Si era ripromesso di attendere l’8 e 9 giungo prima di tornare “nell’argomento politico ma a volte i ricordi, “quelli brutti”, ritornano in un certo senso, anche in carne ed ossa”. Così Lino Aldrovandi, dopo aver letto un post di Michele Dalai, autore, scrittore e giornalista, non ha potuto esimersi dal farlo.
“Non posso che essere d’accordo con lui in tutto e per tutto – scrive -, e che in pratica fanno parte di un percorso che faticosamente contribuì a ridare dignità e rispetto a un ragazzino ‘ucciso senza una ragione’, all’alba di una maledetta domenica mattina di un lontano 25 settembre 2005. I ricordi – continua -, anche quelli brutti, purtroppo non li potrò mai cancellare, e nel mio piccolo vorrei guardare avanti senza lo spettro dell’incubo di un passato che a volte, purtroppo ritorna, affinché imprese, anche come la nostra (vero Fabio?) non abbiano più a ripetersi non solo nella città di Federico, Ferrara, ma in ogni città di questa nostra Italia. Per mai e poi mai sentirsi magari dire un giorno, come a noi successe in un ufficio di una questura: ‘succede anche nelle migliori famiglie'”.
A corollario di queste parole la foto di un estratto dell’articolo di Paolo Berizzi su Repubblica dal titolo “Candidature pericolose” nel quale si parla della candidatura di Pietro Scroccarello tra le fila della Lega alle prossime amministrative di Ferrara.
Michele Dalai invece ha riletto il saggio di Anselmo sulle indagini, riascoltato Rumore, il podcast di Francesca Zanni e riguardato “È stato morto un ragazzo” di Filippo Vendemmiati. “L’ho fatto – scrive – perché non riesco ad accettare che dopo tutti questi anni esista ancora la tentazione di considerare il caso Aldrovandi in chiave ideologica, che si possa pensare che il pestaggio brutale, ingiustificato e folle di un ragazzo di 18 anni incensurato e disarmato possa essere un argomento divisivo. Perché non riesco a pensare che gli stessi che stavano nelle stanze della Questura a mestare le acque e architettare depistaggi siano ancora accreditati come interlocutori credibili. Perché non accetto che un partito politico candidi a un ruolo istituzionale il Capo della Mobile di Ferrara ai tempi dell’omicidio di Federico, un funzionario che interagì con la famiglia e gli amici di Aldro e non lo fece nel rispetto del ruolo ma nell’interesse del Corpo. Perché non accetto che ci sia gente perbene convinta che la Polizia non possa essere processata per i suoi errori e che allo stesso tempo si possa continuare a credere nelle istituzioni, a sostenere le forze dell’ordine, a non mettere in discussione il ruolo fondamentale che coprono”.
Ormai, continua, “la candidatura di Scroccarello è cosa fatta e le motivazioni che hanno spinto la Lega, Alan Fabbri e la sua coalizione a pensarla o accoglierla sono tema che non conosco. Quello che posso fare, nell’amarezza enorme che provo nel ricevere la notizia, è pensare che la stragrande maggioranza delle forze dell’ordine sia fatta di gente come Nicola Solito, gente che quella mattina avrebbe usato la ragione e non la violenza. La responsabilità che si è preso Fabio Anselmo è molto evidentemente qualcosa che travalica i confini del voto locale. Non so come finirà, è una campagna molto difficile ma so che ha tutto il mio appoggio e la mia solidarietà perché il coraggio della verità è il più grande dei gesti rivoluzionari”.
Lino invece chiede solo, “cortesemente, di non scrivere alcun commento, ma solo di riflettere … su tante cose …”
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