L'inverno del nostro scontento
29 Aprile 2024

Lee Mordechai: Sei mesi di crimini di guerra a Gaza

di Girolamo De Michele | 15 min

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Questo testo è stato pubblicato sulla rivista Jacobin Italia, che ringrazio per il permesso di pubblicazione. Lee Mordechai* è uno storico israeliano, docente alla Hebrew University of Jerusalem (qui la sua pagina accademica). Questo scritto è la versione breve di un più lungo e dettagliato testo, Bearing Witness to the Israel-Gaza War, scaricabile in pdf qui.

Negli ultimi sei mesi, Israele ha ripetutamente massacrato i palestinesi di Gaza, causando la morte di ben oltre trentamila palestinesi, di cui circa il 70% sono donne e bambini. Altre decine di migliaia di persone sono rimaste ferite. Queste stime sono probabilmente per difetto, considerando la deliberata distruzione da parte di Israele del sistema sanitario di Gaza, che è l’unica fonte indipendente di questi dati (che sono utilizzati anche da Israele, compreso il suo primo ministro e l’esercito).

Israele ha cercato attivamente di provocare la morte della popolazione civile di Gaza. Lo ha fatto attraverso la distruzione di istituzioni civili o umanitarie – come ospedali o agenzie di supporto – e chiudendo la Striscia di Gaza alle sue necessità: cibo, acqua e medicine. Di conseguenza, la popolazione di Gaza (soprattutto bambini) ha già iniziato a morire di fame e disidratazione.

A causa della mancanza di medicine, procedure mediche difficili come amputazioni e cesarei sono condotte senza anestesia. Israele si è spinto oltre nel tentativo di distruggere il tessuto della società palestinese prendendo deliberatamente di mira istituzioni culturali come università, biblioteche, archivi, edifici religiosi e siti storici.

Disumanizzazione

Il discorso israeliano ha disumanizzato i palestinesi a tal punto che la stragrande maggioranza degli ebrei israeliani sostiene le misure sopra citate. Innumerevoli video dalla Striscia di Gaza difffusi da soldati dell’esercito israeliano attestano ampi abusi nei confronti dei palestinesi (tra cui violenze crudeli e disumanizzazione), saccheggi continui, ormai la norma, e la distruzione selvaggia di ogni tipo di proprietà senza che vi siano state conseguenze. Il quadro è confermato da testimonianze palestinesi che descrivono l’esperienza palestinese di morte, distruzione e abusi durante la detenzione da parte dell’apparato di sicurezza israeliano.

Tutte le prove che ho visto suggeriscono nettamente che uno degli obiettivi di Israele è stata la pulizia etnica di Gaza, in parte o complessivamente. Membri chiave del governo israeliano hanno rilasciato dichiarazioni che confermano questo intento in diversi momenti della guerra. Diversi ministeri del governo israeliano hanno pianificato o lavorato per facilitare tale fine. Israele ha sgomberato parti significative della Striscia di Gaza con demolizioni e bulldozer, costruendo allo stesso tempo infrastrutture militari e tentando di confinare i palestinesi in aree limitate della Striscia, già densamente popolata.

L’attenzione globale su Gaza ha distolto l’attenzione dalla Cisgiordania. Lì, le operazioni di Israele attraverso i suoi militari o i coloni dall’inizio della guerra hanno portato all’uccisione di centinaia di palestinesi, alla pulizia etnica di almeno quindici comunità locali e a un forte aumento dei livelli di violenza e di abuso da parte dello Stato israeliano e dei coloni ebrei.

Tutto ciò è stato possibile grazie al forte sostegno della maggior parte dei media mainstream in Israele e in Occidente, soprattutto negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Germania. La campagna a favore della guerra – sostenuta sia dai governi che dai media mainstream di questi paesi – ha legittimato la violenza e le azioni israeliane, distogliendo l’attenzione da molti eventi a Gaza e contribuendo alla disumanizzazione dei palestinesi.

Inoltre, Israele non ha permesso a reporter indipendenti di entrare nella Striscia di Gaza nei sei mesi di guerra finora trascorsi, amplificando la propria voce e limitando la capacità del mondo di comprendere l’esperienza della guerra.

Gli ostaggi israeliani

Il 7 ottobre 2023, i militanti di Hamas hanno attaccato Israele, uccidendo circa 1.200 persone, la maggior parte delle quali erano civili, e prendendo in ostaggio circa 250 persone. Queste atrocità sono crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Gli orribili eventi del 7 ottobre – essi stessi parte di un contesto storico che riporta al conflitto secolare tra Israele e i palestinesi – hanno dato inizio alla guerra attuale.

Uno degli scopi della guerra in corso, secondo il governo israeliano, è quello di liberare gli ostaggi – oltre 130 dei quali sono ancora prigionieri di Hamas. Anche in questo caso, le prove suggeriscono che un’operazione militare non è il modo migliore per liberarli. A oggi, Israele attraverso le operazioni militari ha liberato esattamente tre ostaggi, mentre ne ha uccisi molti altri direttamente o indirettamente. La società israeliana è così divisa sulla questione.

D’altra parte, un cessate il fuoco temporaneo ha portato al rilascio di 105 ostaggi. Invece di negoziare ulteriori rilasci, il governo israeliano preferisce continuare le operazioni militari, nonostante l’ovvio rischio per gli ostaggi. Quelli rilasciati nel precedente scambio hanno ripetutamente affermato che i bombardamenti israeliani sono stati tra le cose più terrificanti che hanno vissuto durante la loro prigionia. A metà marzo, il capo di stato maggiore dell’unità dell’Idf responsabile degli ostaggi ha rassegnato le dimissioni, ritenendo che la leadership politica israeliana non fosse interessata a procedere verso un accordo. Sentimenti simili sono stati espressi all’interno dell’apparato di sicurezza israeliano. Diversi membri del governo hanno disprezzato i parenti degli ostaggi.

Alla fine di marzo, alcuni familiari degli ostaggi hanno accusato pubblicamente il primo ministro israeliano di rimandare continuamente un accordo per il loro rilascio. A metà aprile, due membri del team di negoziazione israeliano, uno dei quali coinvolto per tutti e sei mesi, hanno dichiarato esplicitamente che il governo e soprattutto il primo ministro israeliano stanno cercando di ritardare e persino impedire un accordo per il rilascio. Fonti straniere hanno detto cose simili.

Guerra ai civili

Nonostante le atrocità commesse da Hamas, ritengo che la risposta di Israele agli eventi del 7 ottobre negli ultimi sei mesi continui a essere del tutto sproporzionata, immorale e criminale. La mia posizione su questi temi rappresenta una minuscola minoranza nella società israeliana. Nei sondaggi su questo tema solo l’1,8% (ottobre), il 7% (dicembre) e il 3,2% (gennaio) degli ebrei israeliani riteneva che l’Idf stesse usando troppa potenza di fuoco a Gaza.

Le vite dei palestinesi sono incredibilmente a buon mercato. In un caso, un’auto con sei civili è stata attaccata, uccidendone quattro. Una ragazza di quindici anni ha chiamato la Mezzaluna Rossa palestinese dall’auto, ma pare sia stata uccisa durante la conversazione. Sua cugina, Hind Rajab, di sei anni, ha chiamato di nuovo ed è rimasta in linea, terrorizzata e circondata dai suoi familiari morti, per tre ore […].

La strage della farina

In un evento particolarmente significativo, il «massacro della farina», almeno 118 civili sono stati uccisi e oltre settecento sono stati feriti mentre cercavano di prendere del cibo da un convoglio di camion che portava aiuti umanitari. I palestinesi hanno insistito sul fatto che fosse stato l’Idf a sparare, mentre l’Idf ha affermato che la maggior parte delle vittime era morta a causa del sovraffollamento e del caos generale in cui i camion hanno investito i civili. In entrambi i casi, l’Idf sarebbe responsabile della morte dei civili. I media internazionali tendono a confermare la versione palestinese, in parte perché l’Idf non ha fornito prove a sostegno delle sue affermazioni (un video dell’Idf che si supponeva mostrasse l’evento è stato chiaramente modificato più volte e l’Idf ha rifiutato di rilasciare il video completo), e in parte a causa delle testimonianze dei gazesi che hanno vissuto il massacro […].

Secondo il direttore dell’ospedale al-Awda, la stragrande maggioranza di coloro che sono venuti a farsi curare per le ferite dopo l’evento (142 su 176) ha riportato ferite da arma da fuoco. Gli esperti delle Nazioni Unite, così come le fonti online e i video, suggeriscono che i palestinesi in cerca di cibo sono stati colpiti in molte occasioni nei giorni precedenti e successivi al «massacro della farina».

L’assedio della fame

Dall’inizio della guerra, Israele ha imposto una morsa sulla popolazione palestinese di Gaza. Le quantità di cibo, carburante, medicine e acqua disponibili sono estremamente limitate. L’assenza di rifornimenti a Gaza – un vero e proprio assedio – è stata la politica dichiarata dagli alti funzionari israeliani fin dall’inizio della guerra. Da aprile, solo il 20-30% circa dei cinquecento camion necessari per rifornire Gaza per motivi umanitari potevano entrare quotidianamente, incontrando numerosi problemi nel tentativo di farlo, compresi gli attacchi dell’Idf.

Dall’inizio della guerra, Gaza è stata colpita da un blackout elettrico totale. Uno studio ha rivelato che a gennaio la luce notturna a Gaza è stata ridotta dell’84%. Testimonianze dalla Striscia rivelano che i libri delle biblioteche universitarie sono stati bruciati come combustibile per i fuochi di cucina. Ad aprile, il prezzo di un litro di benzina ha raggiunto i 150 shekel (circa 40 dollari).

Nelle zone settentrionali della Striscia, all’inizio di febbraio, il prezzo di un sacco di farina, che prima della guerra era di 30 shekel (circa 8 dollari), ha raggiunto i 500-1000 shekel (circa 125-250 dollari), da quindici a trenta volte in più. Alla fine di febbraio, secondo i social media, il prezzo di un piatto con un po’ di carne cruda e riso ha raggiunto i 95 dollari, mentre un infermiere dell’ospedale al-Shifa ha dichiarato di non aver mangiato pane per due mesi, durante i quali ha consumato mangime animale. Ad aprile, il prezzo di un chilogrammo di zucchero ha raggiunto i 70 shekel (19 dollari).

Allo stesso tempo, il principale esperto delle Nazioni Unite sul diritto al cibo ha descritto le circostanze come «una situazione da genocidio», mentre il Programma alimentare mondiale ha dichiarato che «le persone stanno già morendo per cause legate alla fame». All’inizio di aprile, trentadue persone (di cui ventotto bambini) a Gaza erano morte per malnutrizione o disidratazione. In questo contesto, l’alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza ha dichiarato di fronte al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che «la fame viene usata [da Israele] come arma da guerra».

Di conseguenza, la stragrande maggioranza della popolazione di Gaza è a rischio di carestia. Praticamente tutte le famiglie saltano i pasti ogni giorno, con il 50-80% delle famiglie che passano giorni e notti intere senza mangiare. Circa il 90% dei civili di Gaza sperimenta «alti livelli di insicurezza alimentare acuta». Alla fine di gennaio, il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rilevato la carenza di cibo che porta il personale medico e i pazienti a ricevere un solo pasto al giorno.

Circa 265.000 persone stanno affrontando livelli di insicurezza alimentare da crisi e 854.000 persone stanno affrontando livelli di insicurezza alimentare da emergenza. L’altra metà della popolazione di Gaza (1,1 milioni) soffre di livelli catastrofici di insicurezza alimentare. Il capo economista del Programma alimentare mondiale ha sottolineato che «nella mia vita non ho mai visto nulla di simile in termini di gravità, di scala e di velocità».

Un importante studioso della carestia e direttore esecutivo della World Peace Foundation ha dichiarato di non aver mai visto il crimine di guerra della fame perpetrato su una tale scala in quarant’anni di carriera […].

«Condizioni apocalittiche»

Nonostante questa situazione, gli ufficiali dell’Idf hanno chiesto un’ulteriore riduzione degli aiuti umanitari a Gaza. Circa il 60% degli ebrei israeliani si oppone agli aiuti umanitari, una percentuale stabile nel tempo. Negli ultimi mesi, attivisti ebrei hanno bloccato completamente l’ingresso degli aiuti a Gaza in diverse occasioni. I soldati dell’Idf si sono filmati mentre distruggevano e bruciavano i magazzini di cibo a Gaza. A novembre, la fornitura media di acqua per persona a Gaza era compresa tra 1,5 e 1,8 litri al giorno, quando il volume medio minimo di acqua per bere e per l’igiene domestica dovrebbe essere di quindici litri. Questo numero è sceso a meno di un litro in media a febbraio.

La mancanza di forniture mediche ha portato a operazioni mediche, tra cui parti cesarei e amputazioni, senza anestesia o scorte di sangue. Un video online mostra un medico gazese che ha dovuto amputare il piede della figlia sul tavolo da pranzo della loro casa senza anestesia. Uno studente di medicina dell’ospedale al-Shifa racconta di aver dovuto ricucire per tre ore, al buio e senza anestesia, il volto di un ragazzo ferito da un bombardamento israeliano. Ci sono molte storie simili. A causa della mancanza di rifornimenti, le donne che devono affrontare un’emorragia post-partum sono state sottoposte a isterectomie per mancanza di medicine e di scorte di sangue, impedendo loro di partorire in futuro.

Secondo il direttore regionale di Oxfam per il Medio Oriente:

Siamo all’abominevole fase in cui i bambini muoiono a causa della diarrea e dell’ipotermia. È sconvolgente che i neonati vengano al mondo e che, a causa delle condizioni apocalittiche, abbiano poche possibilità di sopravvivere.

In alcuni casi, le madri hanno dovuto partorire in aule piene di altre settanta persone, cosa che il direttore ha definito «semplicemente disumana». Gli aborti spontanei a Gaza sono aumentati del 300% rispetto alla situazione prebellica. Il sistema sanitario di Gaza è praticamente collassato: solo un terzo degli ospedali di Gaza e un quarto dei centri sanitari primari sono ancora parzialmente operativi. Finora sono stati segnalati almeno molte centinaia di migliaia di casi di malattie a Gaza. A dicembre, erano stati segnalati oltre centomila casi di diarrea, la metà dei quali tra i bambini di età non superiore ai cinque anni (venticinque volte la frequenza prebellica).

In media, a Gaza c’è una doccia ogni 4.500 persone, e un bagno ogni 220. Importanti voci pubbliche in Israele – come Giora Eiland, ex generale e capo del Consiglio di sicurezza nazionale israeliano e consigliere ufficiale in tempo di guerra del ministro della Difesa israeliano – si sono espresse a favore di una diffusione delle malattie per decimare la popolazione civile.

Israele ha sistematicamente smantellato il sistema sanitario di Gaza. Alla fine di febbraio, il capo di Medici senza frontiere (Msf) ha dichiarato che a Gaza non c’è più un sistema sanitario di cui parlare». Israele ha giustificato gran parte di questa situazione affermando che le strutture mediche sono state utilizzate per scopi militari, ma il capo di Msf ha anche dichiarato che la sua organizzazione «non ha visto alcuna prova verificata in modo indipendente di questo […].

Pulizia etnica

La pulizia etnica fa parte esplicita del discorso israeliano, anche dei ministri del governo in carica. Tra questi, i ministri delle Finanze e della Sicurezza nazionale, l’ex ministro dell’Informazione e un ex ministro della Giustizia. Anche i parlamentari israeliani hanno partecipato alla discussione. È trapelata anche la proposta del governo israeliano di reinsediare tutti i gazesi nella penisola del Sinai (parte dell’Egitto).

Israele ha anche tentato di convincere gli Stati Uniti a fare pressione sull’Egitto per accettare i rifugiati gazesi e ha cercato di convincere diversi altri paesi, tra cui il Congo, ad accogliere i rifugiati palestinesi. Altri luoghi che i membri del governo israeliano hanno suggerito come potenziali luoghi di reinsediamento sono l’Arabia Saudita, la Giordania, il Cile e gli Stati membri dell’Unione europea. Secondo i media israeliani, il Ciad e il Ruanda hanno espresso interesse ad accogliere decine di migliaia di palestinesi in cambio di un generoso sostegno finanziario che includa anche l’appoggio militare. A metà febbraio, un’organizzazione locale per i diritti umani ha rivelato che l’Egitto stava costruendo un’area di massima sicurezza per l’accoglienza dei rifugiati palestinesi.

L’assenza di obiettivi bellici chiari o di una chiara conclusione della guerra ha permesso a molti israeliani di sostenere il reinsediamento di Gaza con insediamenti ebraici dopo la guerra. Più di trenta organizzazioni di destra hanno sostenuto questo obiettivo in una conferenza di fine gennaio. Alla conferenza hanno partecipato undici ministri e quindici parlamentari (su un totale di 120). Diversi soldati dell’Idf hanno dichiarato la loro volontà di reinsediare Gaza mentre erano in uniforme e all’interno di Gaza. I sondaggi di febbraio e marzo rivelano che circa il 20% degli ebrei israeliani ritiene che Israele debba reinsediare Gaza […].

Distruzione sistematica

Tutte le prove che ho visto indicano che Israele sta sistematicamente distruggendo Gaza per renderla invivibile in futuro. Si dice che Israele abbia sganciato più di cinquecento bombe da duemila libbre all’interno dell’area urbana densamente popolata, nonostante gli ingenti danni collaterali che queste bombe provocano (causando morti o feriti in un raggio di 365 metri intorno all’obiettivo). Queste bombe sono quattro volte più pesanti degli ordigni più grandi utilizzati dagli Stati Uniti per combattere l’Isis a Mosul.

Oltre il 60% delle unità abitative di Gaza sono state distrutte o danneggiate. A metà gennaio, gli esperti hanno stimato, sulla base di immagini satellitari, che erano stati danneggiati tra i 142.900 e i 176.900 edifici. All’inizio di marzo, il 54,8% degli edifici della Striscia di Gaza era probabilmente danneggiato o distrutto. Un rapporto della Banca Mondiale e delle Nazioni Unite ha rilevato che il costo dei danni agli edifici nella Striscia ha raggiunto i 18,5 miliardi di dollari.

Alla fine di marzo, l’attività militare israeliana ha provocato la distruzione completa di un quarto o un terzo delle serre, il danneggiamento del 40-48% delle colture arboree a Gaza, la perdita o il danneggiamento del 48% della copertura arborea e la distruzione del 38% dei terreni agricoli. A seguito delle massicce distruzioni, a dicembre l’89% dei lavoratori di Gaza ha perso il lavoro.

Israele ha distrutto non solo edifici il cui legame con i militanti di Hamas è debole, ma anche una lunga lista di istituzioni culturali, siti storici e archeologici, decine di edifici governativi (tra cui il parlamento e il tribunale principale), edifici religiosi (oltre 223 moschee e tre chiese), università (la maggior parte o tutte le università di Gaza sono state distrutte secondo Euro-Med Human Rights Monitor), ospedali, biblioteche pubbliche e archivi.

Già all’inizio di dicembre, gli attacchi israeliani avevano distrutto o danneggiato più di cento siti del patrimonio culturale, tra cui edifici del periodo medievale, bizantino e romano di Gaza. I soldati sono stati filmati all’interno di un magazzino pieno di antichità e sembra che ci sia stato un post del direttore dell’Autorità israeliana per le antichità che affermava che alcune di queste antichità erano state portate in Israele e presentate alla Knesset (il post è stato poi cancellato). Oltre il 60% degli edifici scolastici ha subito danni.

Un soldato dell’Idf afferma che la sua unità ha ricevuto l’ordine di distruggere il villaggio di Khuzaʽa e ha caricato un video che mostra che hanno portato a termine la missione nell’arco di due settimane. Almeno sedici cimiteri sono stati profanati dall’Idf, spesso con i bulldozer. Un video mostra i risultati di tale operazione, con cadaveri sparsi nel paesaggio. Un altro video mostra l’incendio del quartiere di Shujjaiya durante un’operazione militare.

L’Idf ha inoltre raso al suolo ampie zone della Striscia di Gaza. Secondo le stime, la quantità di detriti creati dalla distruzione delle aree residenziali (circa ventisei milioni di tonnellate) richiederà molti anni per essere rimossa. Alla fine di marzo, un portavoce dell’Unicef ha descritto il «totale annientamento» di Khan Younis, affermando che «la profondità dell’orrore supera la nostra capacità di descriverlo».

Dopo due mesi di combattimenti, Israele aveva già causato più distruzione a Gaza che in Siria ad Aleppo (2012-16), in Russia a Mariupol nel 2022, o (in proporzione) nei bombardamenti alleati sulla Germania nella Seconda Guerra Mondiale, così come nei combattimenti contro l’Isis a Mosul (2016-17) e Raqqa (2017). La distruzione di Gaza ha provocato lo sfollamento di circa il 75% della popolazione.

Spero di aver dimostrato attraverso le prove di cui sopra che la situazione a Gaza è un’orribile catastrofe che prosegue tutti i giorni davanti ai nostri occhi. Il minimo che posso fare è raccogliere le prove e parlarne.

* Il prevalente campo di interessi di Lee Mordechai è l’Impero Romano d’Oriente e le sue relazioni con le catastrofi naturali: qui il suo curriculum e un elenco di sue pubblicazioni accademiche.

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