare di far credere che Ruby Rubacuori fosse la nipote di Mubarak. E ora passa per quella nuova…”.

Poi viene la Rai, con Pino Insegno al posto di Augias, Facci con un programma abortito prima ancora di iniziare, La Russa che “voleva portare a Sanremo Umberto Smaila come esperto delle foibe”, le pressioni su Amadeus per portare Povia e Hoara Borselli all’Ariston.

E poi l’eterno dramma della sinistra, quello delle divisioni interne. Per spiegarlo viene in aiuto Luciano Canfora: “la sinistra è ricca di idee. La destra ne ha una sola. Non puoi scindere un neurone”.

Sul tavolo intanto compare il busto di Mussolini, che Ignazio La Russa tiene in casa. “La seconda carica dello Stato… speriamo non succeda mai nulla a Mattarella!”.

Lo sberleffo alla classe dirigente continua con il ministro Lollobrigida, “il cognatissimo che parla di sostituzione etnica e fa fermare i treni se è in ritardo”, Piantedosi e “i suoi carichi residuali”, Nordio chiamato a “terminare la riforma della giustizia voluta da Berlusconi”. E ancora Bocchino, Donzelli, Sangiuliano “e la Times Square di Londra”, la ministra Rocella, “al cui confronto Giovanardi è De Sade”, la Santanché “che non si è ancora dimessa”, Sgarbi c”he Fratelli d’Italia ha invece fatto dimettere per candidarlo poi alle Europee”.

“Quello che a noi indigna per loro è un valore” ammicca Scanzi con il pubblico, sapendo di trovarsi di fronte a “una bolla: noi la pensiamo così, ma fuori di qui alla gente di tutte uqest cose non frega un cazzo”.

In platea ci sono Fabio Anselmo e Ilaria Cucchi. “Ho consociuto Anselmo – fa sapere l’autore -, è una brava persona, una persona prestata a una causa, che crede in un’Italia migliore. L’ho apprezzato per motivi umani e morali. Credo che questo Paese sia pieno di ingiustizie e di drammi che fanno piangere. Ho seguito il caso Bergamini che dopo trent’anni ora si sta incanalando verso un’aura di verità, grazie alla famiglia del calciatore e grazie proprio ad Anselmo”.

Per Cucchi chiede un altro applauso: “non so come abbia fatto a resistere a tante cattiveria e a tanta ingiustizia”.

Poi il monologo finale. Una riflessione quasi da “teatro canzone” a la Gaber. “In Italia oggi manca il rispetto per il dissenso, per la libera informazione. Il governo cerca di zittire i bravi giornalisti con querele temerarie. Ma questi son- riflette amaro – sono argomenti che non spostano mezzo voto. L’italiano medio vuole quella roba lì: ricette semplici, qualche condono fiscale…”.

E, va detto, “se abbiamo un governo di scappati di casa vuol dire che anche dall’altra parte c’è qualcosa che non funziona. Se non sono riusciti a intercettare i milioni di voti degli astenuti vuol dire che qualcosa non funziona in questa sinistra”.

E, avvertendo che “in ogni Bar Sport d’Italia c’è un Vannacci”, Scanzi confessa di fidarsi – o sperare in – “un campo largo alla sarda. Largo, non larghissimo. Renzi e Calenda no!”.

La riflessione si sposta allora sulla società civile, La grande assente nella politica degli ultimi anni. “Prima si reagiva. Si reagiva con la satira, con i girotondi, con i vaffaday, con le sardine. Oggi, come mi ha detto di recente Roberto Vecchioni, molto meno”.

E questo è un rischio. Senza anticorpi, di fronte a tanta pochezza, quando ci si accorge che, citando Sandro Luporini, “la politica fa male alla pelle”, allora “si aprono le praterie del disimpegno, del ritiro a vita privata, dell’astensionismo”.

“L’altra strada – indica Scanzi – è quella di un percorso fatto di tre stazioni: informarsi, indignarsi, resistere. Informarsi, indignarsi, resistere”.

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