L’Unità Operativa di Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara (diretta dal dott. Marco Libanore), in collaborazione con la Società Medico Chirurgica di Ferrara, ha organizzato sabato 11 maggio – dalle ore 8.30 alle 13.30 nella Aula Magna dell’ospedale di Cona – un convegno scientifico di aggiornamento sulle più importanti novità dal punto di vista epidemiologico, clinico, terapeutico e preventivo nel campo della patologia infettiva.
Il convegno sarà anche l’occasione per salutare il dott. Libanore, il quale dopo oltre quarant’anni di onorata vita professionale, spesa all’interno dell’Arcispedale Sant’Anna, il prossimo giugno, si congederà per raggiunti limiti di età.
“Per affrontare queste tematiche – mette in rilievo il dott. Libanore – abbiamo richiesto la collaborazione di alcuni amici, tra i più qualificati, competenti e riconosciuti esperti del settore, i quali affronteranno gli argomenti soffermandosi, in particolare, sulle più recenti strategiche diagnostico terapeutiche in infettivologia. Gli ultimi cinquant’anni che hanno caratterizzato l’infettivologia moderna costituiscono la testimonianza dell’importanza sociale e sanitaria di una disciplina sempre al passo con i tempi”.
L’inizio di questo periodo è stato legato alla descrizione dell’Antigene Australia da parte di Blumberg nel 1967 (HBV), poi al successivo impatto epidemiologico, osservato a partire dalla seconda metà degli anni ’70, dovuto alle epatiti virali nelle aree metropolitane del nostro territorio nazionale, correlato soprattutto al diffondersi tra i giovani del fenomeno della tossicodipendenza. In seguito, con l’avvento dell’AIDS e dell’infezione da HIV anche nel nostro Paese, a cominciare dai primi anni ’80. Tale patologia, inizialmente, era associata ad un’iniziale impotenza terapeutica per mancanza di antivirali efficaci; successivamente superata dalla disponibilità, a partire dagli anni ’90, di una terapia altamente efficace in grado di controllare questa infezione da retrovirus e di consentire, con il trascorrere del tempo, per le persone colpite, una qualità di vita sovrapponibile a quella di una popolazione esente.
Per altri aspetti l’aumento delle condizioni di immunodepressione, l’incremento dell’immigrazione e delle condizioni di indigenza hanno determinato, in Italia, una ripresa significativa della patologia tubercolare accompagnata da forme multiresistenti che hanno richiesto, dopo tanti anni, la produzione di nuove molecole dedicate al trattamento di questa problematica malattia infettiva. La disponibilità di una combinazione di antivirali ha consentito finalmente l’eradicazione di HCV nei pazienti infettati, portando ad ipotizzare una possibile eliminazione sociale del virus, grazie a campagne di screening ad hoc.
L’allarme lanciato dalla OMS sul fenomeno dell’antibiotico resistenza, è stato in parte recepito con la realizzazione del Piano Nazionale di Contrasto all’Antibioticoresistenza e dalle Istituzioni, che hanno attivato campagne per l’uso responsabile degli antibiotici e dalle aziende farmaceutiche che negli ultimi anni sono tornate a produrre nuove molecole per la terapia di infezioni severe e complesse da patogeni multiresistenti. Un’inversione di rotta s’imponeva anche in considerazione del fatto che, se non si adotteranno strategie mirate, nel 2050 avremo più decessi per patologia infettiva antibioticoresistente, che per patologia oncologica o malattie cardiovascolari.
La pandemia da COVID 19 ha dimostrato ancora una volta che coloro che avevano preconizzato la scomparsa delle malattie infettive, non avevano recepito gli insegnamenti della storia. Una nuova pandemia virale, con tassi di letalità sovrapponibili a quelli dell’influenza spagnola, come quella che abbiamo vissuto di recente, costituisce un importante monito per la nostra società. Grazie ad un vaccino specifico ed alla disponibilità di antivirali efficaci questa infezione non costituisce più un’emergenza sanitaria. Infatti, nel marzo 2023, l’OMS ha dichiarato conclusa la pandemia da COVID 19.
“Lo specialista infettivologo al servizio dell’utente – conclude Libanore -, in una realtà sanitaria innovativa, rappresenta anch’essa una nuova sfida per un’infettivologia di prossimità, che tenga conto delle nuove esigenze di salute della popolazione”.
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