Cronaca
12 Aprile 2024
Due donne sono finite a processo in tribunale a Ferrara per un giro da oltre 5,5 tonnellate scoperto dalla Polfer di Bologna

Traffico illecito di rifiuti. Le indagini al centro dell’ultima udienza

di Davide Soattin | 2 min

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Altra udienza ieri (giovedì 11 aprile) in tribunale a Ferrara per il processo a carico di una imprenditrice ferrarese di 75 anni, una sua dipendente e la ditta da lei rappresentata, con l’accusa di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.

In aula sono stati sentiti un operatore della Polfer di Bologna, che ha riferito sulle indagini effettuate, e un ingegnere di Arpae, che ha spiegato i margini dell‘autorizzazione a operare rilasciata alla ditta finita al centro del procedimento.

Secondo l’accusa, sostenuta dal procuratore Flavio Lazzarini della Direzione Antimafia di Bologna, le imputate, per aumentare i ricavi e al contempo ridurre i costi di un’azienda del Basso Ferrarese, dal 2016 al marzo 2020, avrebbero organizzato una gestione abusiva di ingenti quantitativi di rifiuti speciali non pericolosi (in particolare rifiuti metallici ferrosi e non ferrosi).

La ditta, attiva nel commercio all’ingrosso di materiale di recupero, riceveva nel suo impianto di raccolta veicoli fuori uso e metalli di vario tipo conferiti da parte di privati in modo abusivo. La licenza della ditta prevedeva invece che a conferire potevano essere esclusivamente aziende commerciali, artigianali e industriali.

A chi aveva conferito, secondo l’accusa, è stato pagato in totale 1 milione e 800mila euro, tutti in contanti. Per giustificare il tutto, nelle dichiarazioni di acquisto rilasciate ai privati, comparivano dichiarazioni fasulle con riguardo alla persona fisica del conferitore. In numerosi casi, proprio su suggerimento delle indagate, il conferimento veniva frazionato imputandolo a soggetti diversi, il più delle volte anche a loro insaputa.

C’erano così dichiarazioni di cessione con firme false o relative a persone che non avevano effettuato la consegna. In questo modo potevano risultare piccoli quantitativi che non avrebbero dato nell’occhio.

Ma i primi sospetti nascono proprio a causa di questo escamotage: le firme non solo erano false, ma alcune rimandavano a persone già decedute.

Altre dichiarazioni riportavano dati non veritieri in relazione alla tipologia di rifiuto conferito o in relazione alla quantità dello stesso. In particolare per quanto riguarda il rame, per il quale veniva riconosciuto un prezzo al chilo superiore a quello di mercato, per rendere altamente verosimile l’ipotesi di indicazione in contabilità di costi maggiorati al fine di frode fiscale.

Il tutto venne scoperto durante un sopralluogo della Polfer eseguito il 6 marzo 2020. Dai registri si scoprì anche che alcuni conferimenti erano avvenuti da parte di quattro persone decedute da anni.

L’udienza è stata aggiornata a ottobre, quando saranno sentite le imputate assistite dall’avvocato Giuliano Onorati, mentre la ditta è difesa dall’avvocato Simone Bianchi.

 

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