Attualità
28 Aprile 2024
Calderoni, presidente del Consorzio Bonifica pianura di Ferrara, sulla gestione delle risorse idriche alla Festa della Liberazione del Pd. Alessandro Bratti, segretario generale dell’autorità distrettuale del fiume Po: "Vanno applicate tante soluzioni diverse"

Acqua e siccità: “Un bravo sindaco dovrebbe pianificare una strategia efficace per il futuro”

di Redazione | 4 min

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di Elena Coatti

Di acqua si parla solo quando accadono i disastri. Quello che spesso non fa l’uomo è programmare interventi necessari e quanto mai urgenti”. Così Stefano Calderoni, presidente del Consorzio Bonifica pianura di Ferrara, sulla gestione delle risorse idriche nel territorio estense. “Ecco cosa dovrebbe fare un bravo sindaco: pianificare una strategia in grado di risolvere problemi futuri”.

Il tema dell’acqua è il paradigma di che cosa dobbiamo essere noi in futuro. L’acqua è vita per i cittadini e per l’agricoltura, e in questa noi possiamo costruire un meccanismo di crescita di sviluppo di questo territorio facendo squadra con le province vicine” aggiunge Calderoni.

Di questa complessa tematica ne hanno parlato anche Alessandro Bratti, segretario generale dell’autorità distrettuale del fiume Po, e Annalisa Corrado, della segreteria nazionale del Partito Democratico con deleghe alla conversione ecologica, clima, green economy e Agenda 2030 nonché candidata alle elezioni europee, in occasione della Festa della Liberazione organizzata dal Pd Ferrara.

Una tematica che si intreccia inevitabilmente con la grande sfida del cambiamento climatico. “Cerchiamo di capire che la sostenibilità ha tre gambe: economica, sociale e ambientale – sostiene Calderoni -. Se le tre cose non stanno insieme la sfida la perdiamo. Dobbiamo produrre cibo più sano e più sostenibile, ma il rischio è che se non siamo nelle condizioni di produrlo in Europa continueremo a importarlo, come succede ad esempio dal Brasile da cui arrivano 9 milioni di tonnellate di semi di soia che molto spesso vengono coltivati anche grazie alla deforestazione della foresta amazzonica”.

Noi stiamo continuando a erodere e distruggere i polmoni del pianeta – interviene Annalisa Corrado – per fare mangimistica destinata all’industria zootecnica intensiva e per nutrire con una quantità incredibilmente alta e insalubre di carne una grandissima fascia della popolazione”.

Proprio questo accanimento predatorio dettato dalle logiche di mercato ha scatenato le diverse epidemie e pandemie che si sono susseguite nel corso degli ultimi anni e, come ricorda Corrado, è stata proprio l’Organizzazione mondiale della sanità ad avvertire che se non fermiamo questo trend il rischio di nuovi spillover si alzerà sempre di più. Non solo, “la transizione energetica è anche una questione di sicurezza – sottolinea – poiché tutti i conflitti internazionali dipendono in larghissima parte dalla necessità dei Paesi occidentali di dipendere dai combustibili fossili di altri Paesi, come dimostrato dalle conseguenze della guerra in Ucraina”.

La transizione energetica diventa così anche uno strumento proattivo per la pace. “Le destre al potere continuano a denigrare e incolpare il Green deal e tutte le politiche ambientaliste – afferma la candidata alle europee -, ma è proprio tutto quello che è successo, dalla siccità alle alluvioni, a spingerci ancora di più a proseguire in questa direzione”.

Per quanto riguarda le regioni all’interno del bacino del Po, ne illustra un quadro d’insieme Alessandro Bratti affermando che “sono probabilmente tra le più ricche, a livello ambientale, d’Europa, ma presentano tutta una serie di problematiche aggravate ulteriormente dal cambiamento climatico, in particolare la gestione delle risorse idriche. Abbiamo ben nove tipologie di clima diverso, quando solo la Germania ne ha cinque. Questo ci segnala una condizione estremamente complessa, basti pensare che nel 2022 abbiamo avuto un anno tanto siccitoso che a Pontelagoscuro si è raggiunto un livello da record. Il 7 luglio siamo arrivati a 150 metri cubi al secondo, quando più o meno le medie del Po sono sui 2500-3000 metri cubi al secondo all’anno, con una richiesta di circa 800 metri cubi”.

Dopo aver attraversato questo momento – continua Bratti – che ha provocato diversi danni soprattutto nel mondo agricolo, abbiamo avuto in Romagna uno degli eventi più catastrofici: 23 fiumi sono straripati quasi in contemporanea. Questo evento si è però scaricato su un territorio che da un punto di vista urbanistico e idraulico ha una strutturazione particolare ricca di infrastrutture”. Proprio in questi giorni è stato approvato il piano di ricostruzione della Romagna, secondo cui le modalità con le quali reimpostare la gestione del territorio devono “adattarsi al clima”; dunque non proseguire con la precedente gestione ma adattarsi a nuovi criteri”. Sulle conseguenze disastrose della crisi climatica, tuttavia, non basteranno le dighe o le vasche di laminazione secondo Bratti. “Vanno applicate tante soluzioni diverse, dalla tracimazione controllata in accordo con gli agricoltori all’allargamento degli argini. L’obiettivo deve essere l’eliminazione del rischio residuo, il che vuol dire anche che chi vive in queste zone soggette a eventi estremi si dovrà abituare a una certa percentuale di rischio”.

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